Quando ti chiedo di perdonarmi per i miei messaggi vocali, ti sto dunque dicendo questo: che non voglio “toccarti”, irrompere nella tua bolla con la forza dell’affabulazione e la potenza della mia voce, ma anche che vorrei tremendamente farlo. Oppure, al contrario, dicendo “Perdona il vocale”, esprimo il desiderio di utilizzare questo mezzo al massimo delle sue possibilità (narrative e sonore) ma anche la consapevolezza che tutto ciò non è possibile (è mai possibile “godersi un vocale”?). Come nella segreteria telefonica di un vecchio film, vorrei lasciare messaggi romantici e frasi sulle quali dormire sopra, discorsi che fanno sognare o quantomeno da meditare. Come in un podcast, vorrei poter avvolgere e coinvolgere con i fili della trama, appassionare, tenere compagnia a distanza con parole, musiche e suoni ambientali, senza perdipiù la pretesa di ricevere indietro una risposta. Se davvero è il walkie talkie a prendere il sopravvento, orientando il messaggio vocale verso le funzioni per così dire “referenziali” e “persuasive”, fatte di riferimenti geografici e parole d’ordine, si abbia almeno il coraggio, ogni tanto, di concludere la conversazione con un bel “passo e chiudo”!

Forse prima o poi smetteremo di chiedere perdono per i vocali. Forse stiamo già smettendo e – lungo il filo del medium – nuovi possibili incipit combattono l’uno con l’altro per l’egemonia, per riuscire ad esprimere sinteticamente che cos’è e che cosa sta diventando Whatsapp (o chi per lei).

Che bello questo post sui messaggi vocali di Francesco Zucconi. Da quando sono arrivati il mio rapporto con essi è cambiato, forse, drasticamente. Inizialmente li consideravo nocivi, terribilmente noiosi e spesso sostituiti dalla domanda: ma non facevano prima a chiamarmi?

Con il passare degli anni, però, li ho rivalutati estremamente. Pur non amando il suono della mia voce, forse mi disturbano ancora di più le telefonate. Ed è da questo probabilmente che deriva la mia riconsiderazione.

Ci sono messaggi per cui la voce è essenziale, farne capire i toni, le sfumature, per cui servirebbero molte più parole scritte. Molte più perifrasi per esplicitare meglio il senso di quanto scritto. Ci sono occasioni in cui non si vuole disturbare con una telefonata, orari in cui non ci si può permettere di farlo, ma si rende necessario comunicare in maniera più personale, più calda.

Non dico di preferirli. Anzi, se posso cerco di evitarli in toto. Ma ecco, se inizialmente non te lo saresti mai aspettato da me, ora se lo ricevi vuol dire che devo dirti qualcosa di importante e che necessita una spiegazione puntuale, ma che al tempo stesso non voglio romperti i coglioni e te lo puoi ascoltare quando vuoi.