Sguardo lontano verso l’orizzonte

La frequenza delle ambulanze sembra essere diminuito negli ultimi due giorni e, nonostante il freddo improvviso, è un piccolo segnale che scalda gli animi.In pausa pranzo ho finalmente iniziato Doom Eternal e devo farlo diventare il mio personale antidoto all’astinenza da Animal Crossing. Ci ho ancora giocato troppo poco per dare una prima impressione, la sola espressione al momento è: ignoranza.Al lavoro per fortuna stanno nascendo tanti progetti interessanti pronti per essere snocciolati una volta che ci sarà il rompete le righe e si potrà tornare alla vita come l’abbiamo interrotta a fine febbraio. O almeno si spera. E questo mi dà molta energia.Ciò che mi sega le braccia, per non dire cadere gli zebedei, è lo stato dell’internet di questi giorni. Qui da me arriva una misera 7 Mega che ho sostituito 4 mesi fa con una soluzione full LTE di Lundax che poggia su TIM. Di solito navigo molto bene, con una media di 60/70 Mbps. In questo periodo, però, performa molto bene al mattino fino alle 10 e la sera dopo le 19. Ma durante la giornata è un tracollo totale, siti che non si aprono, difficoltà a scaricare file anche poco pesanti.Insomma, sappiamo bene l’intasamento della rete di queste settimane, visto che la noia ci costringe a fare streaming continuo di contenuti, ma così diventa difficile lavorare.Forse un giorno farò un post dedicato al grande casino avvenuto attorno all’argomento Fibra ottica nel mio paese. Una storia dal sapore amaro, del tutto tipica dell’Italia fondata sul magna magna e sparisci col bottino.La giornata volge al termine con venti non troppo positivi, ci chiamano dalla location del matrimonio per provare ad ipotizzare una data differente da quella prevista. Un po’ di sconforto ci è venuto, ma del resto poco possiamo farci se non pensare a quando si potrà festeggiare insieme ai nostri amici a meno di 1 mt di distanza da loro.

Una nuova normalità

Stanotte non ho dormito molto bene. Di nuovo. Faccio fatica a prendere sonno e mi ritrovo nei rivoli di banalità di tuttologi improvvisati dell’ultim’ora. Per fortuna non mi faccio influenzare e ne rido. Ahimè me ne dispiaccio perché sono invece in tanti a credere a tutto quanto viene pubblicato online, generando reazioni a catena e panico senza senso.È una nuova normalità. In cui tutti sanno tutto, in cui entrare dal macellaio, come ho fatto stasera, con la mascherina non genera alcun imbarazzo, dove disinfettare tutti i prodotti della spesa è diventato un must e dove chi fa il mestiere del comunicatore fa una faticaccia per non risultare banale od offensivo.Tornando a casa ho incrociato un runner nella mia via, volevo levare gli scudi del giustizialismo, ma ho taciuto. Chi sono io per giudicare? Magari avrebbe soltanto fatto il giro dell’isolato. Magari finiva la via e sarebbe tornato indietro.Una volta salito e spogliato delle vesti mi sono lavato la faccia. Guardandomi allo specchio ho notato un solco profondo dalla bocca all’orecchio. Pensavo, toh guarda, un’altra ruga. In realtà erano i solchi della mascherina tenuta su per non più di un’ora. E lì mi sono sentito piccolo, pensando a chi ce l’ha su da giorni per cercare di salvare la vita a qualcun altro.È una nuova normalità, dove sto cercando di informarmi e mantenermi aggiornato tramite webinar e corsi online, ma seguo anche l’attualità su come essere resilienti nel marketing. Dove la vita dei quotidiani sta cambiando completamente. Anche grazie a Giovanni Boccia Artieri che con il suo Carosello is Back insieme a Paolo Iabichino parlano su Instagram di comunicazione e pubblicità.C’è una nuova scala di valori da applicare nella nuova normalità, soprattutto nella comunicazione, nel modo di porsi, nel racconto personale e in quello aziendale. C’è tremendamente bisogno di verità in grado di adattarsi a questa nuova realtà.

Incertezza e sospensione

Leggo ovunque di Animal Crossing: New Horizons. Soprattutto da Lorenzo. E se non avessi Doom Eternal pronto da iniziare avrei già premuto il bottone ordina su eBay per ricevere la Nintendo Switch Lite domani stesso. Non compro una console Nintendo dal GameCube, ma tra questo e Zelda mi piacerebbe molto poterci giocare.Toccherà rimandare a un’altra vita. Per ora mi accontento dei racconti di chi ci sta giocando e condividendo la vita alternativa (e sa dio quanto ce ne sia bisogno) di un gioco pressoché infinito.L’attesa non accenna a diminuire, siamo sospesi in attesa di buone nuove, o anche solo di nuove. Per chi come me lavora in grandi centri, sta aspettando di capire cosa accadrà dopo il 3 aprile e se tutta questa ondata di contagi e morte avrà finalmente il suo picco per poi iniziare a discendere.Ieri è stata giornata di spesa. Noemi si è immolata vestita da palombaro e penso avremo scorte a sufficienza per le prossime 3 settimane. Anche se d’ora in avanti frutta, verdura e carne le ordineremo dai negozi del paese che fortunatamente si sono attrezzati per la consegna casalinga.In serata abbiamo tirato fuori un’edizione di Monopoli di 30 anni fa e ho ovviamente perduto per essere stato troppo conservativo.Le sirene delle ambulanze sembrano essere diminuite oggi, o forse complice il vento (anche io mi sono addormentato tardissimo causa rumore) il loro suono non è arrivato alle nostre finestre.Cerco di mantenere buona la tabella di marcia della giornata e rispettare tutte le mie routine, anzi ne ho introdotta una nuova ieri. Siccome mi stufo subito degli esercizi di cross-fit di Noemi, ho iniziato a camminare per casa. Ieri ho fatto 3 km e devo dire mi sono passati lisci come l’olio. Stasera si ripete.Ecco una delle poche cose buone di questo isolamento doveroso è l’aver perso peso. Dall’inizio ad oggi sono già oltre 3kg abbondanti.Qualcosa per cui rallegrarsi almeno un poco.

Tutti contro tutti

Oggi ho deciso di catalogare tutti i post da quando ho iniziato a parlarne. Riportano un classicissimo tag Covid e spero un giorno di poterli rileggere tutti dicendo ad alta voce, ah ti ricordi quando c’è stata la pandemia?La rete regge a sufficienza per potermi fare un paio di sessioni a Destiny 2 con gli amici di sempre, anche se in queste due settimane la velocità si è praticamente dimezzata e si fa sentire, soprattutto in settimana durante le videocall di lavoro.Ieri sera verso mezzanotte il presidente del consiglio ha fatto una diretta Facebook, ripresa anche da tutte le TV nazionali, solo qualche minuto fa, 20 ore dopo, è uscito il decreto firmato per un ulteriore stretta di maglie su chiusure. Questa volta è toccata a tante aziende produttive non indispensabili per l’andamento della nazione in questo momento tragico.Tanti si lamentano per la scelta di Facebook, perché scorrevano cuoricini a destra e a manca, trovo una scelta invece corretta quella di utilizzare ogni mezzo possibile per poter diffondere un messaggio. Ciò che trovo penoso e fuori luogo è il contenuto, il cosa è stato comunicato. E mi trovo estremamente d’accordo con Alessandro.Da un punto di vista comunicativo è un errore dopo l’altro. Regioni che dicono una cosa, la smentiscono dopo poche ore, anticipano il governo che ne dice un’altra ancora, numeri contati male, generando solo confusione, rabbia e panico.Rabbia e panico che sfociano il loro picco massimo dove? Su social ovviamente. È un brulicare di foto-denunce del vicino che decide di fare jogging o di portare fuori il cane con la moglie, ma chi fotografa poi non denuncia per davvero, fa solo l’eroe da tastiera.È forse l’inizio della fine? Le parole di Matteo mi hanno dato da riflettere.C’è una cosa che ho imparato bene in questi dieci giorni, molto bene. Bisogna cercare a fondo prima di trovare una fonte di informazione decente, in grado di rispettare tutti i crismi del giornalismo, del voler dire la verità sempre e comunque, comunicando solo cose certe. Il mio feed reader si è arricchito di queste fonti e ne ha perse tante altre.Sta per iniziare una nuova settimana e ancora non sappiamo bene quando se ne uscirà. Per ora tutto bene quaggiù, chissà ancora per quanto.

Manteniamo le distanze

Quando l’altro giorno parlavo di perdita, ponendo infine l’accento sulla perdita dell’accettazione dell’altro, mi riferivo a come queste distanze fisiche, sì colmate dal digitale, ci allontanano però talvolta dal rimanere umani. O forse la situazione sta soltanto accentuando il modo d’essere di talune persone.C’è una specie di rinascita del romanticismo da balcone. Abbiamo visto e letto tutti di concerti e canti improvvisati alle 18. Di chi si diverte a correre e chi decide di denunciarli. Di chi punta la sveglia alle 5 di mattina per trovare posto sulla consegna a casa della spesa o lo fa per essere il primo della fila all’apertura del supermercato.Io posso parlarvi delle mie esperienze, di quello che vivo io girando quei pochi minuti al giorno con il mio cane attorno al quartiere vicino casa. E senza andare troppo lontano il segno tangibile di questa distanza l’ho vissuto oggi a pranzo.

Puliamo il tavolo per mangiare in terrazzo vista la giornata piacevole e due strizzate di straccio hanno prodotto un rivolo d’acqua che purtroppo è finito nel giardino della vicina di sotto. Saranno passati non più di 5 minuti e suona il campanello, apro e non c’è nessuno. Mentre sento la porta di sotto chiudere, vedo appeso un bigliettino con su scritto che siamo pregati di non gettare acqua dal balcone.L’istinto, lì per lì, mi stava portando ad andare di sotto e citofonare per un confronto civile, ma poi ho compreso la motivazione del bigliettino e la totale assenza di volontà di parlarsi fisicamente. Allora ne abbiamo scritto un altro a nostra volta, scusandoci e glielo abbiamo appeso alla porta.Ora, abbiamo passato poi più di due ore sul balcone e non si è visto nessuno nel giardino di sotto, anche solo per scambiare due parole, per far capire che, in fondo, non era successo nulla e ci dispiaceva se qualche goccia d’acqua avesse potuto produrre tanto astio e angheria.Eppure. Eppure è solo l’inizio della fine.Chi per natura era ed è generoso e di buon cuore lo sarà ancora di più una volta finito tutto questo, chi invece si è sempre voluto vendicare anche solo del proprio vicino di casa peggiorerà il suo malessere e, anzi, utilizzerà tutta questa situazione come scusante per poter fare di peggio.È una sensazione, personale, e spero tanto di sbagliarmi. Ma oggi, forse per la prima volta, inizio a capire chi continua a ripetere: cambierà tutto una volta finita.Ci siamo dentro tutti, però, in questa barca poco spaziosa e con una destinazione sconosciuta anche a chi è al timone. Il minimo che possiamo fare è rimanere nel posto assegnato e aiutare chi non ce la fa a rimanerci.

Aggrapparsi alla routine

Solo la routine riesce a darmi tranquillità. Al mattino porto fuori il cane per quanto necessario, ritorno e prima di mettermi a lavorare consulto il mio feed reader mettendomi al pari con le notizie più interessanti. Ho notato con piacere la voglia di condividere ritrovata di alcuni, come Andrea e Luca, e i loro nuovi post quotidiani sono anch’essi un sollievo.In pausa pranzo mangio con rapidità per potermi dedicare a terminare God of War, iniziato più di un anno fa e lasciato imperdonabilmente indietro. Ho un backlog importante di giochi da iniziare e portare a termine, probabilmente (e purtroppo) arriveranno tante altre pause pranzo a darmi sostegno nell’impresa. E mentre tutti stanno già a giocando a Doom o Animal Crossing, io mi rilasso guardando il download di Ace Combat 7 da Game Pass.Attendo trepidante il venerdì per l’uscita dei nuovi dischi, ma soprattutto delle due playlist New Music Mix di Apple Music o Discovery Weekly e Release Radar di Spotify. Sì le tre linkate sono le mie per questa settimana. Oppure le uscite di alcuni podcast, uno su tutti Joypad de il Post, che sull’argomento dovrebbe approfondire molto di più, ne ha i mezzi e l’autorevolezza per farlo.Il tardo pomeriggio è dedicato all’esercizio. Mi ci sto impegnando, camminata dentro casa, pesi, addominali. Attività semplici perché dopo un po’ mi rompo le scatole, ma senza nessuno sport da poter praticare confido nel mantenimento fisico per entrare, si spera, perfettamente nel vestito ora del matrimonio.La sera ceniamo molto presto, l’ultima spesa l’abbiamo fatta il 29 febbraio perciò non abbiamo ancora affrontato le code post annuncio pandemia, anche se lunedì penso ci toccherà. A proposito, questo sito dovrebbe essere d’aiuto per capire quanta coda c’è al momento presso il vostro supermercato di zona: https://www.filaindiana.it.Subito dopo continuiamo la maratona di Friends e cerchiamo di spostarci a letto altrettanto presto. Io faccio molta fatica ad addormentarmi, inizio a leggere post e articoli a caccia di qualche buona notizia che dia speranza ma mi addentro sempre più in congetture di tuttologi senza nessuna competenza in materia.Quando poi decido di spegnere sento solo le sirene in lontananza, e allora mi addormento col pensiero che ancora oggi è andata, tutti i miei cari stanno bene e ci si prepara a lottare per il giorno dopo. Ringraziando internet e le infinite possibilità di intrattenimento in grado di concederci e di garantirci di comunicare con chi è lontano.Forse è poco, ma questa routine mi aiuta ad affrontare tutto abbastanza serenamente per il momento. È insieme al lavoro tutto quello che ad oggi ho per poter girare pagina ogni giorno, me la tengo stretta e spero abbiate trovato anche voi la vostra.Fino al prossimo decreto.

Perderemo tutti qualcosa

È il quarto giorno, credo, che anticipiamo la sveglia di un’abbondante mezzora. E nonostante si possa pensare sia l’ansia della situazione, è invece l’inizio della stagione delle tortore. Un supplizio, un lamento costante come cita Wikipedia, più martellante di qualsiasi altra sveglia.Restiamo qualche minuto ad occhi aperti, nel silenzio del mattino, identico a quello della sera. E se prestiamo bene ascolto il solo tappeto sonoro udibile è quello delle ambulanze. Non credo di averne sentite così tante come in queste settimane, e sì che siamo un paesino di 9.000 abitanti, eppure il panico e la paura uccidono più della spada.Quando esco con il cane non sento altro, al di là di qualche bambino urlante dal proprio giardino, qualche impavido giardiniere o l’abbaiare di altri cani, ricorderò questi giorni come un costante sfrecciare di sirene.Un suono acuto che il più delle volte ha il sapore della perdita.Ci sono molte cose che ci verranno tolte a causa del Covid-19. È ancora presto, forse troppo presto, perché la maggior parte di noi abbia perso una persona cara, ma quelle perdite per alcuni arriveranno. Sembra inevitabile stando ai numeri.È ancora troppo presto forse per alcuni luoghi (bar, pub o ristoranti preferiti), che una volta sentivamo come casa, per essere chiusi per sempre. Ma anche in questo caso, sembra l’unica strada percorribile per alcuni impossibilitati a riaprire e rialzarsi in poco tempo.Alcune perdite stanno succedendo proprio ora e siamo bloccati in casa a vederle accadere. Persone in procinto di perdere il loro lavoro, i matrimoni posticipati, i viaggi annullati, gli amici che dicono ad altri che per un po’ dovranno relazionarsi soltanto attraverso uno schermo sugli schermi.Ma in generale ho paura stiamo perdendo l’accettazione dell’altro.Al momento mi sembra però che la nostra perdita certa sia la perdita della capacità di guardare avanti a qualsiasi cosa diversa dalla fine del virus. Ci si prova a concentrarsi, sulla ripresa, su cosa fare di nuovo o diverso non appena tutto questo finirà, ma senza sapere quando, risulta tutto tremendamente complesso.

Immagina tutto questo, senza internet

Il post di Jeff Jarvis è pressoché banale, è sotto il naso di tutti noi, eppure serviva un post del genere per ricordarcelo. Internet ci sta salvando letteralmente le giornate.

Imagine, just try to imagine what it would be like to weather this very real-world crisis without the internet. Then imagine all the ways it can help even more. And stop, please stop claiming the net is broken and makes the world worse. It doesn’t. In this moment, be grateful for it.

E certo che ce lo siamo immaginati tutti, senza internet sarebbe stato peggio, molto peggio. E non perché non saremmo sopravvissuti, figuriamoci, i nostri vecchi hanno sfangato due guerre mondiali senza internet, ma perché ci saremmo terribilmente annoiati e il non uscire di casa per almeno tre settimane, si sa, annulla la socialità. È matematico.Eppure. Eppure internet e i social media la socialità aiutano a non interromperla, a sdramatizzare momenti di solitudine, di dramma, ci aiutano in pratica a non impazzire. A lavorare, imparare, creare e interagire benché fisicamente distanti:

In the coming weeks — months?- of social distancing, we will feel isolated, anxious, bored, stir-crazy; we will need to reach out to the people we cannot touch. The net — yes, Facebook and Twitter — will enable us to socialize, to connect with friends and family, to find and offer help, to stay connected with each other, to stay sane. How invaluable is that! Imagine having only the telephone. Imagine a crisis without the relief of humor, without silly social memes.*

Per non parlare dei rifornimenti. L’ecommerce sostituisce il supermercato, il negozio di libri o qualsiasi altra diavoleria abbiate bisogno in questi giorni.Internet insomma sta facendo il suo mestiere, ciò per cui è stato creato:

The internet is doing just what it should do: connect people with information, people with people, information with information. It enables us to speak, listen, assemble, and act from anywhere. It is just what we need today.

E questo impone una riflessione, finalmente, forse per la prima volta internet viene utilizzato solo per uno scopo preciso: sopravvivere. E ricordandoci di ciò, sempre forse e con il beneficio del dubbio, potrà diventare un posto migliore. Dove essere semplicemente umani.

…un’attesa non si sa poi quanto lunga

Francesco Costa, lucido, forse tragico, ma realista:

Lo dico a me per primo: la spiazzante velocità con cui sono cambiate le nostre vite compromette la nostra capacità di accettare che l’uscita da questa crisi non sarà rapida quanto è stato il suo ingresso. Uno scenario che soltanto un mese fa avremmo considerato lunare — le code ai supermercati, la polizia per le strade a controllare chi esce di casa, le scuole chiuse, le rivolte e i morti nelle carceri, i treni che non partono, l’impossibilità di vedere i propri cari — oggi è la nostra vita quotidiana. Non possiamo escludere nemmeno ulteriori deragliamenti delle nostre vite, peraltro: basta uno sciopero degli autotrasportatori, come i tanti che ci sono stati negli ultimi anni, o nel settore della logistica. E sappiamo che, quando ripartiremo, ci metteremo un bel po’ per tornare dove eravamo. Insomma, tutto questo finirà, ma non il 3 aprile.

In attesa

È da qualche giorno ormai che una strana sensazione di attesa e sospensione mi pervade. Non so ben definirla, ma credo sia la stessa per tutti.Lavoro da casa da un paio di giorni, come non mi succedeva da un paio d’anni ormai. E benché dentro casa non sia cambiata di molto la mia routine, c’è che là fuori il mondo è totalmente cambiato. Riesco ad uscire un paio di volte per portare a spasso il cane, alcune persone mi guardano come se fossi un alieno, quasi schifate. Il pomeriggio però, almeno fino a ieri, i giardini dietro casa sono pieni di adolescenti e pre-adolescenti, ormai stanchi di giocare ai videogiochi totalmente incuranti di quanto si va ripetendo da giorni, ovunque.Provo a chiedermi quanto durerà tutto questo, se davvero a inizio aprile con un colpo di bacchetta magica tutto tornerà alla normalità, se le disposizioni di ieri sera del Governo siano sufficienti (basta leggere l’allegato 1 e 2 del decreto per capire che non lo sono e mi domando perché nessun media ne dia risalto), se come ci viene chiesto tutti siano in grado e/o abbiano voglia nel loro piccolo di fare la loro parte.Mi domando se riusciremo a sposarci a giugno. Mi domando se potremo partire per il nostro viaggio di nozze in agosto. E mentre mi pongo queste domande, mi sento piccolo e fortemente egoista. Pensando che ormai c’è il mondo interno a lottare contro una minaccia invisibile, mentre io sono qui a pensare se riuscirò a portare a termine dei programmi concreti. Rimandabili certo, ma importanti per la mia vita personale.Non so se forse è questo lo spirito, accantonare per un attimo le cose a noi care per il beneficio di tutti, sicuramente è ad oggi la sola cosa a cui bisogna guardare, appellarsi, aggrapparsi con tutte le forse per fare un passo in più verso la normalità.Ho la sensazione sia una strada ancora lunga e tortuosa. Si tratta di riprogrammare le nostre vite, i nostri budget, l’approccio alla comunicazione personale e aziendale, sforzandosi di abbracciare la trasparenza e il benessere della comunità prima del tornaconto.È dannatamente difficile cambiare paradigma, ma ad oggi è l’unica soluzione a tutti i nostri maledetti problemi.