L’organizzazione di un evento, qualsiasi esso sia, è come diventare direttore d’orchestra.Non solo devi avere la capacità di far suonare all’unisono tutti gli elementi coinvolti, ma devi avere “l’orecchio” per interpretare immediatamente se qualcuno stecca, se qualcuno va troppo veloce o rallenta.Il più delle volte chi non fa parte dell’organizzazione, o non conosce ciò di cui ti stai occupando è il primo a fare due cose:

  • giudicare
  • voler metterci bocca

La fatica è far comprendere il nascosto, l’attenzione anche al minimo dettaglio è essenziale. E la maggior parte di quei dettagli sono invisibili, scontati agli occhi di chi vi partecipa. Ma senza di essi, gli eventi, non sarebbero gli stessi, o sarebbero ricordati quasi essenzialmente per gli aspetti negativi di cosa non ha funzionato.Ormai gli standard settati sono molto elevati e le aspettative anche. Per questo motivo è sempre più difficile stupire e lasciare un ricordo.Instillarlo nei partecipanti è tanto complesso quanto la riuscita dell’evento stesso.È un po’ come un grande piatto preparato da uno chef. Che sia stellato o meno il preparativo richiede ingredienti di qualità che combinati insieme possono essere discretamente normali, ma se trattati diversamente dal solito possono creare un successo inatteso.Per le papille gustative dell’ospite è giubilo, senza dover conoscere necessariamente la lista della spesa, per chi sta dietro le quinte la capacità di potersi ripetere e innalzare costantemente la qualità.Benché inimmaginabili ai più, metter a fattor comune la fatica, la complessità, l’empatia necessarie, tirando fuori il meglio da tutti, rimane per me il solo metro di misura del successo.Tutte il resto, per la maggior parte incontrollabile, non può rientrare nel conteggio.