L’edizione in cui i Måneskin hanno vinto X Factor è stata anche l’ultima che ho seguito. L’edizione in cui i Måneskin hanno vinto X Factor è stata anche l’edizione in cui ho capito dalla prima puntata che avrebbero vinto. Appariva limpido tutto il loro potenziale inespresso e tutto il mondo avrebbe dovuto conoscere quegli adolescenti romani che invece di scegliere la trap o la drill amavano suonare il rock. Anacronistico per gli adolescenti di oggi e forse anche per quelli di ieri, soprattutto in Italia.

Non so dire quanti ragazzi italiani oggi risponderebbero rock alla domanda su quale genere musicale sia il loro preferito, ho la pretesa per non dire la certezza che sarebbero una piccola minoranza. A me ha reso estremamente felice non solo il fatto che il rock sia tornato sulla cresta dell’onda nel 2021, ma che a farlo sia stata una band italiana che di italiano non ha veramente nulla se non i nomi sulle carte d’identità dei componenti della band e alcune loro canzoni.

Dimostrano di sapere bene l’inglese e di essere a loro agio ovunque si esibiscano. Perché fanno ciò che amano di più, è lì sotto gli occhi di tutti. E la cosa più divertente è che scalano ogni classifica con canzoni non loro, con cover rivedute e corrette e impregnate del loro stile fluido e pieno di carattere.

Il perché ce lo spiega l’articolo di Daniele Cassandro, la cui chiusura riporto qui per intero. Racconta con estrema semplicità perché danno fastidio ai puristi del rock, che troppo facilmente dimenticano che senza Måneskin il rock non avrebbe visto la cima di nessuna classifica quest’anno, ma soprattutto perché funzionano così bene:

I Måneskin nel 2021 non hanno fatto che resuscitare, per l’ennesima volta nella storia recente, il fantasma del rock’n’roll (e della frattura generazionale che si porta dietro) che ogni dieci o vent’anni viene dato per morto. Non ci sono più i juke box ma c’è Spotify, la loro ribellione sessuale è rifiuto e sovvertimento degli stereotipi di genere ma il carburante che li fa volare è sempre lo stesso: fisicità, sudore, ormoni a mille e rock.

E il fatto che adulti e censori scuotano la testa è assolutamente naturale, anzi, è il segno che loro stanno facendo tutte le cose giuste. La musica dei Måneskin è derivativa? Fasulla? Scopiazzata? La risposta a questo falso problema la dava Pete Townshend degli Who già nel 1968: “È come dire prendiamo tutta la musica pop, infiliamola in una cartuccia, chiudiamola e diamo fuoco alle polveri. Non consideriamo il fatto che quei dieci o quindici pezzi siano tutti simili. Non importa in che periodo sono stati scritti o di che parlano. È l’esplosione che creano quando premi il grilletto a fare la differenza. È l’atto in sé. Ecco cos’è il rock’n’roll”.