Monopattini in città. Qual è il vero problema?
Girare una città come Trento a piedi durante il Festival dello Sport è particolarmente piacevole. È piccola, pianeggiante, raccolta e se hai da fare in diverse parti del centro storico, a fine giornata i 15km suo tuo smartwatch non sembrano pesarti più di tanto.
Diverso è quando hai necessità di spostarti velocemente da una parte all'altra della città. Dove a piedi sai che comunque ci metterai sempre una quindicina di minuti, ma tu per fare da A a B hai bisogno di mettercene 5 perché esci da un appuntamento e l'altro ti aspetta, appunto, 5 minuti dopo.
Come fai? Taxi? Ora che lo aspetti, sali, spieghi dove devi andare, paghi, scendi, saresti arrivato prima a piedi.
Un mezzo pubblico? Peggio che andar di notte, se hai fretta, un pullman non arriverà mai al punto B in meno di 5 minuti.
E arrivo dove volevo arrivare. Sempre più di frequente decido di affidarmi alla soluzione più ovvia quando mi ritrovo in situazioni del genere sia per lavoro che per piacere. Scelgo un servizio a noleggio di monopattini elettrici. Capillare, veloce da noleggiare, ti puoi muovere con destrezza nel percorso urbano e non c'è niente di più veloce, conveniente e meno inquinante al momento se non una bicicletta sempre a disposizione, ma non in tutte le città diffuse in egual misura.
Ma, c'è un doveroso ma. Può essere estremamente pericoloso. Per i pedoni se provi ad utilizzarlo su un marciapiede (cosa vietata per legge), per il conducente dello stesso se si guida in una carreggiata dedicata prettamente alle automobili. Potrei andare avanti a lungo con l'elenco delle pericolosità, le notizie quotidiane di incidenti anche mortali stanno aumentando di frequenza facendo sembrare necessario un qualche tipo intervento per regolamentare un mezzo ancora poco conosciuto e per lo più bistrattato da chi in quel momento non ci si trova sopra, ma ha la sfortuna di incrociare il suo cammino.
Mi sono documentato un po'. A Trento per i maggiorenni non è (ancora) obbligatorio indossare un casco apposito alla guida di un monopattino elettrico. Ma in tante altre città italiane sì. E se fossi proprietario di un monopattino a mia volta probabilmente lo acquisterei per principio. Tuttavia, se come si legge si andrà verso una legge nazionale, mi domando come possano le società di sharing adeguare la situazione in una casistica simile, o come lo facciano in quelle città in cui il casco è già obbligatorio. Penso a turisti locali, così come internazionali, che si recano in una città magari per un giorno o addirittura per poche ore e che ripongono ormai sul monopattino piena fiducia come mezzo in grado di rispondere alla loro domanda di mobilità non solo sostenibile, ma senza sostanzialmente nessuna alternativa equiparabile in termini di praticità e rapidità negli spostamenti.
Dove trovano un casco pronto all'uso e pulito? Chi glielo affitta? Forse lo trovano nel sottosella del monopattino? Si pensa a delle aree apposite di parcheggio dove ci sono anche i caschi? Impossibile anche solo da pensare. E a guardare bene, i numeri di incidenti non sono nemmeno poi così catastrofici come titoli sensazionalistici portano a credere:
E gli incidenti? L’Istat ha cominciato a includere anche monopattini e biciclette elettriche nelle proprie rilevazioni degli incidenti stradali, realizzate insieme all’ACI, a partire da maggio 2020.Secondo l’ultimo rapporto, l’anno scorso gli incidenti stradali con lesioni a persone che hanno coinvolto almeno un monopattino elettrico sono stati 524, con un decesso. Prendendo per buono il numero di 140 mila monopattini in circolazione, parliamo di 0,004 incidenti per ogni mezzo circolante — comeha sottolineatoanche Assosharing, l’associazione di categoria che riunisce le principali aziende della sharing mobility. Un numero che non sembra giustificarechi parla di un “boom”di incidenti in monopattino. Gli incidenti aumentano, naturalmente, perché aumenta l’utilizzo di un mezzo che fino a tre anni fa era praticamente assente dalle strade delle città italiane, ma nulla fa pensare che sia più pericoloso di altri mezzi “deboli” della strada, come biciclette o motorini.
Se ci fosse una soluzione rapida non ci sarebbe così tanta attenzione. Non voglio credere necessariamente e unicamente alla tesi posta dall'articolo sopra citato. Il voler a tutti i costi favorire le auto però è sicuramente, tra il ventaglio di opzioni, quella più accreditata per cercare di demonizzare un mezzo al quale non ho mai dato particolare credito fintanto che l'ho provato e amato per esigenze personali. Come per tanti altri mercati reputo che la resistenza al cambiamento sarà futile, il futuro di questo mezzo di trasporto sarà decretato dai suoi utilizzatori. E se l'ondata è partita, sarà difficile da placare, certo, c'è bisogno di incanalarla prima che si trasformi in tsunami, ma è una realtà da accettare, rispettare e provare a trarne il massimo beneficio per tutti, avventori e detrattori.