Ho avuto la fortuna di vedere Oppenheimer in sala Energia in 70mm all’Arcadia di Melzo. Così come il suo regista Christopher Nolan l’ha pensato e girato. Senza menate digitali e con tutta la bellezza della grana grezza della pellicola. Da quella grana emerge in tutta la sua potenza non tanto la bomba atomica in sé, quanto la sua portata distruttrice, il brivido di coscienza di avere a disposizione un “fuoco” sacro in grado di porre fine alla vita sulla Terra, ma forse ancora di più il fatto di aver valicato un punto di non ritorno.

Come avrete letto, tra le critiche più feroci alla pellicola si dice che nel film non succede nulla di concreto. Non è un film sulla guerra, non è un colossal, non si vedono le città giapponesi bombardate, non è un blockbuster. Forse è anche un po’ vero. Si parla, continuamente. Ma è attraverso il dialogo e alla magistrale interpretazione di Cillian Murphy, al suo volto e alla sua nemesi filmica Robert Downey Jr., che si esce dal cinema frastornati e pensando di aver visto più generi all’interno dello stesso film. Esterrefatto.

Ci ho messo due giorni a digerirlo difatti, a fare mie tutte le tematiche sottese ma evidentissime che Oppenheimer porta con sé. In primis il dramma del fisico, combattuto tra la sua convinzione di essere in missione per salvare il mondo e la sua crescente consapevolezza delle conseguenze dell'arma che ha creato. La potente e necessaria riflessione sulla natura della guerra, le sue armi e la responsabilità umana dietro alle stesse azioni. La suspence e la minaccia costante fanno passare le 3 ore di pellicola sempre con l’attesa che qualcosa stia per succedere. E poi la bomba esplode e a quel punto non si torna più indietro.

Menzione particolare voglio farla a Ludwig Göransson. Sembrava di stare dentro il Cavaliere Oscuro, tanto che ho scambiato alcuni brani con lo stile di Hans Zimmer. Il lavoro fatto dal compositore svedese è impressionante, un bagno di sensazioni accuratamente preparato per accompagnare la visione. Montagne russe d’emozione.

Spetta ancora alle generazioni future comprendere se le scoperte avvenute nella prima metà del ‘900 saranno quelle che polverizzeranno l’umanità o la salveranno dal proprio declino. Merita una seconda visione, spero sempre nella stessa sala.

★★★★★