Faccio fatica a comprendere il perché abbiamo deciso di adottare il termine guilty pleasure dalla lingua inglese. Perché un piacere deve essere peccaminoso? Perché deve farci sentire in colpa?

È un piacere perché ci fa star bene, non perché deve portarci a farci soffrire. Sempre con questo maledetto giudizio altrui, l’accettazione dell’apparire. L’essere è talmente sottovalutato oramai che si fa di tutto per stigmatizzarlo.

Ad esempio. Io adoro guardare dentro le case degli altri. Quando ci sono le finestre aperte, quando ci passo affianco durante una passeggiata. No, non sono un guardone, tantomeno un malato di mente. Adoro il design d’interni e adoro assistere a come altri umani hanno deciso di sistemare il proprio posto sicuro.

Devo sentirmi in colpa? Non ci penso proprio. Potrei andare avanti e fare un elenco infinito di cosa mi piace e cosa no. Purtroppo sono arrivato a un punto dove lascio totalmente correre, un punto dove ho imparato a rispettare e apprezzare le differenze che ci caratterizzano. Spesso non avviene il contrario, ma non me ne preoccupo troppo. Vivo lo stesso.