Gli sviluppatori DontNod, gli stessi di Life is Strange e prossimi a pubblicare Twin Mirror (uno dei pochi giochi che mi hanno colpito dell’ultimo E3), hanno rilasciato un paio di mesi fa un titolo sul quale ho messo gli occhi dall’unveiling un paio di anni or sono: Vampyr.Il gioco è ambientato nel 1918 in una Londra avvelenata e contaminata da una pestilenza non ben identificata. Vestiamo i panni di Jonathan Reid appena rientrato dalla guerra in Francia, scopriamo immediatamente di essere diventati vampiri. La prima vittima non appena riaperti gli occhi: nostra sorella.Un tratto distintivo che caratterizzerà tutto il nostro cammino per risolvere le tante domande scaturite proprio da questo avvenimento. Il nostro ruolo di medico rispettato, un ospedale dove nascondersi e fabbricare intrugli necessari ad aumentare le nostre skill e una sete di sangue perenne. Gli ingredienti di un RPG dai toni molto scuri scuri in una Londra gotica e senza speranze.Due anime. Due nature. Scoprire e sviluppare quella infima e far diventare chiunque uno spuntino dal sangue succoso, o la seconda, quella misericordiosa ma dal percorso più tortuoso. Siamo di fronte a una costante scelta su chi vogliamo essere, su come vogliamo influenzare i vari quartieri, su come vogliamo che gli altri abitanti ci considerino.Il dialogo e il testo sono tutto. In Vampyr la scelta dei DontNod è stata quella di lasciare alla fase testuale la parte più importante ove poggiare e scoprire tutto riguardante la storia. Si passa dagli appunti e lettere molto approfonditi sparsi per tutto il gioco che denotato un grandissimo studio riguardante il mondo dei vampiri, a dialoghi iper verticali da scambiare con i singoli personaggi che hanno sempre molto da dire su loro stessi, sulla situazione di Londra, sull’influenza spagnola e infine sugli intrecci con i vari abitanti del quartiere in cui risiedono.Il fulcro del gioco sta proprio qui. L’interconnessione tra i vari protagonisti dei quartieri è il vero fil rouge per comprendere le ragioni di questa strana epidemia, l’auto consapevolezza sul perché e il percome siamo diventati dei vampiri e il cercare di assolvere il peccato più grande di tutti: l’uccisione di un’amata sorella. Se la parte di combattimento l’ho trovata estremamente pessima, i movimenti di camera scomodi e poco efficaci, le mosse del personaggio ridotte praticamente a due e una poca distinzione tra le varie armi, quella dello sviluppo del personaggio è a dir poco distinta.

Mordere, uccidere abitanti, boss o i vari nemici sulla nostra strada si trasformano in punti esperienza* che permettono di sbloccare varie abilità che passano dall’aggressività fino al potere di auto curarsi. Consiglio vivamente di curare particolarmente, e di conseguenza potenziare, l’aspetto della salute così da non ripetere all’infinito alcuni combattimenti snervanti.Ho completato il gioco in una decina d’ore sulla mia Xbox One X. Ho deciso di seguire la via del caos, evitando di risparmiare chicchessia gettando Londra in una situazione di panico totale, sbloccando così circa il 70% degli obiettivi legati al gioco. Il restante 30% è ottenibile scegliendo le alternative più misericordiose.Se amate il genere, se avete giocato Vampire: The Masquerade qualche anno fa,* se l’intreccio tra videogioco e approfondimento testuale vi appassiona, beh forse allora Vampyr può fare al caso vostro. Altrimenti direi di lasciar perdere. Il gioco non fa gridare al capolavoro, ma sicuramente sì lascia giocare e ti fa venir voglia di procedere con la storia.

★★★☆☆