Che fine ha fatto Clubhouse?

Non sono passati nemmeno sei mesi da quando si è iniziato a parlare di Clubhouse e del suo hype, ma a quanto pare la festa è già finita. Personalmente non ci entro da almeno un mese abbondante, non ne sento la necessità e anche quando ho provato a lurkare un pochettino non ho più trovato nulla di interessante e degno di essere ascoltato.

Mi sono fatto un'idea. Il suo declino, che a quanto sembra, non è solo limitato all'Italia non è figlio di rinnovata competition, su Twitter Spaces ad esempio non vedo molta più attività, quanto piuttosto ad un'inversione proporzionale dovuta al miglioramento della situazione pandemica. Tanto più si è ricominciato a fare attività in presenza e all'aperto, meno questa piattaforma ha goduto della sua audience primigenia. Seconda motivazione il suo modello partecipatorio, non troppo dissimile da una trasmissione televisiva o radiofonica dove se la stanza inizia ad assumere dimensioni troppo grandi diventa difficile "prendere la linea", non ha sostituito o creato nulla di nuovo rispetto a uno scenario social già esistente.

Non ultimo. La sincronia. Il contenuto ha bisogno di essere fruito in modo asincrono. A meno di eventi di caratura nazionale o in grado di catturare l'attenzione di un'audience molto ampia oggigiorno deve essere garantita una consumazione on demand del contenuto, è imprescindibile e nemmeno Clubhouse può sottrarsi a questa regola.

Perché? A febbraio scrivevo così, non ci sono andato troppo lontano a quanto pare:

Perché ora?Clubhouse esplode ora perchéla stragrande maggioranza della popolazione è a casa. Punto. Il tempo è la maggiore discriminante in assoluto per poter essere qualcuno di riconoscibile su Clubhouse. E mi sono sempre domandato come mai durante gli orari di ufficio, mentre cercavo di smaltire le notifiche da cui ero inondato, ci fosse così tanta gente e che in fin dei conti fosse sempre la stessa da ore e ore.

A casa chi ti controlla? Come qualcuno si è giustamente domandato, come è possibile passare così tante ore se al contempo si ha un lavoro a tempo pieno? Giusta osservazione, ma se si aggiunge l’elemento home working, bingo.

Fruire un contenuto che supera i 30 minuti in orario lavorativo è già un'impresa di per sé, a meno che si tratti di lavoro esso stesso. Per questo motivo perdersi tonnellate di contenuti e non affezionarsi a nessun canale decreta un disamoramento non troppo difficile da prevedere.

Non so se Clubhouse sarà capace di continuare a far parlare di sé, ma se gli utenti stessi lo stanno trasformando in una landa triste e desolata sarà difficile sopravviva a lungo a meno di introduzioni di feature in grado di risolvere un'esigenza di tutti: gestire il proprio tempo.

Le calorie di un pendolare in moto

Da qualche giorno, complice il cambio di lavoro, sono tornato a spostarmi verso il centro cittadino di Milano. Ho riscoperto il piacere delle due ruote e mi godo ogni tanto giorno di meteo clemente per poter inforcare il nuovo mezzo.

C'è una bizzarria legata a questa vecchia-nuova routine. Il mio Apple Watch considera questo tragitto di una quarantina di minuti come attività fisica. Al di là delle oscillazioni per zig-zagare nel traffico e della pinzatura sui freni non credo di far poi molto se non stare seduto e accentuare i sensi per prestare la massima attenzione a ciò che mi circonda.

Eppure...Poco tempo dopo essere entrato e seduto in ufficio lui inizia a suonare.

Apple Music: Spatial Audio e Lossless Audio

Dopo Spotify HiFi arriva anche l'annuncio di Apple Music a supporto della musica in streaming di alta qualità. Apple non si ferma all'alta fedeltà disponibile per tutto il suo catalogo però, aggiunge una chicca ulteriore ovvero il supporto per alcune produzioni del formato Spatial Audio con Dolby Atmos.

Il tutto ovviamente gratuitamente nel vostro abbonamento già in essere. Il vantaggio rispetto a Spotify a questo punto raddoppia. Non solo sappiamo già quando sarà disponibile, giugno 2021, ma aggiunge anche un ulteriore formato che a quanto pare supporterà sempre di più per le produzioni future in modo da avere un catalogo sempre più distintivo a livello qualitativo.

E a quanto pare ci sarà la possibilità di scegliere come riprodurre il contenuto tra le varie qualità disponibili, con una terza scelta, la Hi-Resolution Lossless:

Apple Music’s Lossless tier starts at CD quality, which is 16 bit at 44.1 kHz (kilohertz), and goes up to 24 bit at 48 kHz and is playable natively on Apple devices. For the true audiophile, Apple Music also offers Hi-Resolution Lossless all the way up to 24 bit at 192 kHz.

Con questa mossa, e se siete circondati da device Apple, non c'è davvero più ragione per avere un abbonamento a Tidal o Deezer. Nel frattempo anche Amazon Music si è allineata offrendo l'alta risoluzione a nessun costo aggiuntivo rispetto all'abbonamento da 9.99 eur. al mese.

Update: Sembra che nessun modello di AirPods supporterà il formato Lossless, quindi per l’alta definizione servono delle cuffie con il cavo o delle buone casse collegate al vostro computer Apple.

La giungla in TV è sempre la stessa

Al piano di sopra abbiamo un soffitto fatto da travi in legno spioventi. Sono le tipiche travi che arrivano fino ad altezza testa (le nostre sono così fortunatamente) o alla peggio altezza ginocchio ed è sempre difficilissimo arredare quelle stanze. I mobili sono per lo più su misura e se ci fai una stanza da letto devi essere bravissimo ad occupare tutto lo spazio a disposizione altrimenti non saprai dove stipare i vestiti.

Ma non solo. Se ti piace guardare la televisione sino all'ultimo secondo prima di addormentarti, nel pensare l'arredamento devi ricordarti anche uno spazio per infilarci un televisore. Cosa a cui non ho pensato sin da subito, ma ho aggiustato in qualche modo in corsa. Una decina d'anni fa decisi di recuperare un misero 21 pollici LCD e metterlo sulla cassettiera al lato sinistro del letto.

Il problema vero è che in quella posizione collo e l'intenzione all'assopirsi naufragavano miseramente. Il primo in un dolore dovuto a una posizione innaturale, il secondo irraggiungibile a causa del primo.

Finalmente a inizio anno ci siamo decisi ad adottare soluzioni più consone e dopo vari tentativi abbiamo posizionato la TV (Panasonic LED 40'') tra le due travi centrali della stanza, in modo da averlo perpendicolare alle travi in fase di riposo e perpendicolare al nostro sguardo al momento dell'utilizzo, grazie all'installazione di questa staffa motorizzata.

Da qualche sera abbiamo iniziato ad addormentarci così, una puntata di qualche serie che stiamo seguendo a cullarci, ma capita spesso che io faccia più fatica di mia moglie a prendere sonno e, come capitato ieri sera, mi perda nella giungla della televisione italiana.

Ho fatto zapping compulsivo fino oltre il canale 100, mi sono spinto fino ai confini dell'etere italico per arrivare a chiedermi se davvero fossi nel 2021 o in preda a qualche delirio onirico e risvegliatomi nel 1997. Strabiliante. I programmi erano i medesimi. Jill Cooper stava proponendo uno dei milioni di attrezzi per il rassodamento, almeno tre diversi cartomanti - sensitivi che ribadivano gran voce di essere delle persone umili e semplici in grado di predirti il futuro per soli 20 euro di consultazione, Sergio Baracco con il suo intramontabile sangue di piccione ma con molta meno verve, delle improbabili televendite di CD di musica neomelodica, programmi spirituali, mix di telenovelas del sud america intervallate da comiche in bianco e nero al doppio della velocità e tante tante altre chicche.

Fino ad arrivare ai miei preferiti. I venditori di orologi da polso. I migliori sono quelli di Le Caveau di Porta Venezia. Al di là di essere appassionato ai prodotti presentati, la loro nenia è peggio di una puntata di Superquark o di Freedom. Una camomilla virtuale soporifera.

Ecco se avete una TV in camera e problemi di insonnia, dategli una chance.

Nessuna parola sbagliata

Take your personal website, for example. Your writing might not appeal to others. People might find it irrelevant or even dislike your style or your message, especially if you are writing about something new and unconventional. But if it’s important to you and if it contains a bit of yourself – and it certainly will –, whatever you write and publish on your site isn’t wrong. You are free to try out different formats, techniques, and styles. Write about what you think and care about. Find your unique way to express yourself.

A personal website ain't got no wrong words.

Matthias Ott

Fu Superlega

Quest'amore appena nato, è già finito.

Al di là di tanti spunti miopi e denigratori verso il progetto Superlega, ne ho trovati altrettanti più pacati e disposti a mettere in discussione il calcio europeo per come lo conosciamo oggi.

Un cambiamento è necessario e auspicato da tanti anni. Non per niente il sito thesuperleague.com è stato registrato nel 2008, mica l'altro ieri. Sintomo di un evidente malessere da parte di una manciata di squadre che negli ultimi 20 anni hanno trascinato il carrozzone facendo fare bella figura a chi questo carrozzone lo guarda da fuori e ogni tanto si ricorda di dare una piccola spintarella da dietro.

Tuttavia, seppur di un terremoto si iniziava a parlare da domenica scorsa a seguito dei primi annunci, in poco più di quarantottore il tutto si è ridotto sì e no al movimento prodotto da una gamba agitata sotto a un tavolo.

Il che mi porta alla vera parte interessante. La gestione della comunicazione di tutta questa operazione. 2 giorni folli e di una mediocrità fatta di errori banali e non trascurabili.

Partendo dall'annuncio. Fatto tramite un sito ufficiale e dei comunicati stampa pubblicati su quelli dei singoli club. Un'intervista rilasciata da Florentino Perez, presidente della Superlega, 24 ore dopo e a seguito delle dichiarazioni Uefa dove si promettevano fuoco e fiamme per i 12 "traditori". E da qui qualcosa deve essere per forza accaduto sotto banco e che non ci viene raccontato.

Ok la piccola rivolta dei tifosi. Ok l'indignazione della politica e delle più disparate personalità avulse a questo mondo, ma che si sono sentite il dovere di essere chiamate in causa. Ok la voce di alcuni allenatori e giocatori chiamati in causa.

Ma come è possibile che passate altre 24 ore 6 club fondatori decidano di andarsene? Non era stato fatto tutto per soldi? Per risanare il calcio e dargli una nuova veste? Un giorno per ripensarci e ritornare sui propri passi?

Qualcosa non quadra è evidente. Qualcosa non ci viene raccontato fino in fondo. Strano vero?.

Arriviamo a questa mattina, dove addirittura il presidente della Juventus Agnelli lascia che venga pubblicata la sua intervista a Repubblica, quotidiano posseduto per maggioranza dalla sua famiglia, quando ormai tutto il progetto è ormai naufragato.

Un disastro comunicativo su tutti i fronti. Lascia tutti incazzati e non accontenta nessuno. Andava gestita meglio, se convinti della bontà del progetto andava mantenuta la linea, ma la paura dei poteri forti e di perdere i propri tifosi ha spaventato la maggioranza di chi avrebbe dovuto rivoluzionare il calcio.

In attesa di tempi migliori rimaniamo inermi ad assistere ancora per chissà quanto tempo ancora alle cosiddette istituzioni calcistiche che si fanno scudo ergendosi a paladine dei tifosi, quando in realtà fanno tutt'altro.

È vero, non c’è (non c'era) granché di etico o di meritocratico nel progetto Super League o in una qualsiasi lega esclusiva che neghi l’accesso ad altre concorrenti. Ma comunque vada a finire questa storia, nata lunedì a mezzanotte e un quarto e apparentemente già finita, una cosa deve essere chiara: chi governa il calcio non lo fa come una associazione che vuole il bene dei tifosi e del popolo. Era evidente prima della Super League, e deve esserlo anche dopo, anche ora.

Rivista Undici

LOL e la comicità resta fuori

Con mia moglie abbiamo visto tutte le puntate di LOL: Chi ride è fuori in una botta, tra venerdì e sabato. Ho atteso qualche giorno prima di scriverne qualcosa. Il fatto è che non so bene da dove iniziare.

Partiamo dal giudizio personale provando a rispondere alla domanda delle domande: ma fa ridere?
Personalmente a me ha lasciato indifferente, il 90% del tempo non ho riso, tranne quando sono stati citati sketch non originali, ma anzi, mi ha fatto riflettere sul vero intento del programma.

Avrebbe dovuto far ridere il pubblico? O soltanto intrattenerlo nel mettere in scena chi fosse il più bravo a resistere proprio nel non ridere?

Ho optato più per la seconda. Far ridere è una faccenda maledettamente seria, ma soprattutto estremamente soggettiva. Ciò che strappa una risata a me non è lo stesso per gli altri e viceversa. Pertanto LOL: Chi ride è fuori l'ho preso più come un esperimento di espressione attoriale invece che un esercizio di comicità. E se lo interpreti così è ineccepibile la presenza di grandi personaggi abilissimi a tenere il palco e incollare l'attenzione del pubblico. Tuttavia molte delle battute, a questo punto, è chiaro seguano un copione, mentre i momenti di improvvisazione sono estremamente personali e dettati dall'idea del momento e non è detto che funzionino.

Salvo la donazione per scopi alti e ve lo consiglio se non volete essere esclusi dai colleghi d'ufficio sull'argomento del giorno, ma, a parte questo, la comicità è altro ed è stata lasciata fuori da quel teatro.

Serie interrotte

Devo auto convincermi a lasciare un taccuino sul comodino accanto al letto. Passo mezzore intere prima di addormentarmi a pensare a incipit di post da fare invidia a Melville. Puntualmente svaniti al risveglio.

Ad esempio ne avrei avuto uno perfetto per quanto sto per scrivere, svanito nella fase REM, suonava più o meno così...

Ho spento la TV con una pesantezza incredibile. Non tanto per quanto appena finito di vedere e nemmeno per la cena, ma per un semplice basico ragionamento. È mai possibile dover arrivare a terminare una serie TV e scoprire, soltanto se cercato online, che la medesima non ha una conclusione perché cancellata?

Ieri sera è accaduto con Sweetbitter. La storia di una farfallona campagnola alla ricerca del sogno americano in un ristorante di New York. Una serie leggera e poco impegnativa con puntate da circa 30 minuti. Perfetta per il dopo cena. Ma potrei aggiungere alla lista molte altre serie lasciate lì, sospese, senza una reale ragione per la quale vengono proposte al pubblico. Messiah, Sense8, It's Bruno, Daredevil e potrei andare avanti con molte altre.

Una sequela di milioni di dollari buttati nel cesso, che fanno incazzare tutti. Le major per averci ricavato poco, gli attori e in generale la produzione per non avergli concesso di terminare una storia, ma ancora di più gli spettatori che nel frattempo si sono tramutati in fan tepidanti di aspettative e lasciati a bocca asciutta.

Un piccolo suggerimento. Quanto costerebbe ai vari Amazon Prime Video, Netflix, Disney+, Apple TV+ etc. inserire un bollino, un alert, un messaggio prima di ogni prima puntata che la serie è stata cancellata e l'avventura che ci si appresta a vivere è troncata e quindi si prosegue a proprio rischio e pericolo?

Se i contenuti streaming ci hanno insegnato qualcosa è la libertà di fruizione. Non importa il supporto, conta il contenuto. Lasciateci la libertà di sprecare il nostro tempo oppure di dirottarlo su altro, ma almeno mettete un avviso.

Per fortuna di Sweetbitter esiste il libro.

La battaglia per l'attenzione

We’re living in an era of chaos, we’re all in our own little worlds. For twenty years, the internet wreaked havoc, disrupting and destructing. Now the dust has settled, why do we think everything is the same as it ever was? The disruption has calmed down. Now it’s about content. We, as a society, are trying to figure it out. One thing is for sure, everybody in the old, pre-disrupted world, is doing their best to cling to the old model instead of facing the truth and marching into the future. And they keep telling us they’re important and we should pay attention WHEN MOST PEOPLE DON’T EVEN CARE!

Applicare modelli e paradigmi di generazioni passate non sempre è la scelta giusta. Soprattutto quando si tratta di distribuire contenuti sui canali che tutti abbiamo imparato a conoscere. La nicchia e la coda sono talmente allungate e destrutturate che sempre più difficilmente si sarà in grado di costruire dei modelli di comportamento precisi, se non affidandosi al martech.

Il post di Brian Lefsetz è come sempre un minestrone di pensieri sparsi, sebbene molto lucidi, sulla situazione attuale del mercato musicale e non solo. Più in generale di quello streaming. I gusti personali dominano e frastagliano moltissimo il mercato, la cui segmentazione spesso non rispecchia appieno ciò che gli utenti premiano.

Cherry

Cherry è un film povero di sodio. Quell'unica particella in grado di sopravvivere è Tom Holland. Povero, ce la mette tutta a dare il meglio di sé nell'interpretare un tossicodipendente affetto da stress post traumatico di ritorno dall'Iraq. Si libera alla perfezione della rete dell'Uomo Ragno, ma resta impigliato in un'altra, ancora più fitta e straniante. Quella intessuta dai registi per lui, in uno screenplay fin troppo superficiale per un tema serio che affligge gli Stati Uniti.

Il film si basa sulla autobiografia, o almeno gran parte di essa, di Nico Walker, dal quale i registi hanno acquistato i diritti per realizzare il film Cherry.

Nonostante alcune scene di humor nero, di cui i Russo si sono già resi protagonisti nelle serie Community e Arrested Development, di Cherry si riesce a salvare ben poco. La lunghezza non aiuta affatto e benché si possa soprassedere su questo aspetto, i 141 minuti in cui si cerca di fare un'accozzaglia di richiami come Trainspotting o i film di Bay, suonano sempre tutti troppo finti.

Per coinvolgere lo spettatore con la psicologia maniacale del giovane veterano e per emulare la narrativa feroce e non romantica di Walker, scritta dalla prigione, il duo di registi esagera ogni elemento cinematografico, dall'inesorabile movimento della telecamera ai dialoghi che spezzano la quarta parete e scene d'azione meglio adatti per Capitan America. Ma non basta.

Tutto in Cherry suona falso. I personaggi non riescono ad emergere nella traiettoria dei minuti in cui appaiono sullo schermo e si caratterizzano soltanto per piccole e brevi scene che sembrano scollate da tutto il resto. Manca l'intensità, manca qualcosa che non sia già visto in centinaia di altri film.

Cercherò a questo punto di recuperare il romanzo, leggermelo a fondo e capire se alla fine mi troverò a dire: beh, il libro era meglio.