Apro gli occhi e non capisco ancora bene dove sono. So solo che è presto, fuori ancora è buio, guardo la sveglia e segna le 5. Solo dopo qualche secondo mi accorgo di essere nel letto di casa mia. Dopo 3 settimane.

Credo non sia mai accaduto in vita mia di aver dormito per così tanto tempo in un letto che non fosse il mio. Questo perché, anche quando lontano dalla mia abitazione principale per un periodo altrettanto lungo, spesso mi trovavo a trascorrere del tempo in una seconda casa, quindi pur sempre un ambiente familiare.

L’occasione è stata il mio viaggio di nozze, dopo quasi due anni di attesa. Due anni in cui tanti aspetti della nostra vita sono cambiati, turismo incluso.

Ora, non sono qui per raccontarvi i dettagli del mio viaggio (magari ci sarà un post ad hoc), ma solo per stendere qualche parola sul come ho viaggiato, quali sono state le mie aspettative e come esse siano cambiate in base alla disponibilità economica messa in gioco. Non ho potuto fare a meno di pensare al post di Roberta Milano suRoccaraso nel farlo. Nonostante non sappia nulla, o ancora meno, sul turismo.

Se c’è una cosa che questo viaggio mi ha insegnato è che il turismo è soprattutto una cosa, uno scambio di educazioni. Ricevute, da impartire, da condividere. Un pacifico scontro di culture tra chi ospita e chi è ospitato. L’equazione può funzionare soltanto se si è aperti con la mente, solo se si è pronti da una parte a comprendere le esigenze di chi ha fatto migliaia di chilometri per visitare un luogo remoto e inaccessibile a una grande percentuale della popolazione terrestre, dall’altra a non voler per forza ricercare la sensazione di essere a casa.

E sono tanti negli anni gli operatori del turismo che hanno puntato tutto sulla parola chiave: sentirsi come a casa. Ve le ricordate le pubblicità? Onestamente la reputo eccezionalmente lontana da quanto debba essere lo spirito di chi parte. Dovremmo ricercare tutto fuorché casa nostra, altrimenti non decideremmo mai di lasciarla dopotutto. Chi parte lo fa per lo più per due ragioni, rilassarsi o scoprire. E in entrambi i casi è spinto a farlo per trovare qualcosa che a casa propria non ha sufficientemente a disposizione: strutture, storia, geografia, cultura o enogastronomia.
Dovrebbe essere quindi piuttosto qualcosa come: il piacere di scoprire.

Ma come dicevo prima, bisogna necessariamente farlo con una mente aperta, attenta e motivata a voler conoscere e approfondire certi aspetti culturali, economici e sociali del luogo deciso di visitare. Perché? Semplice. Perché non è casa nostra!

Un esempio molto pratico? Il costo delle bottigliette d’acqua negli Stati Uniti. Entrando in un qualsiasi supermercato della California o delle Hawaii (i due Stati in cui sono passato in queste tre settimane), il prezzo di una bottiglietta d’acqua naturale può variare da 1,40 dollari più o meno per dell’acqua purificata per osmosi inversa (quindi non raccolta da una fonte alpina purissima per intenderci) fino a 12 dollari e passa per una confezione da 6 di 1lt. per dell’acqua purissima importata magari dall’estero.

Ora, se da turista non mettessi in campo la mia di educazione, e non parlo di buone maniere ma di conoscenza, farei soltanto dei paragoni con casa e sbotterei lamentandomi per dei prezzi altissimi per un bene primario come l’acqua. Mentre se provo a pensare alla difficoltà con cui, a differenza nostra, alcuni Stati non riescano a trovare acqua da fonti naturali, oppure al fatto che mediamente lo stipendio di un americano sia più alto del nostro ecco presto risolta l’equazione. Senza contare che basta spostare poco più in là lo sguardo e prestare attenzione a come ci siano fontanelle ovunque per poter ricaricare la propria borraccia.

Questo vale per l’acqua come per un ristorante, un hotel, una struttura ricettiva di qualsiasi tipo…tutto è dominato dalla stagionalità, dalla scarsità di alcune risorse e dalla legge della domanda e dell’offerta che, nella stragrande maggioranza dei casi, ha disponibilità per tutte le tasche e tutti i tenori familiari. Ma in un mondo dove le disparità saranno sempre più accentuate è inevitabile assisterne a sempre maggiori per poter accedere a servizi ed esperienze esclusive. Non possiamo lamentarcene, è il mondo che abbiamo costruito. Quello in cui viviamo oggi. In un baracchino di San Francisco magari pago un granchio poche decine di dollari, a Milano qualche centinaio.

È indubbio, l’equazione regge se anche dall’altra parte esiste una cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza, un’educazione, in grado di soddisfare ogni portafoglio ed esigenza. Deve essere come la domenica di libero accesso ai musei per usare un metro di paragone. Il luogo che ha deciso di diventare meta turistica deve essere in grado di potersi mettere a nudo, lasciarsi scoprire senza timore. Ecco questa cosa è terribilmente complicata, perché vanno a scontrarsi il più delle volte interessi pubblici e privati che il più delle volte danneggiano non soltanto il territorio in cui questi attori agiscono, ma soprattutto l’ospite se non incanalati in uno sforzo comune.

Questa ampia introduzione mi è utile per raccontare meglio il come io abbia viaggiato rispetto al solito. Con 12 voli presi in 3 settimane di cui 5 in business class (su quelli di lungo raggio), l’aver soggiornato in strutture con almeno 4 stelle in su, aver potuto approfittare di amenities spicciole come un frigobar illimitato sono stati addendi di una somma piuttosto non comune rispetto al mio tenore di viaggio tradizionale, facendomi per la prima volta provare un turismo di fascia superiore al quale normalmente non sarei in grado di accedere.

Ed è molto facile scambiare questo livello per un nuovo standard a cui abituarsi. Chi non vorrebbe affrontare un viaggio aereo di 10 ore senza potersi più sdraiare completamente ora? Concettualmente adesso lo trovo incomprensibile. Perché non possiamo tutti viaggiare in questo modo? Eppure tra un mese tornerò a farne uno seduto in piccionaia.

È con le aspettative che dobbiamo scontrarci. Quelle foto che non corrispondono al vero, uno standard settato troppo alto, una serie di recensioni lontane dalla realtà o dall’altra parte con un turista che vuole la pasta al sugo e le lenzuola pulite ogni giorno, i distruttori di arredamenti o di arredo urbano, e potrei andare avanti con entrambe le liste all’infinito.

Per questo reputo così importante lo scambio di educazioni. È quel punto focale d’incontro tra le aspettative di chi parte per un sogno e chi quel sogno spera di renderlo reale.
Sapersi adattare a ciò può cambiare totalmente il come si viaggia, non importa se in business class o in bicicletta, il bagaglio che si riporta a casa sarà infinitamente leggero mentre per chi resta inizia un circolo virtuoso per condurre lì anche altri sognatori.