Avete presente quando dopo qualche anno di attesa vi ri-immergete nella vostra serie TV preferita? Oppure, quando dopo tanto aspettare arriva il momento di poter leggere le prime pagine di una saga letteraria per la quale siete andati in fissa da tempo?

God Of War Ragnarök mi ha regalato le medesime sensazioni. Affidabilità, un ambiente familiare, un combat system (seppur leggermente migliorato) di facile apprendimento e padronanza, l’immersione totale in mondo lasciato sospeso per un periodo troppo lungo e nel quale ero desideroso di tornare.

Questo nuovo capitolo (e forse ultimo) della saga norrena, in cui Kratos invano cerca di starsene in pace, è in realtà un nuovo viaggio verso la maturità da padre, verso la comprensione di lasciar sbagliare il proprio figlio, Atrues/Loki, pur sapendo di averlo equipaggiato di tutti i consigli possibili per affrontare il suo percorso. È la consapevolezza di dover lasciare andare un ragazzo ormai diventato uomo al quale non ha più niente da insegnare, ma anzi da cui dovrà iniziare a imparare.

Il tema della paternità, il vero caposaldo di tutto il racconto, fa da sfondo alle solite epiche battaglie fra Dei sempre seminudi nonostante il freddo barbino delle terre nordiche. Ci sono due modi per affrontare il gioco. Abbracciare la sua nuova natura open world e quindi lasciar perdere la storia principale perdendosi tra i vari regni e farmando come un animale, oppure tenere la retta via e completare il gioco immediatamente, riservando la prima attività a tempi migliori. Io ho deciso di optare per questa seconda strada e ho terminato il gioco in poco meno di 35 ore. E forse ho sbagliato.

Sì, perché adesso che l’ho terminato non sento nessun bisogno di andare ad esplorare, non mi si rende necessario dover tornare ad Asgard per aprire porte magiche a conoscere i problemi di altri reami solo perché hanno bisogno della mia forza bruta. Lo lascio a chi ha voglia di platinare il gioco. Questo per dire che, nonostante sia imponente sotto ogni comparto, visivo, audio, e fotografico, God of Ragnarök lascerà traccia molto più per la sua storia, e la forza con cui inscena il complicato rapporto padre figlio, rispetto al gioco in sé.

Non dico mi abbia stufato, sarebbe troppo. Ma una volta completata la main quest, non ho trovato nuovi stimoli per affrontare altro. Forse perché le 100 ore e passa spese su Assassin’s Creed Valhalla mi hanno già saziato abbondantemente del boccone norreno.

Nonostante l’arrivo di una nuova arma, la lancia, il combat system non si discosta dal precedente capitolo, anzi, si aggiungono inutili e pomposi orpelli di potenziamenti della cui utilità difficilmente ci accorgeremo una volta sul campo di battaglia. Le sequenze dove quest’ultimo è protagonista risultano eccessive in termini numerici e alla lunga ripetitive, senza un’effettiva utilità ai fini della trama o sulla nostra meta finale.

La gestione della camera alle spalle di Kratos, poi, mi ha mandato più volte fuori di testa. Soprattutto se si decide di agganciare il nemico con R3. La camera ne punta uno e non lo molla. Se volete recuperare dell’energia o altri elementi utili al combattimento dovrete per forza sganciare il nemico, correre altrove e rotolare compulsivamente se no vi arriverà qualcuno alle spalle a darvi il colpo di grazia. Paradossalmente gestita molto meglio nei momenti in cui si controlla Atreus.

Mi sono piaciuti parecchio gli approfondimenti storici, gli intrecci creati ad hoc per posizionare Kratos e suo figlio nella mitologia scandinava e la ricchezza di elementi utili per poterla conoscerla meglio.

Non so dirvi se God Of War Ragnarök sia il gioco dell’anno passato. Sempre di più per me la trama e il racconto giocano un ruolo più che centrale nell’approcciare un titolo videoludico, benché badi spesso alle innovazioni apportate all’ecosistema (e solo per questo mi sentirei di premiare Vampire Survivors), mi sento di premiare maggiormente i primi. Perciò mantenendo i primi come parametri di giudizio essenziali direi assolutamente di sì, con anche lacrimuccia annessa nelle fasi finali del gioco.

Se invece devo soffermarmi a comprendere quale sarà il contributo di questo nuovo capitolo alla storia dei videogiochi, lì ho maggiori perplessità, e mi sento di dire che il suo predecessore abbia fatto molto di più.

Ma se è un’avventura single player da giocarvi con calma la sera, a più riprese, e avere la sensazione di immergervi in un romanzo quella che state cercando…beh, allora God Of War Ragnarök è il titolo che fa per voi.

★★★☆☆