🎮Una vita in Fuorigio.co🕹

Il primo gusto del cono gelato 🍦

La Sindrome della Pasta al Pomodoro

Bassa risoluzione

Essendo appassionato di storia dei media e di sociologia della comunicazione, così come ho fatto con il primo, non potevo non leggere il secondo libro di Massimo Mantellini: Bassa risoluzione.Il libro descrive piuttosto bene, sfruttando le grandi tematiche sociali come sfondo al racconto, come la pervasività della tecnologia nelle nostre vite abbia fatto si che tutto scivolasse verso il basso. Un decadimento o una sintesi, se preferite, verso l’analitico e il sintetico. Una perdita di qualità dettata dalla superficialità di fruizione dei contenuti, dettata più dall’apparire che dall’essere.Massimo nel libro racconta piuttosto bene alcuni episodi sotto gli occhi di tutti, musica ascoltata con impianti da qualche spicciolo, fotografie scattate più con gli smartphone che con reflex professionali, la costante ricerca di lasciare o scovare una traccia si è imposta sulla profondità e la qualità.Ciò non è necessariamente un male, anzi, ha permesso al progresso tecnologico di attecchire e di rispondere ad esigenze di cui non sapevamo nemmeno l’esistenza.C’è stato un solo passaggio dove non mi sono trovato particolarmente d’accordo. Quando nei primi capitoli si parla di Internet come il non-luogo e dei tempi dell’iperbiografismo. Ovvero, lasciamo così tante tracce in rete di noi stessi che possono funzionare da biografia-testamento personale.Tuttavia credo che sì, Internet ci dà la possibilità di raccontarci con immagini e testo, ma lo spettatore non saprà mai fino in fondo ciò che sta dietro quella cortina digitale. Le emozioni risiedono dietro una fitta rete di interpretazioni che solo per sbaglio potranno coincidere con ciò che abbiamo realmente provato nel momento in cui abbiamo deciso di scattare una foto, produrre un testo o registrare un video e condividerlo online.

Concordo invece con la sua disanima sull’ altrove. Fatichiamo ancora a percepire Internet come qualcosa di reale, perché intangibile. Qualcosa che vediamo con gli occhi ma che cessa di esistere nel momento in cui ci allontaniamo da un dispositivo collegato ad esso.Ciò che mi porto a casa è sicuramente la consapevolezza di come la tecnologia a nostra disposizione negli ultimi 30 anni abbia frammentato qualsiasi paradigma sulla quale si sia imposta, disgregando il pre-esistente e generando nuove piccole-grandi realtà inesistenti fino a quel momento: streaming di musica, Netflix, eBook e la lista potrebbe andare avanti ancora per molto.Nel leggere il libro ho sempre avuto davanti fissa l’immagine di un imbuto al contrario, con la parte più stretta rivolta verso di noi, fruitori estemporanei ed effimeri, costretti a fare una scelta costante su cosa prediligere in una miriade di infinite scelte e possibilità di interazione culturale.Il senso della “bassa risoluzione” sta probabilmente nel scegliere nel modo giusto cosa poi prendere a piene mani e approfondire perché più affine al nostro essere. L’interazione con i mezzi tecnologici e il modo in cui decidiamo di utilizzarli, beh quello è un altro paio di maniche.

Blog, un riflesso del pensiero

Loving Vincent

Il 7 febbraio esce in DVD e Blue-Ray Loving Vincent. Un film d’animazione sulla vita di Vincent Van Gogh, il famoso pittore olandese. (Anche se lo potete già acquistare in streaming su YouTube o Chili TV).

È stato trasmesso al cinema per una settimana soltanto nell’ottobre del 2017 e ho avuto la fortuna di vederlo.Ho già messo in wish-list di Amazon l’edizione in 4K UHD perché merita di essere visto alla massima definizione possibile.Perché?È il primo film della storia ad utilizzare 66.960 inquadrature pitturate ad olio e trasposte per diventare un film vero e proprio, dove, come mostra il Making Of qui sotto, i pittori hanno dovuto imparare le sequenze e il discorso filmico per poterlo trasporre in pittura.Il film, inoltre, arriva da molto lontano e “dal basso”. I primi fondi, infatti, sono stati raccolti tramite Kickstarter. I produttori, infine, per non metterci decenni, si sono avvalsi di 125 pittori ad olio sparsi per il globo per poter dar vita ai personaggi di 94 opere di Van Gogh.[embed]https://vimeo.com/239611468\[/embed\]Nonostante abbia visto anche Coco, avrei sicuramente premiato questo ai Golden Globe come miglior film d’animazione. Sarebbe stato più che meritato, non solo per lo sforzo, ma anche per la riuscita dello stesso, già dal primo secondo di visione capace di trasportarti dentro in un sogno a colori.Da vedere assolutamente.

Ventidiciotto

Che anno! Vi sarete accorti che sono passati due mesi abbondanti dall’ultimo post, ma avrei dovuto avere giornate da 48 ore per potermi mettere a scrivere qualcosa.Il 2017 è stato un anno incredibile, un crescendo. Ci sono stati alti e bassi, come sempre, soprattutto dal punto di vista della salute. Un operazione alla spalla ormai inevitabile, i tempi di recupero, la fisioterapia, tutto a contribuito a potenziare una mia grande carenza: saper aspettare.Pazientare e tanto. Un grande insegnamento che mi ha ripagato. Ripagato tantissimo. Facendomi trovare ciò che mai avrei sperato di trovare. Sotto ogni punto di vista. E, se dovessi riassumerlo con una sola parola, sceglierei: felicità.Immancabile l’appuntamento di fine anno, con il riassunto dei dodici mesi passati. Mentre qui ci sono quelli degli anni precedenti: 2016, 2015, 2014, 2013Ci sono due cose di cui ho fatto tesoro quest’anno, ti trovi a rifletterci sempre in questi giorni, al cambio di calendario, come se dovesse scoccare una strana ora X in cui tutto debba cambiare per il solo fatto che si aggiunge un numero all’anno precedente.Abitudini. Ma meglio conservarle, visto che tornano sempre utili. La prima riflessione l’ho condivisa su Facebook qualche giorno fa:

La seconda, invece, è specificamente rivolta a questo lido. Dopo oltre 10 anni di scrivere e scrivere, sono giunto alla conclusione di non dover dare più spiegazioni sui ritardi, sulle poche visite, sui picchi di accessi per post polemici, etc. etc. Qui dentro scrivo quando ne sento il bisogno e la voglia, quando ne ho il tempo, ma soprattutto quando credo di aver qualcosa di sensato da dire.È vero, mi piacerebbe poterlo fare con cadenza quotidiana, ma dovrei rinunciare a molto altro, di cui in questo momento non riesco a fare a meno.Ora però passiamo ai classici aggiornamenti. Quest’anno ho preso 18 voli differenti. 16 dei quali internazionali. 12 dei quali per lavoro. Soprattutto tra ottobre e novembre ho passato più tempo all’estero che in Italia. Facile comprendere perché poi non abbia tempo per scrivere.Ad oggi 27 dicembre, giorno in cui sto scrivendo il post, ho raggiunto il mio obiettivo annuale di superare le 10k canzoni ascoltate in un anno. E come da tracker di Last.fm, il contatore continua a procedere spedito.Non ho mai ascoltato così tanta musica in vita mia. Serve, non smettete mai di farlo. Arricchisce ed un’altra fonte di benzina per il vostro cervello.Un po’ meno bene sul fronte serie TV e Cinema. Qui complice il poco tempo a disposizione ho ridotto drasticamente, o quasi, rispetto all’anno passato. Scendendo di un centinaio di ore. Su Trakt.tv c’è tutto il mio storico.

Wolfenstein II: The New Colossus — La recensione

Follia, spettacolarizzazione, violenza gratuita, quel non so che di tamarro. Vi ricorda qualcosa?Beh, si potrebbe dire che i vari capitoli della serie Wolfenstein abbiano ognuno di questi ingredienti all’interno del composto di base, amalgamati a dovere certo, ma probabilmente noiosi alla lunga.E invece no. Bethesda, scommettendo nuovamente sullo studio di sviluppo MachineGames, ha ribadito ancora una volta che l’ultra-violenzapuò benissimo essere accompagnata da una trama ben scritta, una regia tremendamente appassionante, ma soprattutto un contorno di armi, potenziamenti e modalità di approccio al gioco in grado di portare l’asticella del livello ancora più in alto di prima. Ti presento quindi Wolfenstein II: The New Colossus![embed]https://youtu.be/E\_IdyUSR648\[/embed\]La storia riprende da dove l’avevamo lasciata con The New Order qualche anno fa. E fin da subito ci si pone davanti la medesima scelta fatta nel precedente capitolo: salvare Wyatt o Fergus?La decisione presa influenzerà l’andamento della storia, e garantirà longevità al titolo perché -se giocato da zero con la scelta opposta- ci permetterà di assistere a cut-scene e sottomissioni differenti, sbloccando inoltre un’arma diversa. Se si sceglie Fergus, avremo a disposizione il Laserkraftwerk, ma nel caso opposto potremo contare sul Dieselkraftwerk, che non mira tanto a vaporizzare i nazisti con precisione, bensì per combustione: con le sue cariche piene di combustibile detonabili a distanza, è possibile far cadere i nazisti in ben pensate trappole, o potrai più semplicemente scegliere di attaccare loro addosso una carica da far saltare a comando.William Joseph Blazkowicz, dicevamo, si risveglia proprio nel medesimo punto dove si interruppe The New Order. Malconcio e malandato, si trascina appena, e dopo un periodo di coma riesce a risvegliarsi e riprendere possesso delle sua vita lentamente, con l’aiuto di una sedie a rotelle. Ciò non gli impedisce però di accelerare i tempi e procedere fucile alla mano, a caccia di nazisti capitanati dalla terribile Frau Engel, tornata a riprendersi il sottomarino sottratto nel precedente capitolo.[embed]https://youtu.be/cL7ZGkSyI3M\[/embed\]Blazko è fisicamente provato e soltanto l’armatura Da’at Yichud (anch’essa scoperta nel capitolo precedente) sarà capace di rimetterlo in piedi. Per buona parte della campagna la salute non supererà stabilmente il 50%. Certo, aumenterà esponenzialmente man mano che si raccoglieranno i vari medikit, per poi ritornare al 50% con un perfido countdown segnato dai secondi che passano.[embed]https://youtu.be/YF04eQKI6Ko\[/embed\]L’altra introduzione a livello di gameplay abbastanza incisiva è stata quella di non farci mai sentire al sicuro. I nemici nazisti saranno pronti a colpirci alle spalle e arriveranno davvero da ogni direzione, anche e soprattutto quella che avevamo valutato come la più comoda. L’introduzione dei generali nazisti in grado di dare l’allarme non appena percepiscono la nostra presenza è un espediente che ci farà approcciare un po’ diversamente il titolo rispetto al passato, sfruttando tattiche stealth che celeranno la nostra presenza quanto più possibile (almeno fino a quando sarà necessario dare inizio alla festa). Quindi, se pensate di poter giocare The New Colossuscon la furia omicida e imbracciando il fucile come fosse una naturale estensione del vostro corpo, accomodatevi pure, ma tenete a mente che potrete morire molto più spesso rispetto a quanto pensate di essere abituati.Del precedente titolo restano disponibili anche la caccia ai tesori e ai codici Enigma, con i quali ci potremo cimentare in mini-game. La base sottomarina, inoltre, è esplorabile in lungo e in largo, e dovremo stanare altri oggetti sparsi grazie ai quali sbloccheremo ulteriori attività da compiere. Stessa meccanica per sbloccare ulteriori caratteristiche di Blazko. Per ogni tipologia di uccisione (colpo alla testa, di precisione, con una bomba, etc. etc.) verrà assegnato un punteggio che a raggiungimento del target sbloccherà questi talenti per il nostro personaggio.[embed]https://youtu.be/9IZkrfLbMi4\[/embed\]MachineGames ha però voluto aggiungere un ulteriore layer, e ad un certo punto della campagna ci viene offerto di scegliere tra tre differenti potenziamenti. Ovvero far diventare Blazkowicz un novello trattore in grado di asfaltare tutto e distruggere pareti a suon di spallate, oppure farci piccoli piccoli per strisciare in ogni cunicolo del gioco e segare le caviglie ai nostri nemici o, infine, diventare degli acrobati salterinigrazie ad un sistema di trampoli.La bellezza di questo nuovo capitolo risiede non soltanto in un gameplay vario e appagante sia dal punto di vista tattico che stilistico (per non menzionare i tanti film da cui prende ispirazione), ma anche in una colonna sonora spaventosa e un doppiaggio in italiano molto curato e definito, soprattutto nelle scene introspettive dove il protagonista filosofeggia su quanto gli sta accadendo e su un passato che ormai non c’è più. Ultima menzione alle location, non solo lasceremo la Germania nazista, ma approderemo in New Mexico e a Manhattan, in un’America controllata dalle forze nemiche con un chiamo richiamo a una famosa serie ora in onda su Amazon Prime.[embed]https://youtu.be/7HFslZTxIiw\[/embed\]**Inutile consigliare l’acquisto se siete dei fanatici di FPS, la campagna non sarà lunghissima e benché non vi sia una sezione dedicata al multiplayer, la longevità è garantita dai due plot differenti e dai parecchi livelli di difficoltà tra i quali scegliere. Abbiamo testato il gioco su una Xbox One X**, si è comportato egregiamente con i suoi 60 fps perdendo raramente di fluidità. Non vi resta che imbracciare il fucile, o anzi due se preferite, e spianarvi la strada verso la riconquista della libertà.

Ofo

Come speravo, dopo la prova fatta con Mobike, ieri sono riuscito a trovare una bici ofo nei paraggi dell’ufficio.Ofo è un servizio, anch’esso cinese, totalmente similare a Mobike di bike sharing in free floating. Le biciclette sono facilmente riconoscibili dal loro spiccato giallo canarino. Il funzionamento è pressoché identico al diretto competitor.

La sostanziale differenza con il precedente servizio, e che forse potrebbe premiarlo alla lunga è la dotazione di un cambio Shimano a tre rapporti, oramai spesso presente in tante bici da città, che consente di ovviare a quanto dicevo per Mobike Ovvero passare agevolmente da una pedalata più morbida ad una più dura e sostanziosa per quando il fondo stradale lo consente.Le maglie del cestino risultano essere leggermente più strette, in modo da consentire un trasporto già più agevole di beni poco stabili.

Punto a sfavore forse la capillarità. “Solo” 4.000 in tutta Milano. Nonostante sia stato piuttosto fortunato a trovarne una disponibile appena uscito dall’ufficio, all’uscita dall’ambulatorio non lo sono stato altrettanto. Da corso Buenos Aires avrei dovuto camminare qualche centinaio di metro per trovarne un’altra, mentre Mobike mi offriva un paio di mezzi a pochi passi.Al momento di rilasciare la bici ho notato che non è avvenuta alcuna transazione, ho poi scoperto che ofo dovrebbe rimanere gratuito fino alla fine di ottobre. A differenza di Mobike che ha svelato il suo listino prezzi, 30 centesimi ogni mezz’ora per poi salire a 50, ofo ancora non ha dichiarato quanto costerà il servizio.A livello di design e maneggevolezza a me ha impressionato molto Mobike, sembra più pratica da affrontare. Tuttavia ofo vince sicuramente la battaglia del comfort tra le due.

Mobike

Finalmente ho provato Mobike. Io ragazzo di campagna abituato alla bici in spazi aperti e tranquilli, che viene in città solo per esigenze lavorative.Per necessità di salute per alcuni giorni dovrò percorrere alcune volte il tratto tra Viale Pasubio e Corso Buenos Aires, un tratto di un paio di km nel cuore di Milano.Le opzioni disponibili per percorrere questo tratto di strada sarebbero disparate: metro, tram, bus, BikeMI, Mobike, ofo, taxi, car sharing di varia natura. Ma incuriosito dalla novità ho deciso di scaricare l’app Mobike e provare a fare questo tragitto in bici.

Praticità

Tra tutti i servizi elencati prima mobike risulta essere sicuramente quello più economico e più facilmente accessibile. Ho pagato 0.20 centesimi nel tragitto di andata per 2.2 km, mentre ne ho pagati 0.15 prendendo qualche scorciatoia al ritorno.Più facilmente accessibile in quanto ho trovato una bici immediatamente sotto l’ufficio e tra l’individuarla e salire in sella saranno passati poco meno di 4 minuti. In totale 17 min.Calcolando lo stesso tragitto con altri mezzi di trasporto, inclusi gli spostamenti per raggiungerli, avrei impiegato molto, molto più tempo.

La bici