Quanto è difficile parlare di Digital Media in Italia

Non me ne vogliano gli organizzatori del Gruppo 24 Ore. Lungi da me criticare l’organizzazione dell’evento di oggi: Forum Digital Media. Sono tornato a casa, però, con un pensiero fisso in testa.Quanto è difficile parlare di Digital Media in Italia, oggi.Sicuramente il palinsesto di ospiti e le tracce degli argomenti hanno stimolato la mia iscrizione, ben convinto di trovare qualcosa di interessante da portarmi via come bagaglio una volta terminati i lavori. Anche perchè la descrizione sul sito suonava come focalizzata sull’attualità dei Social Network:

L’ evento interattivo e multimediale che connette la comunità dei partecipanti in sala con la comunità digitale.

Il forum, organizzato in collaborazione con IlSole24Ore.com, approfondirà le tematiche più attuali legate all’universo digitale. Dai principali Social Network (Facebook, Twitter e LinkedIn) sarà possibile intervenire prima e durante le sessioni dell’evento.

Peccato. Come accadde l’anno scorso al Forum della Comunicazione Digitale, anche oggi ho visto molto fumo e poco arrosto.Domitilla mi chiedeva un breve sunto su quanto ascoltato. Qualche appunto sparso tra critiche e poche buone cose:

  • Impensabile che in un evento di Digital Media non ci sia una connessione Wi-Fi libera, tanto più nella sede del principale quotidiano economico italiano
  • Ad un evento che promette di parlare di Social Network, ci sono relatori che non hanno un account Twitter e chi ce l’ha non lo aggiorna da molto
  • Era necessario un monologo sul Cloud Computing e su come sarà la tecnologia su cui si dovrà puntare nei prossimi anni? (da quanti altrettanti lo si sta già dicendo, tra l’altro?)
  • La stragrande maggioranza degli interventi, invece di restare in-topic parlando di novità, di esempi pratici e quanto faranno in quest’area di comunicazione digitale, si sono focalizzati su quanti Fan hanno le loro pagine di Facebook, su quanti potenziali “clienti” sono in grado di raggiungere, facendomi capire quanta poca comprensione c’è ancora della connessione tra un “Like”, la risposta degli utenti di quella pagina e la conseguente creazione del valore.
  • Pepe Möder illuminante come sempre. Peccato il suo intervento sia durato davvero pochissimo
  • Completa assenza di interazione con l’audience in platea. C’è stato solo qualche intermezzo del buon Luca Conti durante la mattinata che ha fatto vedere 4 schermate di Twitter
  • Interessante la tavola rotonda su Entertainment e cross medialità. I principali attori della televisione italiana hanno svelato alla platea le magie dei Social Network per aggregare persone che amano discutere del programma preferito mentre lo stanno guardando. Cose già sentite, ma perlomeno dette con cognizione di causa. Piacevolissimo l’intervento di Francesca Folda di Sky.it
  • Nel pomeriggio c’è stato il momento Carosello con un bel po’ di pubblicità gratuita da parte di RIM (Blackberry) e Asus che ci hanno deliziato con le prossime novità in uscita, nemmeno fossimo in una puntata di Net Cafè con approfondimento di Gigi. Vedi a far parlare gli sponsor del proprio evento…
  • La parte che ha salvato l’incontro è stata l’ultima tavola rotonda su Pubblicità e Branding in Internet. L’annuncio di 12 milioni di utenti attivi su Facebook in Italia ogni giorno ha svegliato un po’ tutti e finalmente abbiamo sentito un dibattito acceso sul ruolo della pubblicità su Internet

Vuoi che sia stata la prima edizione, vuoi che siano state messe sul tavolo argomentazioni lontane da quello che accade per davvero nei Social Media, sebbene molto vicine dal punto di vista del paradigma (Pubblicità, cross-medialità, marketing), la percezione è stata di ascoltare il solito lamento di chi ha capito le potenzialità del mezzo ma non sa come approcciarlo ancora bene.Da un Forum sui Digital Media vorrei poter ascoltare chi nei Social Media ci vive, ci passa tutta la giornata, ci mette la faccia, si inventa qualcosa di sensazionale, ha coraggio di sperimentare qualcosa di mai visto prima.Ma questa è l’Italia ed è forse troppo presto per vedere tutto ciò, ma questa è l’Italia che crede ancora che sia il contenuto ad essere “King”. Mentre quest’Italia di comunicatori spero inizi a rendersi conto che il vero Re siamo noi, chi i contenuti li crea e li fruisce.Speriamo nell’edizione del prossimo anno.

Rdio. La Musica si evolve

Circa un anno fa ho sottoscritto un abbonamento a pagamento con Grooveshark. Come scrissi già in quel post, penso che oramai la giusta direzione per l’ascolto di musica sia quello dei servizi streaming online. In parole povere, dietro il pagamento di una tariffa flat mensile/annuale, si ha accesso illimitato a qualsiasi brano musicale avendo una disposizione una connesione alla Rete.E’ un buon compromesso per chi non è più disposto ad accettare gli elevati costi dei supporti fisici, ma che dall’altro lato ha la consapevolezza che non avrà mai il possesso dei file che stanno ascoltando, godendo però di un accesso illimitato potenzialmente a tutta la musica del mondo (via browser, applicazioni desktop, applicazioni mobili).Vista la scadenza ormai prossima del mio account premium su Grooveshark, ho deciso di puntare gli occhi altrove. Purtroppo non esistono altri servizi simili disponibili in Italia. Di fatti Pandora, Rhapsody, Spotify, MOG e compagnia cantante non sono fruibili in Italia per questioni legate agli accordi con le case discografiche, così come dettagli legati alla protezione del copyright. Qualcuno ha trovato il modo di utilizzarli impostando semplicemente un indirizzo IP anonimo in modo che il browser utilizzato non comprenda il Paese dal quale proveniamo.Da questa piccola lista manca Rdio. Del tutto simile agli altri, ma che a differenza di quest’ultimi non legge l’IP del browser bensì la nazionalità di provenienza del proprio account. Benché sia ufficialmente disponibile solo negli Stati Uniti e in Canada, come è facile pensare, il limite imposto è aggirabile con una piccola bugia. Ne vale la pena.L’accesso non è gratuito, ma prevede due modalità di pagamento. La prima solo con un accesso Web a 5 dollarial mese, la seconda a 10 dollari al mese, ma prevede anche l’accesso via applicazione mobile (Android, Blackberry, iOS o Windows Phone 7) e la completa sincronizzazione nel caso si voglia ascoltare la musica sul telefonino anche quando non c’è campo. Ho sottoscritto il secondo abbonamento, avendo anche un account iTunes americano dal quale scaricare l’App.Sto testando Rdio da due giorni. Il catalogo da cui scegliere è vastissimo, oltre 7 milioni di brani. A differenza di Grooveshark qui gli utenti non possono caricare le proprie canzoni, ma sono “costretti” a scegliere tra quelle proposte conseguenti dagli accordi presi con le principali major ( una lista qui). Fino ad ora ho trovato tutto quello che mi interessava, tranne AC/DC, The Beatles e Led Zeppelin, ma molto probabilmente per questioni legate alle rispettive etichette, spero in arrivo molto presto.Ci sono due applicazioni desktop disponibili. Una nativa per Mac, e una per Windows che richiede Adobe Air. Entrambe hanno la fantastica opzione di poter sincronizzare la propria libreria di iTunes con l’account di Rdio. No, non verrà caricato nessun file Mp3, ma verranno sincronizzati i nomi dei brani e degli artisti in modo da poter ricostruire la medesima libreria che abbiamo sui nostri computer anche online. Sempre accessibile ovunque.Benché come detto prima non vi sia la possibilità di caricare canzoni indisponibili sul catalogo, Rdio è davvero molto attiva sui propri canali Social (Account Twitter ufficiale, account Twitter per il supporto, Blog) e chiede sempre attraverso un apposito form quali nuovi artisti si vorrà vedere aggiunti in futuro.Uno degli aspetti più interessanti delle piattaforme streaming di musica è il poter scoprire novità legate ai nostri gusti e preferenze musicali. Rdio dà differenti opzioni sotto questo punto di vista agli utenti. Una volta composta la nostra libreria siamo condotti alla scoperta di nuovi artisti attraverso la sezione “ Reccomendations “Confesso di aver scoperto in poche ore almeno una decina di artisti sconosciuti, sotto questo aspetto Rdio si rivela ancora una volta molto più attiva rispetto a Grooveshark. Un’ultima osservazione va fatta su una caratteristica chiave. La socialità di Rdio.Oltre a dare la possibilità, come fanno i competitor, di condividere quello che si sta ascoltando con uno status su Facebook o Twitter, Rdio permette ai propri utenti di interagire tra di loro, seguendo quelli più attivi o gli influencers, aprendo così un’infinità di rivoli alla caccia di qualcosa mai ascoltato prima. Inoltre, possono collaborare tra di loro creando delle Playlist accessibili a tutti, come la classifica settimanale di Billboard o le migliori canzoni Rock di tutti i tempi.Testerò Rdio per qualche mese ancora, mi interessa capire se è un’azienda che si interessa davvero alle richieste degli utenti e ha voglia di cambiare seriamente il modo di fruire musica sia che avvenga tra le mura domestiche sia on-the-go. Fino ad ora pare ci stia riuscendo, perché replica l’esperienza a cui ci ha abituato iTunes nel corso degli anni, sia perché potrebbe essere un ottimo risvolto per quanto riguarda la lotta alla pirateria.Senza dimenticare un aspetto cruciale. Skype è uno degli investitori di Rdio, creato infatti da uno dei fondatori della piattaforma di messaggistica. Beh il resto è storia.

Fratelli d’Italia

Alla Cantina della Vetra

Il locale e il ciboIl locale ricorda le tipiche locande delle provincie lombarde. Arredamento di legno, tovaglie a scacchi e vecchie bottiglie di Champagne usate come porta candele per creare un’atmosfera più intima. Il colpo d’occhio non lo suggerisce, i tavoli sono infatti molto vicini tra loro. Tuttavia, si riesce a conversare tranquillamente senza subire il cicaleccio dei commensali adiacenti.Il menu non è molto ampio, ma ben fornito. Dai 6 agli 8 piatti per ogni entrata che spaziano tra alcune delle ricette più tipiche della Penisola. Scelta che condivido e personalmente preferisco.Il servizio è rapidissimo, non abbiamo atteso più di 10/15 minuti per piatto. Ingredienti freschi e ricette preparate al momento, delicate e con porzioni non eccessivamente abbondanti per l’elaborazione del piatto.Consigliati:

  • Tortelli valtellinesi al casera, erbette e patate di montagna
  • Fusilli con caponata siciliana di melanzane, caciocavallo e pinoli

I prezzi sono pressoché fissi per ogni portata, variano sensibilmente solo per le pietanze, comunque accessibili e onesti. Solo i dolci e la carta dei vini mi sono parse allineate un po’ di più verso l’alto rispetto alla media.Complessivamente un’esperienza positiva che consiglio di provare. L’attesa iniziale è stata ben compensata dalla rapidità del servizio e dalla qualità del cibo. Se capitate in zona fateci un salto, ma ricordatevi di prenotare.Cantina della Vetra

Dis-Like

E’ dura ritrovare una fotocopia della vita reale sulla Rete. Se ne trovano spunti, stralci fatti di immagini, video, racconti.Gran parte di questo compito è oggi assolto da Facebook, che è in grado mettere insieme tutto questo e renderlo condivisibile alla massa. Ma per quanto ci si possa sforzare non è che una mera imitazione.Nel mondo reale non tutto ci piace, non tutto è “Likable”. Nel mondo reale le mode, seppur di grande impatto, non vengono seguite mai con leggerezza. Ed è in parte un limite dei Social Network, Facebook su tutti, quello di rendere sempre tutto effimero, leggero, facilone.Quanti sono i contenuti veri e seri che avvengono su Facebook? Quanti quelli non-sense e superficiali? 20% vs. 80%?Facebook è bloccato in un limbo dove tutto è bello, dove tutto deve essere condiviso, ma allo stesso modo deve essere piaciutoper forza e comunque. Evitate questo passaggio e gran parte delle interazioni non avverranno (senza Like non si accede a tante applicazioni) e i numeri non arrivano (Non c’è niente di più sbagliato per un’azienda basarsi soltanto sul numero di Like ricevuti nella propria pagina).Disturba l’assenza di un contrappeso forte, ma giusto, come un bottone Dislike. Tutti diventiamo cattivi, tutti ci arrabbiamo e a tutti dovrà pur non piacere qualcosa. Il salto in avanti che ne deriverebbe penso porterebbe Facebook ad essere uno strumento maturo e, se non a dare a un Social Network le sembianze di realtà, quanto meno a darle le sue parvenze denotative. Bene e male, bello e brutto, buono e cattivo.Ecco perché alla lunga Facebook stanca e annoia, un rotolante concatenamento di link condivisi e di bottoni-con-il-pollice-alzato il più delle volte premuti senza cognizione di causa. E la risposta e le alternative non possono essere il sicuro rifugio della chat, dei giochi, dei check-in o della messaggistica.C’è bisogno di una scossa forte, e penso Facebook lo sappia. Se sarà un bottone o qualcosa di diverso poco importa, quello che è certo è che se non ci si pensa, ci ritroveremo tra qualche mese a fare e rifare sempre le stesse cose.

Insanity: doing the same thing over and over again and expecting different results (Albert Einstein)

Ristorante Macelleria Motta

Rubo un po’ la scena, per un post insolito in questi lidi, alla brava Forchetta. Ieri sera ho mangiato al Ristorante Macelleria Motta. Aperto da tre giorni, questo delizioso locale è lo spin-off della famosa Macelleria Motta di Inzago (MI) che, come si può vedere, è piuttosto famosa nel nord Italia grazie ad una pregiata selezione di carni doc piemontesi.

Selezione che viene riportata fedelmente nel neo ristorante, e che si tratti di un tempio della carne lo si nota subito sin dall’ingresso. Ad accogliere i clienti all’entrata una cella frigorifera a vista, un saggio anticipo di quello che li aspetterà da lì a poco.Nel menù viene dato ampio spazio ad antipasti e secondi, tutti ovviamente a base di finissima carne piemontese di prima scelta, mentre i primi, solo tre, vengono lasciati per i più forti di stomaco.Io, tra questi, mi sono lasciato tentare dal risotto al vino rosso e pasta di salame. Come secondo un filetto al sale con patate al forno. Tutto qui?Difficilmente parlo di questioni personali qui, ma è doveroso citare papà, Chef e Food and Beverage Manager all’anagrafe che quando si è in questo tipo di locali si sente a casa.Nell’attesa del primo abbiamo avuto il piacere di conversare con Sergio Motta, il proprietario, che con ottima presenza scenica ha scambiato qualche battuta col mio vecchio e ci ha deliziato con lardo, carne cruda, paté e salame nostrano. Impossibile trattenerlo dall’immortalarlo nella sopracitata cella frigorifera.I piatti sono ottimi e abbondanti, e la nuova apertura perdona i tempi di attesa leggermente allungati. Sicuramente una tappa obbligata per insaziabili carnivori.

Inception

Non avevo pianificato di andare a vedere Inception, nemmeno mi ero informato sul suo contenuto. Mi incuriosivano le parole sentite durante il trailer radiofonico ed ascoltato distrattamente. Sogni.Ieri subito dopo il film ho Twittato così: Torno da Inception. La trottola è in effetti l’oggetto chiave che mancava in The Matrix.

Se lo avete visto non provate a raccontarlo, se non ancora, non provate a farvelo raccontare. L’unica è vederlo. Per capirlo e per farsi un’idea propria. In rete ce ne sono diverse.Tutte valide e plausibili. Sta di fatto che non è possibile non associare i due film, sia per il narrato, sia per le scene filmate. L’addormentarsi per affrontare una realtà altra, mondi che non si piegano alle leggi della fisica, ma della fantasia, la sensazione di non sapere mai cosa è vero e cosa non lo è.Ma mentre la trilogia ha dietro di se una filosofia annunciata e quasi esplicita, Inception sembra dare per scontato gli avvenimenti che si susseguono.Le ispirazioni che Nolan può aver trovato sono del tutto soggettive. Ad esempio nel quarto livello io ci ho visto Shadow Moses di Metal Gear Solid, mentre quando Cobb pronuncia:

They say we only use a fraction of our brain’s true potential.

Ho pensato subito a una dovuta citazione a Ken il Guerriero.Non è un capolavoro, di certo è un film che mette davanti una scelta. O è una cagata colossale, o stiamo vivendo tutti in un sogno collettivo?Per chi lo ha visto, ho notato un’incongruenza. Perchè nel terzo e nel quarto livello i corpi dei protagonisti non rispettano i movimenti che avvengono nei livelli precedenti come avviene nel primo e nel secondo? Una disattenzione pacchiana o c’è un motivo?

Una coda lunga di paglia

La coda lunga del resto è sempre esistita. Non serviva certo Internet per scoprirla. E il buon Chris Anderson è solo servito per darle un nome.

Se andavi da Ricordi a Milano, in un sabato pomeriggio qualsiasi fine anni ’90, trovavi gruppetti sparsi qua a sbavare sulla copertina di qualche gruppo metal svedese o su quella di un cantante rap melodico thailandese, mentre la massa critica stava alla cassa con in mano il CD del Festivalbar.Seth Godin riesce in poche righe a definire perfettamente quanto già espresso un paio di anni fa da Massimo qui. Long live the long tail!

There are millions of songs on iTunes that have sold zero copies. Millions of blog posts that get zero visitors each day.

The long tail is real… given the ability, people create more variety. Given the choice, people seek out what’s just right for them to consume. But, and there’s a big but, there’s no guarantee that the ends of the long tail start producing revenue or traffic. And a million times zero is still zero.

Sometimes, the best strategy isn’t to to head farther and farther out on the tail. No, you don’t have to make average stuff for average people. But it also doesn’t pay to brainwash yourself into believing that super-extreme is the same as profitable.

YO! Frank, il DJ che non ti aspetti

Frank è da questa estate uno speaker di Radio Deejay, ci è arrivato lottando e con quel pizzico di fortuna che non guasta mai. Probabilmente lo avrete sentito in diretta la domenica pomeriggio. Come faccio già da un po’ gli ho chiesto di scambiarci due battute:

Allora, eccoci, ora il percorso è compiuto. Sei un deejay radiofonico in carne ed ossa, di una delle più importanti emittenti italiane. Come ci si sente a parlare alla nazione?Frank: Ciao a tutti e grazie Andrea per avermi coinvolto in questo scambio di battute, mi fa davvero molto piacere :) Non mi perdo in troppe chiacchiere e passo subito alle risposte Sembrerà strano, ma il clima sereno, la bella gente e la cordialità che si respira in quel di via Massena sono tali da permetterti di andare in onda come se fossi nello studio di casa a parlare con degli amici. Davvero, l’ultima preoccupazione che hai è: “oddio sto parlando a tutta Italia”. In fondo è la bellezza della radio.Questo è il sogno che hai da sempre coltivato e cercato con tutte le forze. Ora che ci sei, raccontaci il tuo percorso, quale sacrifici hai dovuto fare?Frank: Spesso quando si osserva personaggi più o meno noti del panorama artistico italiano e ne si valuta la loro importanza, lo si fa invidiando i loro compensi, ma non ho mai sentito nessuno (probabilmente mi sbaglio) mettere in evidenza i sacrifici o le rinunce che alcune di queste persone hanno dovuto affrontare per “arrivare proprio li”. Solitamente sono anche i più meritevoli. E’ ovvio che non è il mio caso, e sarei ridicolo con il mio misero background alle spalle ad affermare che sono giunto alla realizzazione di chissà quale progetto. Però quando si inizia e si punta al top (da sempre, chi mi conosce lo sa, ho voluto lavorare a Deejay) sono in tanti a dirti che sei un sognatore, che devi lasciar perdere, che in pochi riescono e che se non hai raccomandazioni non riesci ad entrare in certi ambienti. Questa continua iniezione di sfiducia non è facile da sopportare, soprattutto quando ti arriva da persone a cui tieni particolarmente. Riuscirci è davvero una bella rivincita. Anche se è banale dirlo, sono la costanza e la perseveranza che ti permettono di non mollare. Non so in quanti avrebbero avuto voglia di mettersi in gioco avviando una web radio che avesse come unico scopo quello di promuovere la musica creative-commons (quindi sconosciuta), dopo aver inviato demo e innumerevoli mail a tutti i network prima nazionali, poi regionali ed infine locali (si parte sempre con tanta energia ed un pizzico di ottimismo/presunzione) senza ricevere risposta alcuna. Prima di partire con Radiopodcast appunto, ho passato circa quattro anni nella speranza di poter lavorare in una qualsiasi radio, e quando dico qualsiasi intendo anche quelle che si ascoltano nei paesino di provincia da mille abitanti, ma delle volte il destino o il fato o chiamatelo come volete si diverte a gestire in maniera diversa quello che in fondo al cuore abbiamo sempre desiderato, e quindi il percorso è stato diverso.E’ arrivata Current Radio da settembre a dicembre del 2008, davvero un’esperienza che mi ha fortemente formato. Facevo tutto da solo: preparavo il programma, ero la mia regia audio, regia video sul web, preparavo scalette musicali, contattavo gli ospiti e andavo in onda sia in rete che in brevi collegamenti televisivi dalle 17 alle 24 dal lunedì al venerdì. Otto ore. Indimenticabile. Mantenere i rapporti con amici e persone care in quel periodo è stata veramente dura. Ancor di più quando da gennaio dell’anno successivo mi son ritrovato a spasso. Ma anche in quel momento, anziché mollare, ho iniziato a pensare qualcosa che potesse andare in video ed ho realizzato Ego, il primo videopodcast “inutile” come mi piace definirlo, perché fondamentalmente parlava del sottoscritto, quindi nulla di particolarmente interessante! E poi mamma Deejay, finalmente qualcuno, e non uno qualsiasi, ma il direttore della radio più ascoltata in Italia, si era accorto di me.Come stanno andando questi primi giorni di diretta?Frank: Sono in onda tutte le domeniche dalle 14.00 su Deejay, e dopo il mese di agosto in cui sono stato in diretta con gli altri miei cinque amici/compagni di avventura, si è creata subito una bella sintonia con Sarah Jane, in onda con me sino alle 16.00, ed anche con Laura G. tra le 16.00 e le 17.00. Mi diverto molto, soprattutto con Sarah con cui nelle prime due ore dalle 14.00 alle 16.00 ne facciamo veramente di ogni, e finalmente mi sento al posto giusto al momento giusto.Cosa pensi ti riserverà il futuro?Frank: Per ora sarò in onda sino a giugno, poi chissà. Mai porre limiti alla provvidenza.Qualche insight, come è lavorare con Linus?E’ un papà. Sin dal primo momento con me è stato premuroso e gentile, di un’umiltà che non ti aspetteresti affatto da un personaggio con la sua esperienza e con i suoi trascorsi. E poi è un continuo dispensare consigli, e questo lo rende davvero unico.—Se vuoi continuare a seguirlo trovi Frank su Twitter

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