Somerville

Attendevo Somerville da quando fece la sua apparizione all’E3 2021 con un trailer mozzafiato e in grado di suscitare potenti emozioni nostalgiche tra gli orfani dello stile di INSIDE e LIMBO. L’inconfondibile tratto del producer Dino Patti, ora co-fondatore del nuovo studio Jumship.

Sparito dai radar per molti mesi, è riapparso magicamente nel mio quando lo vedo tra i titoli, addirittura, disponibile per Xbox Game Pass. Un’attesa ricompensata con un altro gioco completato nella sua interezza, proprio come avevo fatto come i due sopra menzionati, ma che mi ha lasciato un retrogusto di vuoto e di aver perso forse il mio tempo.

Iniziamo col dire quello che Somerville è: un gioco adventure, per larga parte, che lascia spazio ogni tanto a delle meccaniche platform con annessi semplici mini enigmi da risolvere. Dura circa 3 ore e consta di 4 finali differenti un po’ complessi da scoprire, ma, per i maniaci del completismo, con qualche guida online si arriva a riscattare tutti i trofei.

Non ci sono mai dialoghi, tutto è lasciato al sotto inteso e alle emozioni espresse tramite pochi versi eloquenti o gesti altrettanto esplicativi, come un bacio o un abbraccio. In fin dei conti mi sono portato a casa questo, Somerville è un gioco sulle emozioni, sul decidere cosa fare della propria vita con il tempo che ci viene concesso dove il più delle volte si scommette su amore e famiglia.

In un’ambientazione fin troppo famigliare al film “La Guerra dei Mondi” (tanto che c’è anche un obiettivo con questo nome), ci troviamo a vestire i panni di un padre il cui scopo diventa ritrovare i suoi cari dopo che un’apparente serata tranquilla viene squarciata da un’invasione aliena inattesa. Il contatto con un’entità extra terrestre, ormai morente per lo schianto nello scantinato di casa, darà il via alla nostra avventura. Nei vari livelli a scorrimento orizzontale o verticale, a seconda dell’occasione, scopriremo di possedere il potere di piegare a nostro piacimento, attraverso l’utilizzo di qualsiasi fonte di luce artificiale (un palo, un giocattolo o un fumogeno), della strana materia aliena poligonale, aprendoci così varchi liquefacendola o, costruendo dei passaggi, solidificandola.

E qui sono arrivati i primi dubbi. Cosa mi vuole comunicare il gioco? Il nostro protagonista è diventato improvvisamente un super eroe grazie a questi poteri? Come si pone rispetto agli altri terrestri sopravvissuti e alle entità aliene?

Somerville è un viaggio verso la liberazione di se stessi, dell’umanità, ma soprattutto della propria famiglia. I 4 finali ci consentono di scegliere una delle tre direzioni precedenti oppure restare inermi ad assistere alla fine di tutto.

Purtroppo una narrazione che sarebbe potuta essere esaltata da queste premesse, finisce per essere un puro esercizio di stile estetico e di meccaniche purtroppo già viste sia in LIMBO che in INSIDE. Non vengono nemmeno trattate tematiche potenti al punto tale da farci scordare questa scarsità di innovazione.

Di queste poche ore spese a salvare il salvabile dell’umanità mi restano un paio di brani particolarmente azzeccati in introduzione e al termine dell’avventura, e un finale giocato su luci e ombre, il tema ricorrente del gioco. Male alcune parti in cui il personaggio si incastra tra pareti e oggetti con il conseguente e necessario riavvio del checkpoint, quasi come se il gioco non fosse finito i testato le ore sufficienti.

Personalmente mi sento nel mezzo tra il parere di Marco e Francesco e quello delle parole di giopep. Ne carne ne pesce, merita se volete giocarvi qualcosa da uno stile particolarmente riconoscibile, ma che nulla ha da dire alla storia dei videogiochi.

★★☆☆

Addio Google Stadia. Ti ho voluto bene.

Tutto mi sarei aspettato oggi fuorché la notizia della chiusura definitiva di Google Stadia.

Sono triste, devo ammetterlo. Benché i segnali di un imminente decesso fossero ormai chiari da tempo non pensavo sarebbe finita così presto e in questo modo.

Sono founder member di Stadia e fin dal giorno di lancio nel 2019 sottoscrittore dell’abbonamento Pro. Sì, mi la promessa di un futuro senza console mi aveva catturato, un pensiero diverso finalmente in un mercato che proprio in quel momento accingeva a vedere la luce di due nuove console dal design enorme. E reputo la tecnologia dietro Google Stadia ancora oggi senza pari nel panorama del Gaming in streaming, senza dubbio. Eppure scelte strategiche poco comprensibili, la stessa Google poco dedita a sviluppare il brand Stadia fin da subito, hanno decretato la prematura fine di un servizio che avrebbe potuto contare, e non poco, da qui a qualche anno.

Discutibile tra l’altro la scelta di affidare questa notizia soltanto al blog ufficiale è nemmeno a un’email ufficiale. Consolatorio quantomeno la decisione di dar fondo alle proprie finanze e rimborsare tutti (sì tutti) gli acquisti fatti in piattaforma così come l’hardware annesso acquistato, come i controller e il Chromecast Ultra. Certo, gli utenti Stadia non sono molti per loro fortuna, ma sarà un bel bagno di sangue per Google.

Penso reinvestirò la cifra di tre controller e due Chromecast più un paio di giochi acquistati in un bel Steam Deck, la sola alternativa al momento per giocare a tutto, ora che sono rimasto orfano di una piattaforma on the go, visto i miei imminenti viaggi in arrivo.

Certo, xCloud e la connessione da remoto alla mia Xbox Series X di casa in combinata con il rinnovato PlayStation Plus e le nuove funzionalità di streaming mi permetterebbero di fare altrettanto, ma ecco ci vedo ancora troppe difficoltà nel far funzionare il tutto senza troppi sbattimenti e da pigro come sono Stadia rispondeva perfettamente a questo bisogno. Aprivi un browser su un device qualsiasi, login e si giocava.

Stadia morirà ufficialmente il 18 gennaio 2023. Se volete saperne di più circa i rimborsi, qui ci sono tutte le informazioni necessarie.

Stray

Non amo per nulla i gatti. Non ne sono impaurito, ma sicuramente mi lasciano parecchio diffidente. Io non mi avvicino a loro e loro non si avvicinano a me. Un patto non scritto. Sicuramente sono più una persona canina.

Tuttavia, grazie al nuovo abbonamento PlayStation Plus Premium sottoscritto (poi magari più avanti dedico un post ad hoc a questo argomento) ieri ho iniziato a giocare Stray gratuitamente.

Stray è un’avventura felina nel vero senso del termine. Controlliamo di un gatto randagio arancione che con il suo gruppo di amici fanno parkour all’interno di un’ambientazione post apocalittica dominata solo dalla vegetazione. Dopo pochi minuti di intro il nostro precario equilibrio ci fa cadere in un mondo completamente diverso.

Città Morta

Piombiamo in una città chiusa al mondo esterno e abitata soltanto da robot umanoidi impauriti da quella creatura pelosa mai vista prima e appena entrata nel loro mondo. Ma saranno proprio i robot ad aiutarci nell’impresa di risalire verso l’Oltre e ritornare al mondo esterno inabitato ormai da secoli. A bloccare il nostro cammino però i temibili Zurk, piccole creature simili a topi assetati di linfa vitale da cui dobbiamo cercare di sfuggire per non vedere la nostra vita risucchiata.

Città Morta trasuda Love, Death & Robots da tutti i pori e la sua decadenza traspare perfettamente da una magistrale regia e fotografia, anche se talvolta la gestione della camera si impalla su angoli morti vicino ai muri o alcuni tetti.Bene la colonna sonora ambient e molto cyberpunk anche grazie al sapiente uso delle radio sparse qua e là nella mappa con le quali possiamo interagire e cambiare stazione. Meno entusiasmante l’utilizzo del DualSense, impiegato soltanto in alcuni momenti di svago.

Defezioni perdonabili al team francese BlueTwelve Studio al loro titolo d’esordio. Il gioco l’ho trovato estremamente rilassante, le meccaniche spaziano dal platforming puro all’avventura concentrandosi prettamente sull’aspetto narrativo dove si viene guidati negli spostamenti con degli aiuti grafici a schermo abbastanza basilari.

Il gioco

Gli enigmi e i puzzle game presenti in gioco non sono per nulla impegnativi e lasciano spazio sicuramente al puro godimento dell’incedere del nostro amico felino verso la meta finale. Un percorso in cui non saremo soli, ad accompagnarci un fidato drone androide, B-12, un aiutante speciale nel mettere insieme i pezzi di un passato ormai lontano, ma fondamentali per riconquistare la libertà perduta.

Stray ha una durata variabile dalle 5 alle 9 ore, dipende quanto vogliate esplorare e collezionare. Io sono circa a 3 ore di gioco e me la sto prendendo abbastanza con calma, anzi, ho decido di streammare tutto dal mio canale twitch se volete seguirmi e farmi compagnia durante le live (perdonatemi sono ancora newbie). Una piccola perla che tutti dovrebbero giocare, anche solo per cimentarsi in quelle cose tipiche da gatto come strusciarsi contro le gambe di un robot, miagolare o rifarsi le unghie su tappeti e divani.

Giocateci e rilassatevi per bene.

★★★☆

Xbox Bethesda Showcase

In questo strano Non E3 di quest'anno si è aggiunto ieri il tassello di Xbox Bethesda e la loro presentazione. 95 min a ritmo serratissimo dove è emerso chiaro un concetto chiave. Piaccia o meno, Xbox Game Pass è centrale nella strategia Microsoft per consegnare ovunque voi siate videogiochi in abbonamento che altrove dovreste comprare a prezzo pieno.

Con 13 euro scarsi al mese potrete giocare al Day One giochi come:

E tanti tanti altri. Una chiara strategia di portare entro la fine del 2022 25 tra nuovi giochi e DLC in piattaforma e altrettanto per il 2023, senza contare che sul Game Pass potranno finire presto anche tutta la lineup di Activision Blizzard che ieri ad esempio ha mostrato un vibrante Diablo IV.

Personalmente mi sono esaltato solo per una manciata di giochi visti ieri sera, tuttavia comprendo benissimo la voglia di sfondare barriere di genere e cercare di abbracciare più gusti possibili così da rispondere alle esigenze di un pubblico variegato. Personalmente avrei voluto vedere degli avanzamenti lavori su Fable o Perfect Dark, o una piccola bombetta di Bethesda su un eventuale Wolfenstein o un reboot di Quake.

Lo so, troppa nostalgia. Se volete rivedere tutto lo show, lo trovate qui.

E a voi cosa è piaciuto di più?

Metal: Hellsinger. Ho provato la demo

Fuoco e fiamme dell'inferno e demoni da uccidere a colpi di Metal. Un connubio tradizionale e che forse rimanda subito a Doom, ma invece no. Durante la Summer Game Fest di qualche giorno fa, che ho trovato veramente scialba, è stato presentato Metal: Hellsinger, un ibrido tra un FPS e un rhythm game in cui il nostro compito è rispedire al mittente la spazzatura infernale a colpi di canzoni metal che si susseguono sullo schermo. Il gioco, che era stato annunciato un paio di anni fa, è sviluppato dagli svedesi The Outsiders.

Proprio ieri è stata rilasciata la demo che ho avuto modo di provare su PlayStation 5, anche per testare la bontà del DualSense e il suo feedback aptico su un gioco del genere:

Il gioco non andrà mai affrontato come un classico sparatutto, ma è necessario seguire la cadenza dei colpi dettati dal tempo musicale visibile a schermo tramite un apposito segno luminoso da colpire al momento giusto. Un connubio che a raccontarlo sembra la cosa più semplice del mondo, ma bisogna avere orecchio, polso e concentrazione. Sembra di stare seduti a suonare la batteria, una volta sbloccato il meccanismo si padroneggia il pad come se fosse una bacchetta. La coordinazione è tutto se si vuole sopravvivere, ma soprattutto è colpire al momento giusto così come azzeccare le armi a disposizione, una spada per la mischia, un teschio sputa fuoco per la distanza o un fucile a pompa per fare più danno.

La morte nel gioco è contemplata, ma si può risorgere facilmente pagando pegno con i punteggi e combo perfette realizzate durante il gioco e accumulati via via che ci spostiamo tra le diverse arene. Il boss finale della demo l'ho affrontato solo una volta, ma come potete vedere dal video fatto è capace di fare parecchio male nel momento in cui non si attacca nel momento corretto. Io sono morto prima di sconfiggerlo e mi ha rimandato alla schermata di classifica mondiale e da quanto ho letto online più si muore, più si scende di classifica.

A livello grafico non si grida ancora al miracolo essendo una demo, ma non credo voglia essere il punto focale del gioco. Quest'ultimo concentrato sulla velocità e la precisione d'esecuzione che vi portano al termine del dungeon appena ripulito con gli dei del metallo a farvi compagnia. Certo perché è proprio la colonna sonora ad essere l'ingrediente base di Metal: Hellsinger e non è difficile comprenderne le motivazioni, ogni canzone è un singolo creato specificamente per il gioco e le voci sono pazzesche:

Every track is created specifically for the game with vocals by metal icons, such as Serj Tankian (System of a Down), Matt Heafy (Trivium), Mikael Stanne (Dark Tranquillity), Björn Strid (Soilwork), Alissa White-Gluz (Arch Enemy) and James Dorton (Black Crown Initiate).

Il gioco sarà disponibile dal 15 settembre 2022 su PlayStation 5, Xbox Series X|S e Steam!

Non vedo l'ora di giocarlo! Buon inferno di metallo a tutti!

Uno State of Play coi fiocchi, ma le console dove sono?

Il 2 giugno scorso intorno alla mezzanotte Sony ha condotto uno State of Play tutt'altro che sottotono. Anzi. Non si vedeva così tanta ciccia per iniziare il mese degli annunci da molto tempo. E se si sapeva che tutto quanto mostrato fosse dedicato prettamente a titoli di terze parti, relegando il resto alla Summer Fest del 9 giugno, nessuno è rimasto scontento da quanto mostrato.

Personalmente la mia top 3: RE4 (che aspettavo da tantissimo), The Callisto Protocol e Season: A letter to the future. Al di là delle informazioni e le analisi sui vari annunci (che potete andare a reperire un po' ovunque, anche se vi consiglio questo episodio di Gong!), ho notato come nei giorni successivi, fino ad oggi, in molti su Twitter (comprese testate di settore) si sono domandati e hanno cercato informazioni se questi giochi arrivassero solo su piattaforma PlayStation.

In effetti ogni trailer di annuncio terminava con il solo logo PlayStation 5 e/o PlayStation 4 lasciando il pubblico poco avvezzo ad informarsi adeguatamente un po' sconcertato. E il fatto di dover smentire che, ad esempio, un Resident Evil 4 Remake o uno Street Fighter 6 non si potesse giocare anche su ambiente Xbox mi ha fatto un po' riflettere. Uno, su come ancora la console war sia accesa e più viva che mai. Due, se non arriva direttamente dall'industry maggiore chiarezza su dove e come poter giocare un titolo, beh ecco, non aspettiamoci nulla di diverso dalla fanbase. Che ancora oggi fatica a trovare una PlayStation 5, cade vittima degli scalper o ancora peggio è costretta a tentare la sorte acquistando tonnellate di Ringo per poter provare a trovarne una o adesso sui cereali Nesquik. Visto che non gli si dice ben chiaro che ci sono delle alternative possibili.

SIFU

È un periodo videoludico tutto dedicato all'Asia. Dopo l'ambientazione giapponese feudale di Trek To Yomi ho completato ieri su Playstation 5 la storyline principale di SIFU, la prima delle due disponibili. Gioco ambientato nella Cina moderna e sviluppato dalla franceseSloclap in cui impersonifichiamo un apprendista di arti marziali, nello specifico di Kung Fu, in cerca di vendetta.

A livello tecnico SIFU è classificabile come un classico picchiaduro d'azione giocato da una prospettiva in terza persona. L’ottimo utilizzo della camera ci trasporta nella trama del gioco giocando spesso con la profondità passando così velocemente a combattimenti lineari in 2D soltanto svoltando l'angolo di un muro. Il nostro viaggio ha inizio con la scoperta di poter rinascere grazie a un potente talismano di cui siamo entrati in possesso subito dopo aver perso la vita. Inizia da qui un lungo percorso per vendicarsi di un gruppo di cinque assassini che hanno eliminato tutta la nostra famiglia mentre ancora piccoli cercavamo di imparare la sapiente arte del Kung Fu con il nostro maestro, anch'esso macellato da parte di quest'ultimi.

Nonostante un comparto di combattimento piuttosto semplice, una volta appresi i meccanismi di parata e schivata, è possibile concatenare fino a 150 stili di attacco diversi per creare delle combo dall'alto tasso letale. Con un particolare stile cartoonesco, mi sono piaciute moltissimo le ambientazioni e la scelta di renderle il più possibile interattive consentendo di infliggere danni ambientali utilizzando gli oggetti a disposizione, oppure semplicemente facendo volare i nemici da grandi altezze o sfruttando i mobili per fargli un danno critico. Senza dimenticare l'utilizzo degli oggetti vicini, come una bottiglia da lanciare o una mazza di ferro da abbattere con tutta la nostra furia. Un po' ostici i boss di fine livello con un crescente livello di difficoltà e velocità, ma anche qui è sufficiente comprenderne le movenze per poter sopravvivere abbastanza facilmente.

Il nostro protagonista, così come tutti gli sgherri con cui avremo a che fare, possiede una barra di difesa che, una volta riempita lo rende vulnerabile a colpi critici. E lì è il momento buono per essere finito o per finirli con la combo di tasti triangolo e cerchio. Una volta terminato ogni livello si viene trasportati nuovamente al wuguan, la scuola di kung fu da dove è iniziato tutto. Da qui è sempre disponibile una lavagna con tutti gli indizi raccolti nei 5 livelli che collegano i 5 killer tra di loro.

La grossa novità introdotta da SIFU, a un genere ormai stra esplorato, resta secondo me come detto all'inizio la possibilità di tornare in vita dopo morti tramite l'uso di un ciondolo magico e attraverso il suo meccanismo perverso. Ogni qual volta decidiamo di sfruttarlo, il nostro personaggio invecchia di tanti anni quante volte si è morti durante i salvataggi precedenti. Non è sempre un male invecchiare però, perché al passare degli anni aumentano i danni in grado di infliggere benché la salute cali di contro. Si può estendere questo giochino fino ai 60 anni (età limite sbloccabile nel corso del gioco), ma una volta sfruttate tutte le possibilità date dal ciondolo il suo potere svanisce e bisogna ricominciare da capo. Tranquilli però a suon di botte si guadagnano dei punti abilità che se utilizzati bene nei vari save point di livello ci consentono di ringiovanire di tot anni, in modo da non dover mai morire per davvero, oppure sbloccare appunto fino a 150 diverse abilità.

Ho completato il primo finale di SIFU in più o meno 5 ore. Me le sono godute tutte e ora vorrei continuare ad esplorarlo per sbloccare gli ultimi segreti rimasti nonché il finale alternativo. Se solo non avessi più di 30 giochi in backlog...Spero tanto arrivi un DLC o un altro capitolo molto presto.

Da poco è arrivata anche la Vengeance Editon con la soundtrack e un cofanetto delizioso.

A voi è piaciuto?

★★★☆

Trek To Yomi

Ho iniziato a giocare Trek To Yomi (qui link al video per capire meglio di che gioco si tratti) al day one su Xbox Series X grazie all'abbonamento Game Pass. Dopo un po' di incertezza iniziale dovuta ai comandi un po' legnosi e al responso un po' bislacco a quest'ultimi da parte del mio personaggio, ho iniziato ad acquistare sempre più padronanza dei parry e delle parate per arrivare al momento al sesto capitolo del gioco. Non penso manchi molto al termine, ciò che più mi ha colpito del titolo dei Flying Wild Hog è sicuramente la cura messa nella fotografia e nelle inquadrature cinematografiche del Giappone feudale.

Se vi piacciono queste ambientazioni, per un gioco bidimensionale senza troppe pretese se non immergervi in queste ambientazioni e che non vi porterà via troppo tempo, ve lo consiglio caldamente. Qui di seguito potete trovare la mini recensione di Matteo Bordone su Manettini. Credo non serva aggiungere molto altro:

Il periodo Edo in cui è ambientato il gioco non è quello vero, che viene diretto dalla storia (1603-1867, Giappone nelle mani dello shogunato Tokugawa): è l’Edo dei film classici giapponesi, cioè una delle ambientazioni più fortunate di sempre. In particolare qui ci si rifà ai più celebri film di cappa e spada di Akira Kurosawa, che risalgono agli anni Cinquanta (Rashomon,I sette samuraieccetera). Il protagonista della storia è un samurai che deve difendere la sua gente contro gli invasori, in un impianto narrativo tipico di molte storie di cavalieri tormentati ma dal cuore buono. Arrivano presto anche i morti viventi, senza che la cosa indebolisca la coerenza estetica del gioco.

Se l’impronta è decisamente cinematografica, e il susseguirsi delle inquadrature a volte disorienta il giocatore che non apprezzi i riferimenti cinematografici, gli avversari vengono affrontati sempre in una modalità bidimensionale, come si trattasse di un gioco classico a scorrimento orizzontale. Dall’attrito tra questi due linguaggi, quello cinematografico e quello videoludico, nasce il fascino di questo gioco imperfetto ma molto corroborante. È vero, i combattimenti a volte sono un po’ farraginosi, ma d’altronde il gioco è piccolo e si finisce in qualche ora. Soprattutto a volte è bello – in questo periodo di magra anche bellissimo – immergersi in un mondo magari imperfetto ma pieno di personalità, dove godere della coerenza interna e dei tocchi più preziosi, piuttosto che cercare quello che ci hanno già dato gioconi enormi e ripetitivi che abbiamo visto e conosciamo.

Google Stadia, 3 anni dopo

Sono passati quasi 3 anni da quella storica Game Developers Conference del 2019 dove Google Stadia fece il suo ingresso nel mondo del gaming.

Da quel giorno di acqua sotto i ponti ne è passata molta, da sfavillanti promesse di rivoluzionare il settore, a dubbi e incertezze sul futuro stesso del servizio messo in pericolo da nessun titolo 1st party e dalla carenza di titoli AAA in grado di far appassionare i fruitori.

Si arriva a qualche giorno fa. Google sembra aver fatto reset al progetto, abbassato le aspettative e pronta a farlo ripartire dalle basi. La prima idea è offrire la tecnologia che siede dietro a Stadia e provare a monetizzarla. Come? Offrendola in modalità white-label. Quindi immaginatevi una qualsiasi Telco pronta ad offrire un servizio brandizzato che poggia su quanto fatto da Google.

Secondo step. Finalmente dopo tanto tempo si hanno delle notizie riguardanti la tecnologia stessa. Arrivano dalla Google for Games Developer Summit di marzo scorso:

  • Sono in arrivo più di 100 nuovi giochi entro la fine del 2022. Non male se si pensa che ad oggi in piattaforma ce ne sono poco più di 200.
  • La forte correlazione con il Search. Ci sarà la possibilità per gli sviluppatori di inserire all'interno dei giochi, e contestualmente di alimentare la SERP, link diretti al gioco. Questa funzionalità si chiama Click to Play Trials. E permette in pochi secondi da Google di atterrare su un videogioco e testarlo immediatamente senza dover loggarsi con un account Stadia.
  • Stadia arriverà come app stand alone all'interno delle TV Samsung entro la fine dell'anno. A questo punto non credo che per chi ne sia in possesso se necessaria ancora la Google Chromecast Ultra.
  • Se sviluppi su Stadia, ci sono degli incentivi mica male! Incluso il fatto che se attraverso il tuo gioco successivamente questa esperienza si converte con un abbonamento Pro, Google riconosce al Publisher una certa %.
  • Punto fondamentale. Google metterà a disposizione degli sviluppatori un tool chiamato Low Change Porting. Questo tool consentirà di tradurre in maniera automatica le librerie DirectX tipiche dei giochi per Windows e Xbox, un supporto migliorato per Unreal Engine e Unity. Sono già 9 le software house a bordo e altre arriveranno.

Non so nemmeno io dire perché continuo ad avere una passione viscerale per Stadia. Forse perché da qualche mese, grazie all'arrivo della FTTH, riesco a vivere l'esperienza in maniera fluida e senza lag o interruzioni di sorta. Senza dover attendere update, installazioni. Clic e gioco. Idem con il 5G, mentre attendevo di prendere un'aereo qualche giorno fa ho giocato a UNO con il massimo della fluidità sul mio iPhone 13.

Questi update sono lontani dagli altisonanti annunci di un futuro ad 8K in streaming, ma restano una piccola flebile scintilla che lascia ben sperare sull'impegno di Google nel mantenere viva la piattaforma. Ovvio, siamo eoni lontani rispetto all'approccio di Microsoft e il suo xCloud. Ma concettualmente siamo quasi su due pianeti diversi. La mia speranza è che questa tecnologia non venga buttata nel cestino senza aver provato l'impossibile per farla funzionare al meglio. Mi aspetto arrivino altri titoli degni di nota, perché?

Semplicemente funziona. Se sei su Stadia anche tu, aggiungimi qui.

Fluxes #19: Del farsi pagare, sempre.

🖌 A me piace tantissimo quando le persone brave a scrivere tornano a farlo per raccontare proprio il mestiere di scrivere. Lorenzo lo fa inaugurando la sua nuova newsletter "Heavy Meta" per parlare di un argomento serio, da cui partono spunti di riflessione altrettanto seri sullo status italiano del lavorare gratis e dell'inevitabile scivolamento verso il basso di un sempre più invisibile status quo.

Mi sono sentito chiamato in causa, non tanto per il nocciolo della questione sul pretendere un pagamento per quello che si fa, ma per l'aver mollato. Ci ho scritto un pezzo tempo fa (anzi due) e ancora la penso allo stesso modo. Soprattutto per l'ambiente videoludico nulla è cambiato, anzi. Ancora di più oggi il valore della parola scritta in quell'ambito è estremamente sottovalutata, oramai tutto viene fatto attraverso video e guai se così non fosse.

Il privilegio non è una colpa se non decidi improvvisamente di fare lo stronzoe sostenere una retorica per cui chi non ce l’ha fatta è un debole che non ci ha creduto abbastanza e non aveva voglia. Ho visto ottime persone mollare perché, semplicemente, c’erano da pagare le bollette, un affitto, contribuire in casa.

E questo non vuol dire che non ci possa essere una bellissima storia di rivalsa di quello che partendo da niente è arrivato a scalzare Gramellini (speriamo accada presto), ma quella persona è una anomalia, il sistema è composto da fattori ricorrenti.

L’altra volta dicevamo che a volte non sei il più bravo, il più veloce o il più preciso,sei quello che ha resistito di più, che è rimasto e si è fatto trovare al momento giusto e al posto giusto col bagaglio di competenze giuste. Ecco, il sistema prevede che per essere quella persona tu possa permetterti di resistere, o di essere così ricco e ben inserito che la tua eventuale bravura può essere notata grazie alle giuste conoscenze e alla serenità di scrivere senza dover pensare ai sacrifici fatti dalla vostra famiglia. (Ma ci sono anche storie di gente che aveva una opportunità e pochi soldi e ce l’ha fatta, ovvio).

E per resistere devi poter non pagare molte spese prima le cose inizino a girare, devi poterti magari permettere anche dei corsi di comunicazione che oltre a formarti hanno il grande pregio di farti iniziare a frequentare ambienti in cui, se vali qualcosa, magari ti notano, e quei corsicostano.

Tornando al punto focale, anche Alessio ha scritto una cosa al riguardo spostando il punto di vista da quello di un software engineer.

Hanno già detto tutto loro. Lavorare gratis? Mai.