L'altro giorno mi sono imbattuto in questo tweet. Caro amico non ti conosco, ma quanto scrivi è di una semplicità e verità imbarazzanti.
È facile che l'abbondanza donataci dalle varie code lunghe accessibili grazie a Internet e alle innumerevoli piattaforme ci sopraffaccia lasciandoci sperduti su cosa fare la sera dopo cena. Continuo con l'episodio della serie TV lasciata a metà? Vado avanti con la campagna di Halo Infinite o leggo qualche pagina dell'ultimo romanzo di King direttamente dal letto?
È il male del nostro Tempo quello di non avere tempo. O forse abbiamo troppo con cui riempirlo, il troppo sgomitante in cerca della nostra attenzione in un numero di ore che è sempre, e da sempre, lo stesso. Il primo competitor di Netflix? Il sonno, tanto per dire.
E quindi che fare? Lascia stare tutte le liste online, i sedicenti guru dell'ovvio che sanno solo consigliarti di fare decluttering, disinstallare le app dal tuo telefonino, allontanarti dal digitale il più possibile per vivere una piena vita analogica. Io penso che le poche regole di base siano due, fare ciò che ti pare del tuo tempo per apprendere il più possibile alimentando al tempo stesso le tue passioni godendoti la vita, e la seconda di non portare mai uno schermo che non sia un televisore dentro la tua camera da letto, facendo altrimenti distruggeresti il tuo sonno.
Basta. È il solo modo che ho trovato io per contrastare questo bagno culturale nel quale è facile annegare, ma se ti abbandoni e ti lasci cullare "facendo il morto", galleggi alla grande e anche se ti perdi qualche pezzo per strada non succede nulla. Ma soprattutto non importerà a nessuno.
Questo post è il compimento di un percorso lungo anni, fatto di attese più o meno infinite e una personale crociata per far uscire uno dei paesi all'estrema periferia milanese (Gessate nello specifico) dal medioevo tecnologico.
Immergiamoci.
Questo paese non ha mai avuto una connessione a banda larga. Né FTTC né tantomeno FTTH. L'ultimo di quest'area est della provincia di Milano a non averla. In effetti ricordo molto bene alcune ricerche fatte nel 2017 e sulla mappa di espansione della fibra Gessate risultava un buco nero in un mare di connessioni ultra veloci. Poi, appunto, nel 2017 ultimo anno della precedente amministrazione cittadina qualcosa si muove:
Incredibile! Qualcosa finalmente si era mosso e soprattutto direttamente in FTTH. Il progetto rientrava nello sforzo da parte di Open Fiber di andare a coprire quelle aree di totale disinteresse da parte di operatori privati e garantire così ai cittadini un accesso decente alla Rete.
Da quel momento ho iniziato a monitorare la situazione per le strade del paese, aspettandomi scavi, pose dei cavi, ma niente. Poi ad aprile 2018 finalmente un nuovo post di aggiornamento.
Dopo di che di nuovo silenzio. L'area individuata per la costruzione del PCN, ovvero una specie di piccolo container dove arriva la fibra portante anche per le aree limitrofe, ha effettivamente visto la luce con i lavori conclusisi dopo circa 1 anno. Un'attesa molto lunga durante la quale non solo è cambiata l'amministrazione comunale, ma ai cittadini non sono state date più notizie certe.
A quel punto con altri cittadini scontenti abbiamo formato un comitato, il nome fa un po' ridere perché ricorda una lista civica che non otterrebbe mai più di 100 voti, ma fa niente. Gessate per la fibra ha iniziato a mandare un po' di PEC, a presenziare ai consigli comunali, a chiedere incontri sia all'ufficio tecnico che al sindaco. Da qui siamo riusciti a risalire a una situazione di totale paradosso. Open Fiber ha interrotto il "cablaggio" della cittadina in FTTH, limitandosi soltanto a 75 unità abitative meglio identificate come le cascine, in quanto si è manifestato l'interesse di un'azienda privata a prendere in mano la situazione, ma portando la FTTC e non la promessa FTTH.
Fortunatamente l'amministrazione attuale ha preso a cuore la situazione prodigandosi con tutti gli enti preposti a chiarire la situazione, ma soprattutto a tenere nel limite del possibile sempre aggiornati i cittadini, creando addirittura un Google Doc con riassunta la situazione. Riporto qui uno stralcio che riassume ciò che accadde dal 2019 in avanti:
Il progetto differisce da quello inizialmente inviato via PEC al Comune nel 2017 (che prevedeva connessione in FTTH al 95% del territorio). Il comune ha per questo inviato il 09/11/2019 una PEC ad Infratel, Regione Lombardia ed Open Fiber notificando tale difformità: la risposta è stata che la ragione di tale cambiamento è stata la manifestazione di interesse di intervento da parte di un operatore privato che comporta l'impossibilità di intervento con finanziamenti pubblici (“consultazione aree grigie e nere 2019 relativamente al Comune di Gessate: la copertura viene confermata dallo stesso operatore del 2017, spostando però al 2021 l’avvio dell’intervento”).
Oltre alla PEC, da subito ci siamo attivati contattando ripetutamente sia in via informale che in via formale Open Fiber, Regione Lombardia e Infratel per capire se ci fosse la possibilità di completare/estendere il progetto fatto.
Durante l’ultimo incontro con tutti e 3 gli attori del progetto BUL (Regione Lombardia, Infratel e Open Fiber), avvenuto il 27 marzo via teleconferenza, si èsancito in via definitiva che:
Il Comune ha terminato il suo ruolo limitato nel sottoscrivere la convenzione BUL e dando in seguito l’approvazione alla realizzazione dei lavori (primavera 2019);
Il progetto è concluso (collaudo effettuato in autunno) e i 3 attori hanno ribadito che non verrà esteso;
Le dorsali posate da Open Fiber potranno essere date in concessione ad operatori privati;
Il piano di sviluppo degli operatori privati prevede una copertura in BUL entro fine 2021;
E’ iniziato da parte di Infratel il progetto di finanziamento per la copertura di aree grigie tramite voucher alle aziende private.
In conclusione: i lavori sono terminati e non sono possibili modifiche nell’immediato. La novità riguarda la possibilità di utilizzo della rete di open fiber da parte degli operatori privati, che potranno proporre soluzioni differenti (FTTC, FTTH etc.). Al momento gli operatori privati propongono connessioni BUL in FWA, basata su antenne 4G, che viaggia fino a 30 MB/s.
Insomma, a fine 2019 il comune comunica che più di così non può fare e si toglie di mezzo sostanzialmente come attore attivo della cosa. Nel frattempo, nemmeno me lo sentissi che saremmo rimasti chiusi in casa per 4 mesi nel 2020, decido che una situazione a 7 Mb di velocità era diventata insostenibile. Mi attrezzo nel novembre 2019 con un modem 4G e un piano di connessione Flat molto costoso con Lundax. Per tutto il 2020 ho navigato molto bene, toccando a volte picchi di 100Mb e spendendo uno sproposito, ma quanto meno mi ha consentito di fare smart working e di non subire una penalizzazione lavorativamente parlando.
Tra la fine 2020 e inizio 2021 TIM decide che fosse arrivato il momento di iniziare i lavori per la FTTC. Una soluzione palliativa misto rame ma che quantomeno mi avrebbe permesso di dimezzare la spesa per Internet e avere una linea decorosa. Niente di più falso il secondo punto. Nonostante i 200Mb dichiarati dal commerciale TIM la distanza dall'armadio (ca. 700mt) abbatte la velocità a 30Mb.
Ok, sempre meglio che 7 mi dico. E da un annetto a questa parte navighiamo così. Nel frattempo qualcosa si muove a livello europeo e di governo italiano. Pare ci siano finalmente i fondi e le buone intenzioni per poter consentire alle aree bianche di uscire da una situazione complessa e consentire di abbracciare quel nuovo mondo del lavoro (ma non solo) che le conseguenze della pandemia ha portato con sé. E nel luglio del 2021 una nuova comunicazione da parte del comune insieme a Fibercop:
Ancora stento a crederci oggi. Da settembre 2021 con la nostra piccola associazione ci siamo scambiati consigli e pareri, abbiamo seguito i lavori di posa nelle varie palazzine e quelli in strada non mollando di un 1 cm.
Da qualche giorno finalmente è possibile attivare la FTTH per una prima parte di paese, saranno 2000 le unità abitative complessivamente toccate dai lavori che verranno ultimati nel 2022 stando alle informazioni qui riportate. Ma ovviamente l'attesa non è finita qui. Ho attivato la richiesta per l'upgrade di linea il 27 dicembre, fissando un appuntamento per il 5 di gennaio.
Il 5 gennaio si è presentato un tecnico TIM che appena ha visto che la centralina Fibercop era installata nel sottoscala del pianerottolo della palazzina affianco ha preso armi e bagagli e se l'è data a gambe dicendo sostanzialmente che lui non era in grado di fare l'impianto e che sarebbe servita una squadra esterna. Vengo ricontattato subito da chi gestisce gli appuntamenti e riprogrammata l'installazione per il 7 gennaio. Nella più classica delle tragicommedie vengo chiamato mentre ero in attesa del tecnico sentendomi dire che quest'ultimo si è infortunato sul lavoro. Stento a crederci perché è la stessa scusa data a un altro cittadino abitante nella mia stessa via a cui è arrivata al mattino la stessa telefonata, a me hanno dovuto attendere le 16 per avvisarmi. Tuttavia qualche ora dopo mi ricontattano dicendo che questa mattina alle 8.30 il tecnico sarebbe stato da me.
Dopo circa 3 ore e una ventina di metri di cavo, miracolo a Gessate:
🎾 Della vicenda di Djokovic, che badate bene non è ancora finita fino a lunedì, non critico tanto il libero arbitrio del giocatore. La scelta di vaccinarsi o meno sono affari suoi. Lo sono meno se mettono a repentaglio la salute degli altri, ma soprattutto c'è il tentativo di essere sopra la legge utilizzando la giustificazione dei meriti sportivi. Benché per quel che mi riguarda si dovrebbe procedere a un obbligo vaccinale esteso, mi interessa di più il comportamento eccellente dell'Australia.
In primis sarebbe bello scoprire chi gli abbia rilasciato questo benedetto permesso e messo su un aeroplano senza la documentazione valida per poter fare il suo ingresso in un Paese dove vigono certe regole. Seconda riflessione, nemmeno il più forte giocatore al mondo e tutto il carrozzone di soldi che porta con sé può essere al di sopra delle regole. E l'Australia ha dimostrato la sua integrità. Secondo voi cosa sarebbe successo se si fosse presentata la medesima situazione qui da noi in Italia? Ecco, mi auguro soltanto che con il ricorso in atto non si giunga ai soliti tarallucci e vino.
🆎 La storia che sta dietro al puzzle game Worlde è troppo tenera. Già il fatto che il suo creatore si chiama Wardle mi ha mandato fuori di testa, ma leggendo questa intervista sul Times si viene a sapere che è stato creato per la sua compagna e per il loro puro divertimento. L'1 novembre 2021 aveva soltanto 90 giocatori quotidiani, un mese dopo oltre 300.000, oggi si è diffuso a macchia d'olio in tutto il mondo. La sua bellezza sta nella sua semplicità, non ci sono pubblicità, non ci sono link, c'è solo il gioco e la possibilità di condividere i propri risultati. La scarsità di giocabilità limitata a un tentativo al giorno è proprio la chiave del suo successo, sì crea un'abitudine e non una dipendenza. Le parole con 5 lettere in inglese sono circa 12.000, ma il suo creatore si è limitato a utilizzarne soltanto 2.500, le più comuni, per circa 6 anni dovremmo essere a posto in termini di longevità. Vediamo se sarà soltanto uno dei tanti meteoriti di Internet.
Ripiombare nell’universo di Matrix dopo quasi vent’anni fa un certo effetto. Soprattutto se sembra che tutti questi anni non siano minimamente passati. The Matrix, il primo originale film del 1999, sembra più attuale che mai e ancora non subisce deterioramenti.
Un paio di sere fa, rigorosamente in Sala Energia, ho visto Matrix Resurrection, il quarto capitolo della serie. Sono uscito dopo 2 ore e 20 con tante domande sulla trama del film e sulle scelte fatte da Lana Wachowski per provare a non scadere nel banale e nel ridicolo come tante operazioni di questo tipo finiscono per essere. El Camino tanto per citarne uno. Penso sia un'operazione riuscita nel complesso, è un film con un senso di esistere che porta con sé ancora una volta un grosso carico di tematiche tutte da snocciolare e impossibili da definire con una visione sola della pellicola. Un'aggiornamento delle tematiche del film originale ai nostri tempi. Dal far diventare la terapia psicologia una moda pop, al controllo costante delle nostre vite, alla ricerca insistente di voler umanizzare le macchine, senza contare il perenne senso di illusione.
Il metaverso e tutte le sue implicazioni. Il problema sempre più opprimente di provare a discernere ciò che è reale dalla finzione. Raccogliere i frammenti di concreto sparsi per il nostro cervello e provare a metterli insieme con l'unico collante vero in modo perenne: l'amore.
Non ho capito molto bene come il nuovo Morpheus possa essere stato creato dal subconscio di Thomas Anderson e nella sua nuova forma di macchina abbia aiutato Bugs a riportare Neo nel mondo reale fuori da Matrix, ma per il resto tutta la trama mi è apparsa sostanzialmente chiara. Il nuovo agente Smith è la nemesi perfetta di Neo, esiste solo se anche lui esiste, così come Trinity può essere considerata il nuovo eletto insieme a Neo, visto che come detto nei precedenti film ad ogni nuova versione di Matrix c'è sempre un nuovo eletto a cui affidarsi.
Penso nessuno abbia sentito l'opprimente bisogno di ripiombare nell'universo di Matrix dopo così tanto tempo, eppure mi è sembrato di una naturalezza disarmante esserci dentro di nuovo, quasi come a dire che Resurrections non è un film necessario ma il film di cui i fan della saga avevano bisogno.
Un nuovo tentativo di risvegliare le coscienze su ciò che sta accadendo alla nostra contemporaneità. Mettere in bocca alla versione anziana del Merovingio parole nostalgiche della versione precedente di Matrix, fatta di eleganza e principi demonizzando persino il Metaverso di Facebook, è un tentativo non troppo velato di farci capire come in realtà il primo film della serie fosse stato premonitore di un distaccamento sempre più impellente delle nostre menti dalla realtà, mediata dai social network e dai mondi terzi creati per noi per alleviare le sofferenze di una vita che non ci basta più.
Non ho amato particolarmente la parte finale della seconda parte del film. Le scene in cui i bot cercano di eliminare Neo e Trinity mi hanno ricordato un mix tra The Walking Dead e un film di super eroi della Marvel. Davvero non necessario prolungarla tanto ai fini del racconto. Come detto uscito dalla sala mi restano ancora tante domande irrisolte, dal capire meglio il nuovo agente Smith al ruolo di Sati e perciò non vedo l'ora di rivederlo per prestare maggiore attenzione a questi dettagli utili a un umile fan della saga.
Sono certo che questa quarta uscita della serie non cambierà la nostra cultura come fece la prima - qui il Post fa un eccellente lavoro di ricostruzione - tuttavia ha delle argomentazioni solide dalla sua per accendere discussioni su quello che sta succedendo alla nostra contemporaneità, puntando forte l'accento sulla nostra sempre più precaria percezione della realtà e sullo sforzo che siamo chiamati a fare per restare ancorati alle nostre emozioni invece che cedere necessariamente il passo al rifugio perfetto di una tecnologia onnipresente.
So don’t give me the typical Twitter bullshit about how great a film is because you wanted it to be great. I wanted it to be great too. It’s far from great, in part because it’s so close to being great. McKay fucked up the tone, perhaps because he didn’t want to rehash the tone ofThe Big Short. This was a mistake, andDon’t Look Upsuffers as a result
Il film di McKay uscito alla vigilia di Natale è una allegoria satirica che fotografa in modo perfetto lo zeitgeist di questi pazzi anni in cui stiamo vivendo. Il potere intramontabile dei media e la democratizzazione che l'esplosione di Internet ha portato con sé ci racconta di un mondo dove è la finzione ad essere la protagonista e la realtà che diventa accettata e accettabile da tutti.
Se lo giudico come un'esposizione culturale e non come film, allora è un capolavoro in grado di raccontare i nostri tempi come nessun'altra opera è stata in grado di fare da The Matrix o da Quinto Potere. Ma se guardo al prodotto cinematografico mi spiace ma lo stile e linguaggio utilizzato mi hanno fatto più e più volte girare lo sguardo dall'altra parte e dire...meh.
Don't Look Up vuole dipingere il nostro immobilismo nei confronti del cambiamento climatico come il risultato del negazionismo e dell'essere distratti da cose stupide come, ad esempio, un film in streaming su Netflix . Ma il cambiamento climatico non è una cometa diretta verso di noi in meno di un anno, una metafora scadente e difettosa di dove siamo in questo momento. Il cambiamento climatico è un disastro al rallentatore che è stato provocato da generazioni di esistenza industrializzata e per affrontarlo ci richiede di pensare a noi stessi collettivamente come specie e agire per conto di vite al di là dei nostri scopi, in termini di futuro e in termini di tutto il pianeta. La politica rappresentata non è di per sé inquietante ma, come suggerisce questo film, ciò che è preoccupante è che l'erosione della nostra capacità di reagire in tempo, di capire che qualcosa di terribile potrebbe accadere – proprio ora.
A credere alle parole del regista,Don’t Look Updoveva essere «una commedia da risate sguaiate, non da sorrisetti tirati». Evidentemente, alla fine la crisi di nervi ha avuto la meglio e le buone intenzioni sono andate perdute: oltre la condanna di tutto ciò che non va nella nostra epoca e nella nostra società – una condanna alla quale ormai nessuno più ha forza, voglia o ragione di opporsi, e quindi che importanza ha, che coraggio c’è, che soddisfazione si può provare a ribadire la sentenza ancora una volta – diDon’t Look Uprestano soltanto i sorrisetti tirati, l’umorismo tagliato con l’accetta come i capelli dei suoi protagonisti.
Questo film avrebbe potuto fare qualcosa di più convincente con quella modalità di vertigine inversa accennata nel titolo: quella paura e cecità voluta su ciò che incombe su di noi. Un'occasione persa per aver volutamente e forzatamente inserito battute e satira proprie di una puntata dei Simpson, con un Jonah Hill francamente insostenibile per me, senza contare la leggerezza nel trattare tradimenti e matrimonio, il rapporto con la religione come ultimo appiglio prima del disastro e tanto tanto altro lasciato troppo al caso. Ma se il film aiuta a fare qualcosa per il cambiamento climatico, almeno lo spero, le mie obiezioni critiche su come il film non sia un film fatto bene, smettono subito di essere importanti.
+Durante questa breve vacanza negli Stati Uniti ho fatto un bel detox digitale. Ho prediletto la lettura sopra ogni altra cosa e in una settimana ho terminato 3 libri. Su tutti, le 545 pagine di Billy Summers. Al di là di essere uno dei più bei romanzi di Stephen King da un po' di anni a questa parte (veramente consigliata la lettura), ha triggerato la mia sopita voglia di scrivere. Oltre alla citazione all'Overlook hotel di Shining secondo me King furbescamente parla del suo amore per la scrittura, ma soprattutto per la lettura e lo stretto collegamento tra le due cose. Lo fa in tutto il libro e tra le ultime righe fa dire a uno dei suoi personaggi proprio questo:
[...] Tu sapevi che poteva succedere una cosa simile? Sapevi di poterti sedere davanti a uno schermo o a un quaderno, e cambiare il mondo? È una cosa che non può durare, perché il mondo torna sempre quello che è nella realtà, ma prima che succeda, la sensazione che provi è incredibile. Non ce'è niente che valga di più, perché puoi fare in modo che le cose vadano esattamente come vuoi tu [...]
Voglio provarla anche io quella sensazione, perché è parzialmente ciò che provo quando scrivo qui. Vorrei scrivere qualcosa di più concreto, qualcosa che possa essere pubblicato. Aggiungici un secondo trigger, quello di Alessio e il suo corso di scrittura creativa, ed eccomi qui a voler progettare di fare lo stesso. Sono anni che ripeto a me stesso questa cosa, non so bene da dove scaturisca e nemmeno da dove iniziare, so solo che il mio unico proposito per il 2022 sarà questo.
+ Il paradosso di WordPress? Open Source non equivale a gratis. È bene ricordarlo. Oltre alla lettura dell'articolo mi è giunto lampante quando Automattic mi ha ricordato di versare 300€ nelle sue casse per mantenere vivo il mio blog con tutte le funzionalità correlate per poter rimanere così com'è. Paradossale come avessi vinto la gratuità perenne per Squarespace (ora lo utilizzo soltanto come vetrina iniziale) che all'opposto chiaramente si posiziona come software chiuso e su licenza.
+ Tornato dopo una settimana negli Stati Uniti ho pensato a come mi sono sentito e ho deciso di dare un nome a questa sensazione. L'ho chiamata: la presa di coscienza di Miami.
Avete presente lo spot della Molinari? Italiani caciaroni e macchiette? Beh, gli americani urlano come dei disperati in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora che al confronto noi italiani sembriamo cinguettare. La seconda presa di coscienza arriva dal clima. E non parlo degli stupendi 26 gradi perenni di questa settimana. Parlo dell'ambiente e di tre cose che ho notato:
Non esiste la raccolta differenziata a Miami. Non so nel resto degli States. Ma lì no. Non me lo ricordavo dalle precedenti volte, ma questa volta mi ha fatto particolarmente effetto. Buttare tutto insieme nello stesso sacco, una coltellata al cuore.
L'aria condizionata accesa sempre. Ovunque. Penso a una temperatura impostata sui 16 gradi in tutti i supermercati e nelle case accanto alla nostra si sentivano i radiatori esterni andare 24h. Noi abbiamo vissuto da dio senza accenderla nemmeno un minuto in 8 giorni. Avranno tutti le scalmane?
Auto elettriche. D'accordo ho visto un buon numero di Tesla, ma non sufficiente. Mi sarei immaginato un'invasione di auto elettriche, per dire in Portogallo in proporzione ne abbiamo viste molte molte di più. Di contro, praticamente solo bolidi di altissima cilindrata.
Quest'anno è stato un anno atipico. Ho scritto meno di qualsiasi altro anno e non ne ho sentito la mancanza. Anzi. Dice, come mai?
Per me la scrittura è sempre stata e sempre sarà un momento per me, di riflessione, di "download" dei pensieri per scaricare mente e corpo. E allora cosa è successo?
Semplicemente mi sono dedicato ad altro. Serie TV principalmente, battendo ogni record di visione dal 2013 ad oggi. Ma soprattutto un nuovo lavoro da metà anno in avanti nel quale ho buttato corpo e anima grazie a un ritrovato entusiasmo per quello che reputo di saper fare meglio.
Ecco tutto. Ah sì, sono ritornato prepotentemente a ritagliarmi i doverosi spazi da dedicare al gaming e questo ha inevitabilmente sacrificato il tempo per scriverne. Chissà se nel 2022 riprenderò a fare anche quello prima o poi.
Ad ogni modo, il classico recap di fine anno è pronto e adesso ve lo cuccate come al solito. Qui trovate le precedenti edizioni: 2020, 2019, 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013
Forse il poco scrivere è stato anche frutto del cambio di piattaforma e di dominio. Il poco interesse da parte di chi legge mi ha demoralizzato un po', ma del resto ormai un testo scritto cattura l'attenzione come una lezione di fisica quantistica in Università.
E quindi? Ci si è provato a sposarsi altrove, inventarsi nuovi strumenti per comunicare, tipo Clubhouse. Ma che fine ha fatto? Soprattutto c'è qualcuno che lo utilizza ancora?
Nel frattempo nel paese dove abito è arrivata la prima rudimentale forma di fibra, FTTC, questo mi ha costretto a dover rivedere tutto l'impianto di casa. Ed ecco il post più letto e cercato online dell'anno.
A febbraio Spotify ha fatto una serie di annunci interessanti. Tra cui Spotify HiFi. All'alba di un nuovo anno quell'annuncio di proposta di ascolto in alta definizione ancora non ha avuto seguito. Uno dei più grandi fail da parte di Spotify. Anche perché è rimasto l'unica piattaforma insieme a Google a non avere un offerta in tale direzione.
Il post a cui tengo di più? Il nostro viaggio in Portogallo. Sognato da tempo, fatto come avremmo sempre voluto. Qui c'è il racconto dei nostri 12 giorni.
Non ho mai parlato prima, ma quest'anno mi sono invaghito del Padel. Ho perso la testa letteralmente, senza contare il fatto che hanno aperto ben tre campi a 2 minuti da casa mia, per uno sport estremamente divertente e che mi ricorda i miei passati da tennista.
Sì. Mi auguro di poter scrivere di più, è ovvio. Nella vana speranza che i blog possano tornare a significare qualcosa senza dover essere per forza essere travestiti da newsletter o da lunghi post sui social network. Ad ogni modo, buon 2022, che possa portarvi ciò che desideriate di più. Io non mi sento di augurarmi molto di più, sono a Miami mentre vi scrivo, in spiaggia con mia moglie. Non posso davvero chiedere di più.
L’edizione in cui i Måneskin hanno vinto X Factor è stata anche l’ultima che ho seguito. L’edizione in cui i Måneskin hanno vinto X Factor è stata anche l’edizione in cui ho capito dalla prima puntata che avrebbero vinto. Appariva limpido tutto il loro potenziale inespresso e tutto il mondo avrebbe dovuto conoscere quegli adolescenti romani che invece di scegliere la trap o la drill amavano suonare il rock. Anacronistico per gli adolescenti di oggi e forse anche per quelli di ieri, soprattutto in Italia.
Non so dire quanti ragazzi italiani oggi risponderebbero rock alla domanda su quale genere musicale sia il loro preferito, ho la pretesa per non dire la certezza che sarebbero una piccola minoranza. A me ha reso estremamente felice non solo il fatto che il rock sia tornato sulla cresta dell’onda nel 2021, ma che a farlo sia stata una band italiana che di italiano non ha veramente nulla se non i nomi sulle carte d’identità dei componenti della band e alcune loro canzoni.
Dimostrano di sapere bene l’inglese e di essere a loro agio ovunque si esibiscano. Perché fanno ciò che amano di più, è lì sotto gli occhi di tutti. E la cosa più divertente è che scalano ogni classifica con canzoni non loro, con cover rivedute e corrette e impregnate del loro stile fluido e pieno di carattere.
Il perché ce lo spiega l’articolo di Daniele Cassandro, la cui chiusura riporto qui per intero. Racconta con estrema semplicità perché danno fastidio ai puristi del rock, che troppo facilmente dimenticano che senza Måneskin il rock non avrebbe visto la cima di nessuna classifica quest’anno, ma soprattutto perché funzionano così bene:
I Måneskin nel 2021 non hanno fatto che resuscitare, per l’ennesima volta nella storia recente, il fantasma del rock’n’roll (e della frattura generazionale che si porta dietro) che ogni dieci o vent’anni viene dato per morto. Non ci sono più i juke box ma c’è Spotify, la loro ribellione sessuale è rifiuto e sovvertimento degli stereotipi di genere ma il carburante che li fa volare è sempre lo stesso: fisicità, sudore, ormoni a mille e rock.
E il fatto che adulti e censori scuotano la testa è assolutamente naturale, anzi, è il segno che loro stanno facendo tutte le cose giuste. La musica dei Måneskin è derivativa? Fasulla? Scopiazzata? La risposta a questo falso problema la dava Pete Townshend degli Who già nel 1968: “È come dire prendiamo tutta la musica pop, infiliamola in una cartuccia, chiudiamola e diamo fuoco alle polveri. Non consideriamo il fatto che quei dieci o quindici pezzi siano tutti simili. Non importa in che periodo sono stati scritti o di che parlano. È l’esplosione che creano quando premi il grilletto a fare la differenza. È l’atto in sé. Ecco cos’è il rock’n’roll”.
Non posso certo considerarmi un audiofilo, ma un appassionato dell'ascolto musicale con la massima qualità possibile che il mio orecchio sia in grado di percepire, questo sì.
Negli anni mi sono dotato di strumenti più o meno professionali come estensione al mio computer, da dove ascolto il 90% di tutto l'ascoltabile. Sono partito dalle Sony MDR-Z7 abbinate a un mini-ampli PHA-3, sono passato poi recentemente al setup che ho descritto qui per saggiare la bontà di Apple Music Hi-Res Lossless e di Tidal. Tuttavia sono giunto a una conclusione, sicuramente sofferta per il mio portafogli, ma conclusiva per le mie orecchie.
Nonostante i tanti tentativi e i diversi setup provati, le cuffie over-ear non fanno per me. Motivo principale? Dopo qualche ora succedono due cose, inizia a farmi male la parte esterna delle orecchie, ma soprattutto iniziano a sudarmi. Sensazioni davvero spiacevoli. Peggio ancora, la combinata con anche un amplificatore dedicato non mi ha fatto percepire nessun miglioramento significativo tanto da giustificarne una spesa così elevata. Sarei folle se non dicessi che una qualità generale migliore esista, ma per alcuni modelli c'è una carenza negli alti, per altri modelli una carenza nei bassi, e via andare.
Ad oggi, il modello che non solo ha sensibilmente cambiato l'acustica di tutto quello che ascolto, ma che ancora reputo il modello di riferimento, quello con il perfetto equilibrio che cerco mentre ascolto un brano e senza particolari fastidi fisici è il modello più classico degli auricolari Apple, quello che ha segnato una generazione: gli EarPods.
Occhio a non confonderli con gli AirPods. Sì, anch'essi ottimi auricolari, ma sofferenti di un peccato originale, una batteria che non dura tutta la giornata lavorativa se si affrontano 8 ore tra conference call e musica. Un prodotto di 19 euro in grado di tenere testa, almeno per la capacità percettiva delle mie orecchie, a modelli di alta fascia e non temono ancora il segno del tempo. Unica pecca, un modello con il noise cancelling totale. Sarebbe la manna definitiva, anche se influirebbe non poco sul prezzo finale.
Il mio unico timore, vista la strada wireless intrapresa da Apple nella linea di prodotti dedicata all'audio e al taglio netto dello slot jack 3,5 dagli iPhone, è che prima o poi spariscano. Sarebbe un peccato.
Non è un caso se gli ultimi tre post siano dedicati al gaming e in particolare a Xbox. È l'attività a cui mi sto dedicando maggiormente nel mio tempo libero negli ultimi giorni e, spoiler alert su Halo Infinite, ne sta valendo assolutamente la pena.
Lo so che la stragrande maggioranza dei miei post sono invettive, critiche spesso scritte di getto o comunque riflessioni su una visione totalmente personale della realtà delle cose. Ma quando c'è da elogiare e fare i complimenti non mi tiro certo indietro. Soprattutto quando si tratta di combinare le mie passioni: gaming e comunicazione.
La serie Power On: The Story of Xbox è un documentario rilasciato lunedì scorso da Microsoft ed è composto da 6 episodi. Sulle prime si può pensare essere un omaggio soltanto ai fan del brand, tuttavia è una testimonianza impressionante di come Xbox sia riuscita a cambiare la industry e quasi sempre per il meglio, incontrando sul suo cammino fallimenti, successi o il rischio di non vedere mai la luce.
Gran parte della serie è dedicata al concepimento della prima, originale, console Xbox lanciata nel 2001. Un'innovazione tecnologica che ha portato alle primissime forme di socialità prima in presenza con i LAN parti di cui parlavo e successivamente, un anno dopo, con il lancio di Xbox Live a massificare l'esperienza di gioco online che tutti oggi conosciamo.
Oltre ad essere un'interessante testimonianza per chi è interessato a scoprire la storia di questa industria, è un profondo atto di auto riflessione da parte di un gigante della tecnologia ad oggi senza precedenti. L'essere completamente trasparenti nei confronti del pubblico, in primis quello dei videogiocatori, l'ammissione di certe scelte scellerate e come per un certo periodo di tempo si sia persa la rotta (ora riacquisita dal 2014 con la guida di Phil Spencer) è una mossa di valore di brand incredibile. Soprattutto se a questo si aggiunge il fatto che nei vari episodi vengono intervistati sia detrattori, sia diretti competitor come uno dei precedenti presidenti di PlayStation.
Uno statement di maturità da parte di Microsoft davvero illuminante e illuminato che spero venga preso ad esempio da tanti altri, anche in settori differenti da questo.