Readng

No, non ho sbagliato il titolo. È il nome di una neonata app per il tracking e la scoperta di libri. Sulla scia di goodreads, ormai l’ombra di un sito anni ’90, e dell’anonimo anobii che ha cambiato più proprietari di Yahoo!, Readng sembra voler dare una botta di freschezza al circolino delle app di tracciamento di lettura.Seppur ancora acerbo, in pochi minuti ho completato l’import di quanto tracciato su goodreads, e ha a disposizione un’intera sezione di richieste aperte per migliorare costantemente il servizio in base al feedback e idee proposti dagli utenti. Il che lascia ben sperare per il futuro del servizio.Al momento mi sembra un po’ scarna l’integrazione per ricercare nuovi amici, di fatti per ora è solo su invito. Ma credo l’intento sia proprio quello di creare una piattaforma di nicchia, lontana dalle dinamiche social attuali, evitando qualsiasi integrazione di sorta.Al momento ho a disposizione tre inviti, se avete voglia di testarlo, commentate qui sotto 👇🏻.

Readng

Prova a prendermi

La disintermediazione della TV tradizionale nel trasmettere le nostre tanto amate serie fiction e non ha radici lontane. Più precisamente con l’arrivo di Lost nel 2004. Con esso la massiccia diffusione della pirateria, certo, ma fu il primo segnale molto di chiaro di come potessimo fare a meno della televisione come significato e ne avessimo bisogno sempre più come significante.Qualsiasi schermo da quel momento in avanti sarebbe andato bene per trasmettere il nostro show preferito, non importava dove, non importava quando. Importava poter schiacciare Play da qualche parte e godersi lo spettacolo.Oggi l’esperienza di fruizione è diventata “seamless”, senza soluzione di continuità passiamo dal tablet sul gabinetto, allo smartphone sulla metropolitana all’app sul 55'’ del salotto con un paio di clic siamo proiettati dentro in un infinito mondo di storie tagliate su misura.Una lunghissima coda dentro la quale trovare un sottobosco di produzioni dove è sempre più raro pescare qualche piccola gemma, vedasi The Kominsky Method e Modern Love, e dove finalmente mi è chiaro il motivo per cui non esisterà mai uno Spotify per le Serie TV. Un contenitore dove trovare tutto, ma proprio tutto va contro le logiche di spremitura sino all’ultima goccia di un prodotto che è peggio del maiale.Non si butta via niente, mai. Cobra Kai nasce su YouTube e adesso ce lo ritroviamo su Netflix, The Office esce dal catalogo Amazon ed entra in quello di Disney+, Power da Sky a STARZPLAY. Insomma avete capito la logica. Se non stai attento la serie che stavi seguendo fino a poco tempo fa magari ha pubblicato la nuova stagione altrove e si rischia di non ritrovarcisi più.Grazie alle condivisioni degli account non posso lamentarmi più di tanto, ma a conti fatti abbiamo all’attivo un discreto numero di servizi streaming: Netflix, Now TV, Prime Video, STARZPLAY, Apple TV+, Disney+. Spesso per seguire una manciata di uscite o poco più, ma al giorno d’oggi o fai così, o sei in attesa nella speranza quel contenuto venga acquistato dalla piattaforma dove hai deciso di stabilirti.Commodity, bollette come quelle di luce e gas, indispensabili per elevarsi almeno un pochino al di sopra del palinsesto spazzatura delle tv pubbliche e commerciali italiane.

No, WhatsApp non condividerà i tuoi dati personali

Con l’aggiornamento di ieri molti di voi avranno notato questa schermata alla riapertura di WhatsApp. Ove sostanzialmente si deve accettare ora o nel mese di febbraio dove sarà obbligatorio farlo.Prendere o lasciare il servizio per sempre.Ed è iniziato il classico bailamme mediatico. WhatsApp cattivo condivide con le altre aziende del gruppo le nostre informazioni personali per mostrarci pubblicità contestuale su Facebook.

I dati che verranno condivisi con Facebook saranno i nomi, le foto di profilo, gli aggiornamenti di stato, i numeri di telefono, gli elenchi dei contatti, gli indirizzi IP, le informazioni tecniche sul proprio dispositivo come marca e modello, versione di sistema operativo e operatore telefonico; se interagiscono con aziende tramite WhatsApp, Facebook riceverà gli indirizzi postali di spedizione e gli importi spesi in acquisti.

E via a citare i consigli di Elon Musk. La stessa Signal che ammette rallentamenti per i troppi nuovi iscritti e i siti di tecnologia al galoppo per consigliare app alternative.

Purtroppo solo poche testate online hanno segnalato che queste modifiche non saranno attive in Europa, e per quanto mi scocci Corriere.it è una di queste:

Intervenuto sulla questione, un portavoce di WhatsApp ha precisato: “ Non ci sono modifiche alle modalità di condivisione dei dati di WhatsApp nella Regione europea (incluso il Regno Unito) derivanti dall’aggiornamento dei Termini di servizio e dall’Informativa sulla privacy. WhatsApp non condivide i dati degli utenti WhatsApp dell’area europea con Facebook allo scopo di consentire a Facebook di utilizzare tali dati per migliorare i propri prodotti o le proprie pubblicità”.

Questo perché, a quanto riporta una nota divulgata dalla piattaforma, “se in futuro dovessimo scegliere di condividere tali dati con le società di Facebook a questo scopo, lo faremo solo dopo aver raggiunto un accordo con la Commissione irlandese per la protezione dei dati ( WhatsApp Ireland è infatti l’entità che fornisce il servizio agli utenti europei, ndr) su un meccanismo futuro che consenta tale utilizzo”.

Tradotto: per il momento WhatsApp non condividerà le informazioni degli utenti con Facebook a scopo pubblicitario. Intanto, però, ha chiesto loro l’autorizzazione (obbligatoria), anche per consentire agli account Business una più agevole gestione delle conversazioni tra le due piattaforme.

Per il momento, quindi, calma e sangue freddo. E per lunghe che siano le FAQ e i documenti di policy è sempre tutto dettagliato lì dentro.Ho avuto sempre un costante rapporto di amore/odio nei confronti di WhatsApp, ma volente o nolente mi ritrovo costretto ad utilizzarlo per motivi lavorativi e di vita privata. Non foss’altro l’app di messaggistica istantanea più diffusa sul pianeta.Prediligo Telegram come alternativa, benché si appresti anch’essa ad essere invasa da contenuti pubblicitari o abbia qualche problema di privacy nella condivisione della geolocalizzazione. Tuttavia ancora a meno di WhatsApp non si può fare.Vedremo in futuro se queste modifiche ai termini privacy arriveranno anche nell’Unione, a quel punto ci sarà da domandarsi se migrare definitivamente su alternative più attente a quanto l’utente sia disposto a condividere di sé.Update 15 gennaio: Il blog di WhatsApp chiarisce la situazione, come appunto avevo anticipato.WhatsApp si fonda su un concetto semplice: tutto ciò che condividi con familiari e amici rimane tra voi. Questo significa che continueremo a proteggere le tue conversazioni personali con la crittografia end-to-end. Grazie a questa misura di sicurezza, né WhatsApp né Facebook possono vedere i tuoi messaggi privati. Ed è per questo motivo che non teniamo traccia delle persone che chiami o a cui invii messaggi. WhatsApp non può nemmeno vedere la posizione da te condivisa e non condivide i tuoi contatti con Facebook.

La Molisana. Una storiaccia per chi non vuol andare oltre al titolo

Pasta e comunicazione. Due argomenti su cui sento di poter dire qualcosa. Una storiaccia. Il giusto vezzeggiativo per l’ennesima bolla di sapone intrisa di ignoranza, odio represso e facilissima attività di acchiappa like. Ovvio, sulle prime chi non si sarebbe indignato e fermato al titolo. Come ormai l’80% delle persone fa.Uniti i puntini si sarebbe facilmente saliti sul carro dei puntatori di indici verso l’apologia al fascismo. Ma sarebbe bastato spendere quei pochi minuti in più per aprire un mondo storico a fondamento di tutto. Attenzione, non giustificativo, ma esplicativo di quanto fatto da La Molisana così come da tante altre marche. Uno dei pochi a fare uno sforzo più lungo di un tweet è stato Gambero Rosso. E per fortuna.

Ora cosa succederà? Tutti i pastifici italiani cambieranno nome alle “tripoline” o l’ennesima ventata di perbenismo populista piccolo borghese svanirà con la stessa rapidità con cui è montata accontentandosi dello sfregio fatto all’azienda della famiglia Ferro? Beninteso: La Molisana fattura 150milioni ed ha le spalle piuttosto larghe; e magari alla fine guadagnerà perfino da questa storiaccia. Ma non tutte le realtà sono robuste, e non tutte le persone lo sono.

Quello che ci premeva sottolineare, al di là di questa vicenda specifica, è cosa riesce a generare oggi un post sui social se mirato come un fucile verso una singola realtà (o una singola persona) e se costruito per toccare determinate corde. Chi sarà il prossimo obbiettivo? Chi dileggiamo domani senza controllare, senza informarci, senza saperne nulla, senza approfondire, senza verificare?

Chi ben comincia…

E bon, pensavo che già così fosse sufficiente per partire e avere un prospetto dei 12 mesi a venire.

Verso le 18 invece sono riuscito a far cadere e rompere lo specchietto double face Ikea. Non credo troppo nella mala sorte in questi casi, ma mi acceso la curiosità sui fantomatici 7 anni di sfiga. Ed ecco un bel post di Mitì ad accontentarmi.

In questi giorni di “pausa” dalla quotidianità abbiamo consumato tutte le piattaforme di streaming alle quali siamo abbonati. In particolare, stiamo usufruendo di 1 anno gratuito di Apple TV+ e con essa ci siamo bevuti in pochi giorni il film On The Rocks, sia The Morning Show che Trying. Una meglio dell’altra. Impossibile non fare un confronto con le produzioni Netflix. Apple sembra si stia impegnando molto dal punto di vista qualitativo, entrambe hanno sceneggiatura, fotografia e regia incredibili, ma soprattutto mi sembra la qualità dello streaming sia una spanna sopra tutte le altre piattaforme. Al momento ci sono ancora pochi contenuti ma sono curiosissimo di guardare Servant e See. E tra qualche giorno arriverà anche il nuovo film di Justin Timberlake, Palmer, che Lorenzo mi ha fatto scoprire.

Nel frattempo su Amazon Prime Video sbarca la piattaforma STARZPLAY con il seguito di Power e la nuova serie tratta dal romanzo di Stephen King, The Stand, ma soprattutto tutte le stagioni di Animal Kingdom così da poter terminare la visione completa della serie.

Quasi dimenticavo, l’anno è iniziato sulla positiva onda lunga della riscoperta di Stadia. A cui ho voluto dare una nuova chance e capire se davvero ci fosse stato quel balzo in avanti leggo in ogni dove in rete, anche grazie a Cyberpunk 2077 e alla sua versione seconda solo a quella PC. Si è acceso in effetti qualche barlume di speranza. Ho giocato molto proprio a Cyberpunk 2077 ad Assassin’s Creed Valhalla, ma ancora di più a Immortals Fenyx Rising.

Ventiventuno

Se il 2019 mi è sembrato rapidissimo, il 2020 lo è stato ancora di più. Complice una pandemia mondiale, i preparativi per un incerto matrimonio a causa di quest’ultima e provare a cercare quella nuova normalità di cui tutti parlano, una resilienza pronta a diventare routine.Quest’anno ho scritto molto poco, ma non meno di quanto avessi voluto. Questo perché il tempo è quello che è e ne sto dedicando tanto ad altre passioni, il gaming sopra ogni altra che con qualche novità è tornato ad affacciarsi con positiva viralità nelle mie giornate.Non ho particolari mire per il 2021, scriverò quando posso e sarò ispirato, senza dimenticare quanto segue:

It is on the most important blog.

Yours.

Even if no one but you reads it. The blog you write each day is the blog you need the most. It’s a compass and a mirror, a chance to put a stake in the ground and refine your thoughts.

And the most important post? The one you’ll write tomorrow.

E ora come consuetudine vi ciucciate il meglio del peggio del 2020.Qui trovate le precedenti edizioni: 2019, 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013

  • Ci siamo sposati comunque. Ed è stato bellissimo lo stesso.
  • Quest’anno però niente viaggi, a parte qualche giorno in Sardegna alla scoperta di nuove località
  • Ho scritto tanto soprattutto durante la prima parte dell’anno. E l’argomento principale era l’argomento principale. Una serie di post a tema Covid-19
  • E sì, ho scritto un pelo di più di videogiochi finalmente
  • Ho ricominciato ad utilizzare Spotify come piattaforma principale per la fruizione musicale. Complice la tanto attesa possibilità di salvare illimitatamente canzoni ed album. E questo mi porta al consueto wrap-up di fine anno. Con mia somma gioia sono tornato ad ascoltare tonnellate di nuova musica, portandomi a sfiorare di nuovo il record di ascolti. A solito trovate tutto su Last.fm
  • Fronte serie TV e Film, complice la costrizione in casa abbiamo consumato praticamente ogni piattaforma di Streaming. Qui i risultati su Trakt.tv
  • Lo show dell’anno in grado di vincere a mani basse è: The Kominsky Method. L’abbiamo scoperto per caso qualche giorno fa. Michael Douglas sarcastico e un Alan Arkin pungente al punto giusto non ci fanno mai smettere di ridere. Già rinnovata per una terza stagione!

La playlist del mio matrimonio

Finalmente trovo quei 5 minuti di tempo per scrivere questo post “in canna” da almeno 3 mesi. Nelle fase preparatorie al nostro matrimonio abbiamo quasi immediatamente escluso l’utilizzo di una band o di qualsiasi altra musica suonata dal vivo.

Perché?

I generi richiesti sarebbero stati troppi e nessuno penso ci avrebbe mai soddisfatto appieno. Abbiamo optato quindi per un DJ. O meglio, qualcuno che mettesse la musica scelta da noi.

Credo sia stata la cosa che nel corso dei mesi ci ha portato via più tempo in assoluto, una accurata selezione di brani per noi importanti o che semplicemente si sarebbero dovuti incastonare alla perfezione con il momento della giornata.

Ed ecco qui il risultato, consiglio vivamente di attivare l’ascolto Shuffle visto che si parte dall’opening cerimonia per arrivare al momento discoteca.

Ci teniamo molto, per cui ogni commento è ben accetto.

Spostiamo le feste

Con una decisione non poco sofferta con mia moglie abbiamo deciso di non festeggiare con nessuno dei nostri parenti le prossime festività natalizie.La loro salute arriva prima di tutto. Senza nessuna eccezione. Ma soprattutto non vogliamo sottovalutare la situazione e per una leggerezza che accadesse l’impensabile.Abbiamo optato per videocall, o nel caso dei miei genitori di una passeggiata insieme, visto che siamo nello stesso comune, senza mai togliersi le mascherine e mantenendo le debite distanze. Rimandando la convivialità di un buon vino e leccornie a quando si potrà farlo in sicurezza.Quindi, a questo punto, perché non rimandare in toto tutte le feste in monoblocco?

Ci sono certe date che corrispondono a commemorazioni solo per convenzione sociale. Natale si festeggia a Natale ma, senza il Natale, sarebbe un giorno come la vigilia o Santo Stefano. Stesso discorso per capodanno.

Hanno persino posticipato le Olimpiadi che, per evitare di spendere miliardi in bianchetto per la correzione del logo stampato ovunque, si chiameranno lo stesso Tokyo 2020, sempre che il DPCM ci permetta di portare a destinazione la torcia olimpica. Siamo adulti — non ancora vaccinati — e per una volta possiamo desistere dalla nostra smania di rispettare le tradizioni ad ogni costo.

Il dibattito sulla disposizione degli invitati a tavola frena le aziende del settore dei segnaposti e, ancora oggi, nessuno sembra in grado di prevedere chi festeggerà cosa e con quali parenti.

Per questo dovremmo spostare in blocco le feste natalizie a un momento meno soggetto a restrizioni e, da qui all’Epifania che non si porterà via nulla, tirare dritto con la scuola e il lavoro. Dobbiamo avere pazienza e attendere giorni migliori.

E poi che bello, ci pensate?

Fare l’albero a fine febbraio e battere le mani a ritmo della Radetzky Marsch — rigorosamente trasmessa da Vienna — a metà marzo? E perché non ad aprile, a ridosso della pasqua, per fare un intero mese di ponti per festeggiare la sconfitta del coronavirus nel modo che preferiamo?

Il problema è che siamo troppo rigidi, in queste cose.

[…] Per una volta, nella storia del genere umano, si può fare un cambiamento, no? Dove sono i paladini della resilienza quando servono?

Vivere mille vite. Come i videogiochi hanno cambiato la mia vita

I primi ricordi legati ai videogiochi affondano nella mansarda della villetta a 4 piani che da piccolo mi sembrava enorme, ogni angolo un nascondiglio e un luogo da (ri)scoprire ogni volta. Quella mansarda raggiungibile solo con una scala a chiocciola da affrontare a quattro zampe perché non alto abbastanza da arrivare al corrimano. Il suo grande stanzone, da un lato c’era il letto di mia sorella che da lì a poco sarebbe uscita di casa, dall’altra bauli e armadi di molti decenni prima che nella mia fantasia erano ricchi di tesori sepolti.In mezzo alla stanza c’era un grosso tavolo di legno con sopra quello strano aggeggio con una tastiera enorme e la scritta AMIGA intarsiata nella plastica.

Ricordo con quanta avidità cercavo sempre di sgattaiolare di sopra nella speranza di capirci qualcosa su come avviarlo e farci girare i videogiochi che mio padre comprava senza nemmeno sapere cosa stesse comprando.Ricordo in particolare solo due giochi, Sensible Soccer e Firepower, il resto dei ricordi è fumoso e sbiadito tra molti minuti di attesa attesa per i caricamenti e l’amarezza di non averla conservata gelosamente fino ad oggi.La passione per i videogiochi è nata così, anche per me come Lorenzo nel suo meraviglioso racconto “Vivere Mille Vite”, grazie ai miei genitori, i quali nel mio caso vedevano quanto mi tenessero impegnato e accendessero quella scintilla nei miei piccoli occhi.Amiga fu solo l’inizio.

I miei genitori sul finire degli anni ’80 gestirono un bar vicino casa. Quel bar non solo era il luogo dove mamma e papà lavoravano, ma era quel posto magico dove 500 lire riempivano interi pomeriggi. Sì perché mio padre intuì che i cabinati avessero una forte attrattiva sui giovani del tempo e creò quindi un’ala con una decina tra flipper e arcade e io a 6 anni non solo ero il figlio dei proprietari in grado di giocare gratis tutto il tempo che volevo, ma potei stringere amicizie altrimenti impensabili, accedere al mondo degli adulti e insegnare qualcosa a loro su quei videogiochi che al tempo sembravano la fine del mondo. Mi ricordo in particolare Hammerin Harry, un platform a scorrimento sul quale detenevo il record di sempre.Ma una volta tornati a casa, anche lì non si scherzava.

Nella mia stanza, attaccato a quel minuscolo tv a tubo catodico c’era il Sega Master System ad attendermi. Sì, ero fan Sega e saltai completamente tutte le console Nintendo fino al GameCube, ma questa è un’altra storia. Tornando al Master System ricordo chiaramente la prima edizione di Fifa che a quei tempi si chiamava Fifa International Soccer e solo dal 1995 iniziò ad avere l’anno aggiunto vicino al naming FIFA. Con lui l’intramontabile Sonic e qualche altro gioco che magari non ho mai giocato per intero perché non corrispondeva ai miei gusti.Ai tempi non c’erano che poche riviste di settore attraverso le quali informarsi sulle nuove uscite, ma lo strumento più potente e utilizzato per poter capire se un videogioco facesse al caso tuo prima di comprarlo con le paghette raccolte nei mesi era il passaparola dei tuoi amici.Venne il momento in cui i videogiochi mi salvarono letteralmente la vita. Quanto meno mi salvarono dalla noia.

Nei primi anni ’90 nella via proprio dietro quel bar dei miei genitori subii un incidente stradale abbastanza spiacevole con svariate complicanze conclusesi un decennio dopo, ma che sul momento fu un piccolo terremoto che scosse la mia famiglia dalle fondamenta. Necessitavo di cure costanti e per questo i miei decisero di vendere il bar.

Due mesi in ospedale e altrettanto tempo da convalescente a casa, come ammazzare il tempo? Mi vennero in aiuto le console portatili. Su questo fronte non mi sono fatto mancare nulla. GameBoy con Tetris, AtariLynx con Rygar e Game Gear con Sonic e Columns.Dopo poco arrivò la console che forse ho amato di più in assoluto. Il Sega Mega Drive. Aveva tutto, era perfetta e tutti i giochi che avrei sempre potuto desiderare. Solo che da lì a poco in casa arrivò un aggeggio bianco, ingombrante e che decidemmo di piazzare in taverna. Il mio primissimo computer, un 386 con sopra Windows 3.1. Mi cambiò la vita come a Lorenzo nel capitolo dedicato a Doom. Per me fu lo stesso ma con Wolfenstein 3D.

Non avevo visto niente di simile fino a quel momento e me ne innamorai. Non giocavo a nient’altro se non a quello.Da lì in avanti è stata un escalation dedicata soltanto al computer. Innumerevoli pezzi cambiati, un sacco di giochi anche piratati (ai tempi era la norma) e tante splendide avventure dopo, arrivò quel piccolo aggeggio grigio prodotto da Sony che prometteva di cambiare il mondo delle console casalinghe. E lì un altro fulmine a ciel sereno. PlayStation = Metal Gear Solid. Credo di aver consumato almeno due pad nel giocarci e accumulato non so quante ore di gioco.In quegli anni il computer rimaneva però per me il chiodo fisso, tanto che installai in tutti i PC delle scuole superiori in aula di informatica un simpatico gioco di Dragon Ball Z, saltando a pie pari PlayStation 2.

Arrivavano voci da ovest di una console targata Microsoft che sarebbe uscita da lì a poco, e come dicevo per me i computer e il loro massimo rappresentate dell’epoca Bill Gates per me equivalevano a Microsoft. Aspettai Xbox con trepidante fermento.Era il 2002. Iniziavo a navigare su internet con incessante vigore. Mi imbattei in un forum di appassionati, e da lì iniziai a costruire un sacco di amicizie e importanti relazioni che mi portarono non solo per scrivere per quella neonata rivista che è everyeye.it ma che mi consentirono di viaggiare “a causa” dei videogiochi con press tour, anteprime e community tour addirittura in Canada direttamente nella casa di sviluppo di Fifa.

Tutto questo percorso mi condusse poi a lavorare in Microsoft, a trovare la mia strada di geek e appassionato di tecnologia, ma dovetti a malincuore allontanarmi dai videogiochi come strumento di sostentamento e ne parlo in questo vecchio post. Invidio chi come Lorenzo riesce a farne una professione e, quotidianamente, con il senno di poi mi domando se avessi potuto continuare su quella strada, se avessi avuto lo standing necessario per divulgare un mezzo straordinario come il videogioco.Ormai è troppo tardi, la passione dei Videogiochi è intatta e cerco quando posso di scriverne qui. Ecco, ci tengo a concentrarmi sulla parola “passione”. È grazie alla condivisione di questa passione e al libro di Lorenzo che sono riuscito a buttare giù queste memorie. Una poderosa cavalcata sulla storia delle pietre miliari dei videogiochi vissute dagli occhi dell’autore stesso e non c’è niente di meglio di un racconto vissuto in prima persona per respirarne tutte le emozioni vissute. Non conosco Lorenzo di persona, ma è fidanzato con una mia ex collega e ho sempre seguito i suoi lavori in rete.

Adoro come scrive e ho acquistato il suo libro appena ho potuto, divorandolo in qualche nottata prima di addormentarmi. Senza la sua testimonianza difficilmente mi sarei messo qui a scrivere questo lunghissimo post, ma la passione ti porta a creare cose di cui non ti saresti mai ritenuto capace.Perciò, da videogamer a un altro, grazie Lorenzo.

Il mio test di Xbox Game Pass cloud gaming