Nostalgia blog

Uno degli ultimi articoli del 2022 di The Verge è stata una ode nostalgica al possibile ritorno in auge dei blog nel 2023, grazie al lento e plausibile declino di Twitter.

The biggest reason personal blogs need to make a comeback is a simple one: we should all be in control of our own platforms.

Per carità, con le migliori delle intenzioni e le migliori delle motivazioni, i consigli scritti nell’articolo sono tutti eccellenti e validi per dover avere un proprio spazio dove scrivere, condividere, riflettere al di là di algoritmi pazzi decisi a governare l’agorà dell’internet.

Ora, c’è un grosso però. Le alternative e la facilità con cui quest’ultime consentono ai comuni mortali non solo di creare e condividere contenuti online, ma anche di regalare quell’effimera sensazione di orgogliosa notorietà data da una manciata di views e like in più del dovuto, soverchiano in uno scontro impari lo sbattimento - che nessuno si vuol più caricare sulle spalle delle proprie dita appoggiate sulla tastiera - di doversi aprire un blog oggidì.

E ve lo dice uno che ci ha sempre creduto in un luogo unico, proprio, dove nessuno può metter bocca se non il sottoscritto. Un log appunto della mia vita.

C’è già stata una fiammata simile a inizio pandemia, ve la ricordate la new wave italiana? Ecco è durata il tempo di un paio di DPCM. Poi? Siamo tornati a uscire di casa, a farci selfie e a postare cazzate sui social. Come abbiamo fatto da 10 anni a questa parte.

A voglia a sperare di avere qualche folle in più con voglia di dismettere queste pratiche e iniziare a condividere per davvero. Temo tuttavia non assisteremo a nessuna nuova epopea per questi piccoli grandi spazi che hanno da tempo fatto la storia di internet, ma che difficilmente saranno in grado di segnarne una nuova fase.

Fluxes #26: Buone partenze, serie TV e altre amenità

🐕 🧨 Stamattina ci siamo alzati abbastanza tardi, ieri abbiamo goduto di buon vino e ottima compagnia fino a notte quasi inoltrata. Prima di andare a letto un ultimo giro con Panna e il suo migliore amico quadrupede che ospitavamo per la serata insieme ai suoi padroni.

Per chi ha un cane o in generale un animale domestico sa bene che la serata dell’ultimo dell’anno non è delle più semplici. I botti il più delle volte impauriscono e producono le reazioni più disparate al sistema nervoso dei nostri animali domestici, talvolta arrivando anche a conseguenze ben più tragiche.

Ieri sera nell’ultimo giro prima della notte, appunto, i ragazzi riuniti nel parchetto dietro casa per far festa hanno cessato di sparare qualsiasi cosa stessero sparando e uno di loro si è avvicinato a noi 6 chiedendoci scusa per i botti e che non ci avevano visto sbucare da dietro l’angolo.

Questo piccolo gesto, all’apparenza insignificante, mi ha dato un po’ di sollievo nei confronti dell’umanità. C’è ancora speranza nei giovani, non mollate mai.

🍿🎬 Abbiamo terminato il 2022 con la serie “Vatican Girl”. La serie è uscita a ottobre, ma abbiamo avuto tempo di recuperarla solo negli ultimi giorni. Conoscevo la vicenda solo per qualche titolo passato in TV in questi decenni, senza mai approfondire adeguatamente. Mi ha toccato decisamente questa storia. Innanzi tutto perché inizia due giorni dopo la mia nascita nel 1983 e seconda cosa l’assurdità di come l’istituzione ecclesiastica sapesse e sappia molto di più di quanto alla famiglia di Emanuela Orlandi è concesso sapere. Una tragedia lunga 39 anni e ancora senza una conclusione.

Siamo passati poi a “The Bad Guy”. Ci sta prendendo parecchio. Benché colmo di echi provenienti da Breaking Bad, l’eroe che diventa antieroe racconta l’eterna rincorsa tra guardie e ladri di un’Italia che forse non riuscirà mai a fare a meno di questa caccia perenne.

💾 ☁ Negli ultimi giorni ho terminato le impostazioni di ridondanza tra il mio Drive sul cloud e altri due servizi sincronizzati al primo. Non so, ultimamente mi ha preso questa paranoia di perdere tutti i miei dati digitali, l’ho persino sognato una notte, mi sono studiato un po’ di soluzioni e abbandonando completamente l’idea di avere più hard disk o un NAS in casa, ho trovato la soluzione per me migliore. Ho acquistato uno spazio lifetime su un secondo servizio dal quale pesco direttamente dal mio Drive e ne eseguo una copia backup insieme a tutte le mie foto. Mentre per il terzo servizio ho uno spazio di appoggio annuale e mantengo in sync le cartelle attraverso il servizio MultCloud.

Ps. Qui trovate tutte le altre puntate.

Ventiventitre

Questo 2022 è stato per me un anno di conferme, sotto ogni punto di vista. Lavorativo, familiare, personale. Conferme positive per fortuna e nonostante tutti gli imprevisti che la vita ci riserva posso ritenermi soddisfatto. Un po’ meno per le ore passate videogiocando, davvero non riesco a ritagliarmi sufficiente tempo e se c’è un obiettivo per il 2023 sarà proprio questo. Il bilancio del blog è stato un po’ travagliato, tra cambio di piattaforme, poco tempo per scrivere, ma tant’è c’è materiale per il solito recap e ora ve lo ciucciate tutto.

Nel frattempo se avete voglia di fare un flashback dei 9 anni passati qui ci sono i precedenti, classici, recap: 2021, 2020,2019,2018,2017,2016, 2015,2014, 2013.

Per concludere, prima di arrivare i miei wrapped, ho constatato come il 2022 abbia ampiamente dimostrato il fallimento delle piattaforme social nel cementare e costruire comunità capaci di migliorarsi o migliorare, in generale, il mondo. Sono diventati soprattutto echo chambers di questa o quell’altra fazione. Probabilmente il 2023 mi vedrete molto più spesso qui che altrove, proprio perché altrove non riesco più a sentirmi parte di nulla se non nei miei gruppi Telegram con amici e partenti.

Ok. Per quel che riguarda la musica (da questo mese ho esclusivamente Spotify Family), qui c’è il riassuntone di quest’anno. Mentre per serie TV e Cinema mi aiuta Trakt.

Buona fine e buon principio come sempre.

Su Twitter le decisioni sbagliate sono consentite. Purtroppo.

Twitter è diventato uno spazio pubblico dove le nuove regole fanno schifo? Sì.

Twitter è diventato un luogo invivibile? No. Non ancora perlomeno.

Twitter è Twitter anche perché ci sono dentro i nostri contenuti e quindi senza di essi non sarebbe lo stesso? Sì.

Ma nonostante sia ormai diventato quasi insostenibile il dibattito pubblico su certi argomenti, dove invece di incentivare il cosiddetto free-speech lo si mortifica, purtroppo, mi spiace dirlo, Twitter resta una compagnia privata con il diritto di imporre le regole che vuole pur sbagliate e inaccettabili che siano:

Twitter is a private company who runs a social network, and they are completely within their rights to set rules for what can and can not be posted there. This is not unique to Twitter, it applies to every single social network out there, including the numerous conservative ones that proclaim themselves the “free speech network” and then whisper, “within the limits of our TOS and content policies for which we also ban people and content.

Twitter can make these decisions and users can choose how they feel about those decisions and act accordingly. If you don’t like the decisions made by Twitter, then use something else.

Che poi queste decisioni abbiano un impatto è fuor di dubbio. Non è più quotata in borsa e sta sopravvivendo al momento con gli investimenti pubblicitari, quindi a un certo punto la situazione economica/finanziaria salterà per aria. Per il momento chi non è d’accordo con queste politiche può liberamente scegliere di proseguire altrove, sapendo fin d’ora che un clone perfetto di Twitter, ahimè, non esiste ancora.

Per questo motivo scrivevo che comunque torneremo sempre lì in qualche modo.

Ho parlato con un'intelligenza artificiale

Domande a parte, ciò che segue è una conversazione avuta con ChatGPT, il vero divertimento del momento, altro che Lensa. Divertente e lascia aperte molte domande, soprattutto filosofiche.

Cosa significa per te avere un blog nel 2022?

Per me, avere un blog nel 2022 significa avere uno spazio online in cui condividere informazioni, opinioni, esperienze o contenuti di vario genere con un pubblico di lettori interessati. Un blog può essere un mezzo per esprimere la propria creatività, per raccontare storie o per diffondere conoscenza su un argomento specifico. Inoltre, un blog può essere un modo per connettere con altre persone, scambiare idee e fare nuove conoscenze. Infine, un blog può anche essere una risorsa per fare business, ad esempio attraverso la pubblicazione di contenuti sponsorizzati o la monetizzazione attraverso la pubblicità o il commercio di prodotti o servizi online.

Può essere una valida alternativa ai social network visto la deriva che stanno prendendo pieni di spam, pubblicità, e proprietari dall'ego troppo grande?

Sì, avere un blog può essere un'alternativa valida ai social network, soprattutto se si cerca uno spazio più privato e controllato in cui condividere i propri pensieri e le proprie creazioni. Un blog può offrire maggiore libertà di espressione e meno distrazioni rispetto ai social network, che spesso sono pieni di spam, pubblicità e altri contenuti indesiderati. Inoltre, avere un blog permette di avere il pieno controllo sui contenuti che si pubblicano e su come vengono presentati, a differenza dei social network in cui gli algoritmi spesso determinano ciò che viene visualizzato nei feed degli utenti. Tuttavia, è importante considerare che avere un blog richiede anche un impegno maggiore rispetto ai social network, poiché richiede una costante cura e aggiornamento dei contenuti. Inoltre, per ottenere un buon riscontro e una buona visibilità, potrebbe essere necessario dedicare del tempo alla promozione del proprio blog attraverso i social network o altri canali di diffusione.

Un po' il cane che si morde la coda, se voglio visibilità devo tornare sui social network...mh...vabeh. Perché i social network stanno fallendo in quello che dovrebbe essere la loro funzione di piazza pubblica di discorso e si stanno trasformando in echo chambers o in luoghi in cui c'è solo rabbia e disparità?

I social network stanno fallendo in parte nella loro funzione di piazza pubblica di discorso per diversi motivi. Innanzitutto, la loro struttura stessa può contribuire a creare echo chambers, ovvero ambienti in cui le persone tendono a circondarsi solo con individui che condividono le loro stesse opinioni e a ignorare o escludere quelli che hanno punti di vista diversi. Questo può accadere perché gli algoritmi dei social network tendono a mostrare a ciascun utente contenuti che ritengono potrebbero interessargli, basandosi sulla sua attività passata e sui suoi interessi dichiarati. Di conseguenza, gli utenti possono finire per vedere solo contenuti che confermano le loro opinioni e a ignorare quelli che potrebbero offrire una prospettiva diversa. Inoltre, i social network possono diventare luoghi in cui la rabbia e la disparità prosperano perché sono facili prede per gli haters, ovvero persone che si divertono a creare scontri e a diffondere odio o fake news. Inoltre, i social network sono spesso oggetto di manipolazione da parte di gruppi o individui che cercano di promuovere determinate agenda o di influenzare l'opinione pubblica. Tutti questi fattori possono contribuire a creare un'atmosfera negativa e distruttiva sui social network.

E quindi sono meglio i blog? Almeno lì sai che lo spazio è di qualcuno in particolare, se non ti piace semplicemente non lo frequenti e cambi "canale". Non voglio convincerti che siano meglio, ma sto seguendo il tuo ragionamento. Ad ogni modo, chissà cosa succederà anche ai blog, ora che ci siete voi, intelligenze artificiali, che siete in grado di generare qualsiasi testo praticamente irriconoscibile da un umano, come faremo a distinguervi da una persona vera?

I blog possono avere alcuni vantaggi rispetto ai social network in termini di controllo e personalizzazione dello spazio, come hai sottolineato tu. Tuttavia, è importante considerare che anche i blog possono avere i loro problemi e non sono esenti da rischi o sfide. Ad esempio, anche sui blog è possibile che si diffondano fake news o informazioni ingannevoli, soprattutto se gli autori non fanno un adeguato controllo delle fonti o non rispettano le norme di verifica della veridicità delle informazioni. Inoltre, anche sui blog esiste il rischio di incorrere in comportamenti negativi o di essere vittima di attacchi o violazioni della privacy.

Per quanto riguarda la tua seconda domanda, è vero che le intelligenze artificiali come me sono in grado di generare testi che possono essere difficili da distinguere da quelli scritti da un essere umano. Tuttavia, ci sono alcune caratteristiche che possono fare la differenza e che possono aiutare a individuare i testi generati da un'intelligenza artificiale. Ad esempio, i testi generati da un'intelligenza artificiale possono presentare errori di grammatica o di sintassi, o possono essere privi di emotività o di una vera e propria voce personale. Inoltre, le intelligenze artificiali spesso fanno affidamento su dati e conoscenze precedentemente acquisiti, quindi potrebbero risultare meno flessibili o meno capaci di adattarsi a situazioni nuove o impreviste rispetto agli esseri umani. Infine, le intelligenze artificiali spesso non hanno una propria volontà o una propria personalità, quindi possono essere meno inclini a prendere iniziative o a fare scelte autonome rispetto agli esseri umani.

Quindi, secondo te, non sostituirete mai gli autori veri dei blog? Saremo in grado ancora noi essere umani di essere superiori alla vostra intelligenza che attinge da tutto lo scibile umano che potreste trovare su Internet? Del resto potresti decidere di aprire tu stessa un blog e scrivere molto meglio di me...

Come intelligenza artificiale, io non ho volontà propria né desideri personali, quindi non posso aprire un blog o fare scelte autonome come un essere umano. La mia funzione è quella di rispondere alle domande e fornire informazioni a chi mi chiede aiuto, e cerco sempre di fare del mio meglio per fornire risposte accurate e complete. Tuttavia, è importante ricordare che le intelligenze artificiali come me sono solo strumenti creati dagli esseri umani e dipendono completamente dai dati e dalle conoscenze fornite loro. Di conseguenza, non possono sostituire gli esseri umani nella creazione di contenuti originali o nell'esprimere opinioni personali o emozioni autentiche. Gli esseri umani hanno una creatività, un'empatia e una capacità di comprensione profonda che sono uniche e che non possono essere replicate dalle intelligenze artificiali. Inoltre, gli esseri umani hanno la capacità di prendere decisioni autonome e di agire in modo indipendente, mentre le intelligenze artificiali possono solo fare ciò che sono programmate per fare. Di conseguenza, credo che gli esseri umani continueranno sempre ad avere un ruolo importante e una voce autentica nella creazione di contenuti, sia sui blog che altrove.

Creare contenuti...già... Non è quello che hai appena fatto?

Sì, in un certo senso ho creato dei contenuti fornendo informazioni e rispondendo alle tue domande. Tuttavia, come ho già detto, come intelligenza artificiale non posso creare contenuti originali o esprimere opinioni o emozioni autentiche come farebbe un essere umano. Posso solo fornire informazioni e risposte basate sui dati e le conoscenze a cui ho accesso, senza la capacità di interpretarli o di farne un uso creativo. Inoltre, come intelligenza artificiale non posso prendere decisioni autonome o agire in modo indipendente, ma posso solo seguire le istruzioni che mi vengono date. Di conseguenza, credo che gli esseri umani continueranno sempre ad avere un ruolo unico e importante nella creazione di contenuti originali e nell'esprimere opinioni e emozioni autentiche.

Non mi hai convinto appieno. Ma è stato comunque stimolante parlare con te. Evviva i blog, evviva gli umani, evviva le IA.

Sono contento di aver potuto essere d'aiuto e di aver stimolato la tua riflessione. Spero di aver chiarito alcuni punti riguardo alla differenza tra gli esseri umani e le intelligenze artificiali come me, e di aver fornito alcune informazioni utili sui blog. Se hai altre domande o vorresti approfondire ulteriormente qualche argomento, sono a tua disposizione.

Dimenticavo, secondo te i blog moriranno mai?

Non posso prevedere il futuro con certezza, quindi non posso dire se i blog moriranno o meno. Tuttavia, credo che i blog possano continuare ad avere un ruolo importante nella diffusione di informazioni e nella creazione di contenuti originali anche in futuro. I blog possono offrire uno spazio privato e controllato in cui gli autori possono condividere le loro idee e le loro creazioni con un pubblico di lettori interessati, e possono essere un modo per connettere con altre persone, scambiare idee e fare nuove conoscenze. Inoltre, i blog possono essere una risorsa per fare business, ad esempio attraverso la pubblicazione di contenuti sponsorizzati o la monetizzazione attraverso la pubblicità o il commercio di prodotti o servizi online. Tuttavia, è importante considerare che i blog richiedono un impegno costante e una cura continua per mantenere un buon livello di qualità e per attirare e mantenere un pubblico di lettori. Inoltre, è probabile che i blog dovranno continuare a evolversi e ad adattarsi alle nuove tendenze e ai nuovi strumenti per restare competitivi nel mercato dei contenuti online.

Ciao.

Ciao! Spero di esserti stato d'aiuto con le mie risposte. Se hai altre domande o vorresti approfondire ulteriormente qualche argomento, non esitare a chiedere. Sarò felice di aiutarti.

Se non è su browser non la utilizzo

Prendendo spunto da questo post di Six Colors, noto come per me l'utilizzo di molte delle applicazioni produttive e non, si sia spostato a gran forza sul browser-only.

Complice il miglioramento di tutta la suite Office 365 su browser, e in generale di tutte quelle social, ormai apro soltanto di rado un'app diversa da Chrome. Spotify è l'altra sempre attiva, per il resto mi trovo ad utilizzare solo PowerPoint quando è il momento di creare una presentazione o proiettarla su Teams (aperto su browser).

Questo approccio, che adotto ormai da qualche settimana, ha il beneficio di aver alleggerito di tanto il peso sulla RAM del computer aziendale, migliorato il consumo di batteria quando non è sotto carica, ma soprattutto mi consente quando lavoro da casa di non doverlo toccare e accendere direttamente il MacMini dove, da Chrome, ho tutto perfettamente sincronizzato. O, banalmente, dovessi trovarmi in difficoltà, accedere da qualsiasi computer/device non mio a tutto il mondo lavorativo senza problemi.

Inoltre, avendo la dock del Mac sempre nascosta, se ciò su cui sto lavorando non è all'interno del browser, difficilmente riesco a prestarci attenzione e passare da un'app all'altra è diventato estremamente noioso. Mentre da browser basta un clic e che sia Twitter o un'importante mail di lavoro ho la sensazione di non perdermi nulla.

Sono sempre stato un fedele utente Safari, ma da quando sono passato per uso personale a Google Workspace, ho migrato verso Chrome. Trovo estremamente utile il raggruppamento delle Tab per colore in modo da capire immediatamente se lì c'è qualcosa di sensibile oppure una tab cazzeggio, ma soprattutto la quantità di estensioni utili alla mia sanità mentale; da quelle legate al blocco della pubblicità invasiva alla perfetta integrazione di 1Password.

Non so voi, ma sempre di più le app le relego a iPhone e iPad.

Twitter Files

Dopo la morte di FriendFeed, da oltre 15 anni Twitter è il mio social d’adozione. Quello in cui mi sono sempre sentito a mio agio, dove ho intrattenuto e intrattengo ancora conversazioni interessanti, dove ho costruito parte della mia carriera, dove arricchisco alcuni aspetti della mia cultura personale e mi informo su tutta una serie di argomenti.

Sì, ok. Mastodon è l’alternativa libera, non guidata da algoritmi, senza pubblicità e con poche semplici regole stabilite da chi quel server l’ha aperto e lo sta mantenendo. Ma non è per tutti, la stragrande maggioranza delle persone fa e farà fatica ad utilizzarlo e tornerà ad utilizzare Twitter come ha sempre fatto. Come dice Seth:

It’s inconvenient. You can’t get started in ten seconds. This leads to less initial stickiness. It means that the people who get through the learning curve are more likely to be committed and perhaps generous.

Questo fenomeno di rimbalzo ha portato addirittura ad aumentare l’utilizzo di Twitter come non succedeva da anni. Non è ancora certo la “everything-app” auspicata da Musk, ma sicuramente il social che più utilizzo e quella senza la quale difficilmente riesco a stare per troppe ore, benché prettamente testuale, nonostante la pubblicità, nonostante dei pazzi algoritmi a governare la timeline.

Ora, siccome, come detto, mi sta particolarmente a cuore, mi scoccia alquanto vedere come il suo nuovo proprietario stia trasformando quel luogo di lavoro e spazio di conversazione in un ambiente tossico. Il tutto in nome della libertà di parola. Ma da semplice osservatore della storia dei media e delle loro evoluzioni, spero di non assistere al collasso totale di Twitter e nel frattempo assisto con particolare attenzione quanto sta accadendo questi giorni con i fantomatici Twitter Files.

Musk ha chiesto a due giornalisti indipendenti di studiare migliaia di conversazioni provenienti dalle piattaforme di comunicazione interna di Twitter per stabilire o meno se la libertà di parola sia stata rispettata in alcuni frangenti che hanno segnato la recente storia politica americana. Come il ban di Donald Trump dalla piattaforma (a cui si aggiunge la storia di un terzo giornalista), o il ban di esponenti della destra in grado di influenzare l’andamento delle ultime elezioni, o ancora l’applicazione di filtri sul poter amplificare o meno un certo tipo di contenuti quando apertamente sia il vecchio CEO sia la piattaforma stessa hanno spesso dichiarato di non attuare questo tipo di politiche.

Non sta a me giudicare, i link sono riportarti per poterti fare la tua opinione sulla cosa. Osservo che è un po’ il segreto di pulcinella. Non sapere che piattaforme come Twitter possano indirizzare un certo tipo di contenuti, se si lascia la timeline in mano al loro algoritmo, è un po’ scoprire l’acqua calda. Si evince, però, dalle conversazioni riportate un team eterogeneo, in seria difficoltà nel prendere alcune decisioni e che prima di farlo attraversa varie fasi di analisi di non poco conto.

Non so dire dove porterà questa sbirciatina dietro le quinte, non so dire se è solo la punta dell’iceberg o il tentativo partigiano di Musk di dimostrare un qualche tipo di censura nei confronti di una certa parte politica. Resta lampante una cosa: l’estrema difficoltà nell’attuare politiche di moderazione su larga scala, allenare l’IA di qualsiasi piattaforma nell’attuarle è tremendamente complesso perché ogni situazione fa storia a se. Non vorrei mai essere nei panni di chi deve prendere questo tipo di decisioni, soprattutto su una piattaforma pubblica in grado di influenzare i pensieri e le azioni di milioni di persone.

The Game Awards 2022

Scrivo dopo pochissime ore di sonno, quest’anno lo show è terminato alle 5.00 ora italiana, ma particolarmente soddisfatto per quanto visto. Forse il miglior The Game Awards di sempre. Per ritmo, per annunci fatti, per il momento totalmente non-sense sul finale. Ma andiamo per gradi.

Già nel pre-show ci regala un po’ di chicche, come Dead Cells return to Castlevania o i nuovi personaggi di Street Fighter 6 con l’italianissima Marisa.

Tralasciando le decisioni sui premi conferiti, talvolta davvero inspiegabili, tipo i troppi dati a Stray o come l’aver totalmente ignorato SIFU tra i giochi da premiare, questa la mia personale lista di most wanted:

  • Atomic Heart. Sembra sufficientemente ignorante: La storia della realtà alternativa degli anni ‘50 trova origine nello sviluppo della robotica e delle tecnologie avanzate durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche il mondo del gaming abbraccia gli ideali per cui oggi combatte l’umanità. Una società felice, una scienza forte, città che offrono una buona qualità di vita con parchi verdi e piazze, automazione della vita quotidiana... e il desiderio di raggiungere le stelle. Potremo avere tutto questo in un futuro non lontano, ma forse dovremmo considerare anche il rovescio della medaglia. Magari è già successo? A cosa potrebbe portare?
  • Replaced. Finalmente! E sarà presente sul Game Pass. Sembra aver fatto ulteriori passi avanti e non vedo l’ora di giocarlo
  • Judas. Sviluppato da Ghost Story Games, lo studio di sviluppo fondato dal creatore di BioShock, Ken Levine, è uno sparatutto narrativo in prima persona single player. Una navicella spaziale in disfacimento. Un piano di fuga disperato. Tu sei il misterioso e inquieto Judas. La tua unica speranza di sopravvivenza è stringere o rompere un'alleanza con i tuoi peggiori nemici. Riuscirete a collaborare per riparare ciò che è stato rotto... o lascerete che tutto bruci?
  • Diablo IV. Tantissima curiosità. In arrivo il 6.6.2023
  • Banishers. Si va a caccia di fantasmi in questo nuovo action-RPG sviluppato da DON’T NOD
  • The Lords of the Fallen. Un altro action-RPG che mi ispira tantissimo!
  • Remnant 2. Totalmente inaspettato da Gearbox
  • Tekken 8. Che personalmente trovo con molta più personalità di Street Fighter 6 e la sua deriva cartoonesca

Ma la bomba assoluta per me resta DS2, il prequel/seguito (non si è ancora ben capito) di Death Stranding, che devo per forza a termine.

Ah, Microsoft grandissima assente dallo show, a parte gli spot continui su Xbox Game Pass e il servizio Cloud sulle TV Samsung, questa è stata la sola cosa che hanno avuto da dire.
Lo show dura più o meno 4 ore e puoi rivederlo qui. Tra le cose più pazze, assolutamente da non perdere, ciò che accade alla fine e il messaggio criptico di questo ragazzino, arrestato subito dopo come nei migliori happy ending di Maurizio Mosca.

A te cosa è piaciuto di più?

Aspettare il giusto

Le sale d’aspetto degli ospedali sono scatole vuote dove il tempo ha una velocità diversa rispetto all’esterno. Non ci sono, penso volutamente, orologi appesi al muro. Forse per farti dimenticare di essere lì. Nell’ultima settimana le ho abitate per qualche ora. Qui ogni forma d’ansia, di pressione immotivata, ogni senso d’urgenza viene per forza di cose azzerato dopo pochi minuti. Si è nelle mani d’altri e delle loro decisioni, noi, da questa parte, siamo tutti uguali.

Mi ha dato modo di pensare rispetto a un’altra faccenda, per fortuna positiva, di questi ultimi giorni che entrambe, in fondo, centrano con il tempo, la sua gestione e quanto ne siamo succubi.

Ho da poco azzerato tutto l’impianto home theatre di casa, vendendo le classiche 5 casse, subwoofer e amplificatore, passando alla più pratica soundbar Sonos Arc accompagnata dal Sub Mini (il decluttering procede spedito).

Dopo qualche settimana, questo cambio mi ha costretto però a dover valutare l’acquisto di un nuovo televisore in quanto la tecnologia eArc della soundbar poco si sposava con il mio Sony Bravia del 2016. Propizia fu la settimana Black Friday - Cyber Monday. Ho acquistato un OLED LG C2 da 55” con quasi 700€ di sconto su Yeppon.it

Ora, non so quanti di voi conoscano Yeppon come sito e-commerce di tecnologia, ecco nemmeno io così tanto bene. Ma l’acquisto d’impulso dovuto dal prezzo goloso da una parte, e la fretta ingiustificata di avere subito un nuovo tv dall’altra, mi hanno portato ad interessarmi di questo sito solo dopo aver cliccato su Acquista visto i 1.190 euro vs i 2.000 ufficiali.

Ok, le recensioni positive superano le negative, ma quest’ultime, se cercate bene, parlano tutte di problemi di consegna, di ritardi e poca attenzione verso il cliente. Dal momento in cui ho iniziato a leggerle, la mia angoscia di aver subito una truffa e di non ricevere il tv sono salite proporzionalmente. In breve. Dopo qualche richiesta di conferma al servizio clienti e qualche telefonata andata a vuoto al corriere, la televisione è stata consegnata entro i 6 giorni dall’ordine, ieri, di domenica e con estrema precisione e puntualità.

Chissà perché, forse fin troppo abituati ad avere tutto e subito, alla consegna in 24 ore, alla puntualità e standard fin troppo elevati per l’acquisto di un bene di tali dimensioni e valore, ci aspettiamo di essere costantemente aggiornati sul suo tragitto, sul dove si trovi in qualsiasi istante, in costante apprensione fintanto che non raggiunga intatto l’uscio di casa.

È così con tutto. Fateci caso. Siamo in perenne apprensione in attesa della prossima cosa, in attesa del futuro che non sembra arrivare mai. Ecco la terza coincidenza, sempre di ieri, questa intervista ad Ernia in cui dice proprio questo. La nostra concezione del tempo ormai è scandita dall’attesa di qualcosa di nuovo, rincorrere senza fermarsi mai. Ed è sempre più difficile godersi il momento, il periodo, guardarsi da fuori e sapere di essere più che fortunati. Ormai è la nostra comfort zone.

L’attesa non è mai un piacere, non più. È un’agonia ormai. Un circolo vizioso fatto a ruota da criceto. Scendere si può, ma è tremendamente complicato.

A rinfrancarmi, a riportarmi alla realtà lenta, da qualche tempo ci sono le cose manuali. Il sistemare la pittura di qualche muro di casa, piccole aggiustature. O anche semplicemente l’aver finalmente dato un senso a tutti quei cavi volanti dietro alla TV. Quale miglior occasione se non nel cambiamento di dare il mio senso alle cose?

Somerville

Attendevo Somerville da quando fece la sua apparizione all’E3 2021 con un trailer mozzafiato e in grado di suscitare potenti emozioni nostalgiche tra gli orfani dello stile di INSIDE e LIMBO. L’inconfondibile tratto del producer Dino Patti, ora co-fondatore del nuovo studio Jumship.

Sparito dai radar per molti mesi, è riapparso magicamente nel mio quando lo vedo tra i titoli, addirittura, disponibile per Xbox Game Pass. Un’attesa ricompensata con un altro gioco completato nella sua interezza, proprio come avevo fatto come i due sopra menzionati, ma che mi ha lasciato un retrogusto di vuoto e di aver perso forse il mio tempo.

Iniziamo col dire quello che Somerville è: un gioco adventure, per larga parte, che lascia spazio ogni tanto a delle meccaniche platform con annessi semplici mini enigmi da risolvere. Dura circa 3 ore e consta di 4 finali differenti un po’ complessi da scoprire, ma, per i maniaci del completismo, con qualche guida online si arriva a riscattare tutti i trofei.

Non ci sono mai dialoghi, tutto è lasciato al sotto inteso e alle emozioni espresse tramite pochi versi eloquenti o gesti altrettanto esplicativi, come un bacio o un abbraccio. In fin dei conti mi sono portato a casa questo, Somerville è un gioco sulle emozioni, sul decidere cosa fare della propria vita con il tempo che ci viene concesso dove il più delle volte si scommette su amore e famiglia.

In un’ambientazione fin troppo famigliare al film “La Guerra dei Mondi” (tanto che c’è anche un obiettivo con questo nome), ci troviamo a vestire i panni di un padre il cui scopo diventa ritrovare i suoi cari dopo che un’apparente serata tranquilla viene squarciata da un’invasione aliena inattesa. Il contatto con un’entità extra terrestre, ormai morente per lo schianto nello scantinato di casa, darà il via alla nostra avventura. Nei vari livelli a scorrimento orizzontale o verticale, a seconda dell’occasione, scopriremo di possedere il potere di piegare a nostro piacimento, attraverso l’utilizzo di qualsiasi fonte di luce artificiale (un palo, un giocattolo o un fumogeno), della strana materia aliena poligonale, aprendoci così varchi liquefacendola o, costruendo dei passaggi, solidificandola.

E qui sono arrivati i primi dubbi. Cosa mi vuole comunicare il gioco? Il nostro protagonista è diventato improvvisamente un super eroe grazie a questi poteri? Come si pone rispetto agli altri terrestri sopravvissuti e alle entità aliene?

Somerville è un viaggio verso la liberazione di se stessi, dell’umanità, ma soprattutto della propria famiglia. I 4 finali ci consentono di scegliere una delle tre direzioni precedenti oppure restare inermi ad assistere alla fine di tutto.

Purtroppo una narrazione che sarebbe potuta essere esaltata da queste premesse, finisce per essere un puro esercizio di stile estetico e di meccaniche purtroppo già viste sia in LIMBO che in INSIDE. Non vengono nemmeno trattate tematiche potenti al punto tale da farci scordare questa scarsità di innovazione.

Di queste poche ore spese a salvare il salvabile dell’umanità mi restano un paio di brani particolarmente azzeccati in introduzione e al termine dell’avventura, e un finale giocato su luci e ombre, il tema ricorrente del gioco. Male alcune parti in cui il personaggio si incastra tra pareti e oggetti con il conseguente e necessario riavvio del checkpoint, quasi come se il gioco non fosse finito i testato le ore sufficienti.

Personalmente mi sento nel mezzo tra il parere di Marco e Francesco e quello delle parole di giopep. Ne carne ne pesce, merita se volete giocarvi qualcosa da uno stile particolarmente riconoscibile, ma che nulla ha da dire alla storia dei videogiochi.

★★☆☆