Boox Palma: Recensione

Stavo tenendo d’occhio Boox Palma da qualche mese, fino alla recensione di Kevin dello scorso aprile, che mi ha definitivamente convinto all'acquisto (qui ce n'è un'altra molto interessante).

Ed eccomi dopo due mesi belli pieni di utilizzo per raccontarvi le mie impressioni su Boox Palma 6.13’’.

Boox Palma boxed

Cos’è?

Al costo di $280 (o su Amazon Italia a 299 euro) Boox Palma è un eReader con schermo E Ink a 300 PPI da 6.13’’ basato su sistema operativo Android 11. Ha 128 GB di memoria integrata che si può espandere grazie a uno slot microSD e una fotocamera da 16 megapixel accessibile soltanto attraverso l’applicazione per la scansione dei documenti (pertanto completamente inutile ai fini di acquisizioni di immagini o per vantarvi sui social media), un paio di casse stereo, un microfono e connettività USB-C, Wi-Fi e Bluetooth.

Perché può essere il dispositivo che fa per te?

Ultimamente sto cercando di prestare molta più attenzione al modo in cui spendo il mio tempo libero, specialmente quando si tratta di intrattenimento digitale, limitando allo stretto e indispensabile l’utilizzo del mio smartphone. Cerco, perciò, quanto più possibile di sostituire il doom scrolling con la lettura di un libro, l’ascolto di un audiolibro o di un podcast. Cosa che da quando ci siamo trasferiti negli Stati Uniti mi viene molto più facile perché molto più le frequenti sono le occasioni in cui trascorriamo le ultime ore del pomeriggio in spiaggia o presso la piscina del nostro complesso condominiale.

Boox Palma

E seppur possedessi già da qualche anno un Kindle Paperwhite, cercavo da tempo un dispositivo più compatto, che mi permettesse di reggerlo e sfogliare le pagine di un libro con una mano sola e che non fosse limitato nelle sue funzionalità a quello di un comune eReader.

E sebbene il mix di specifiche tecniche sopra elencate sembrano appartenere a uno smartphone più che superato per gli standard di mercato attuali, Boox Palma si è dimostrato quella combinazione speciale di cui avevo bisogno.

Una grande batteria per un piccolo schermo

Togliamo di mezzo subito l’elefante nella stanza. Lo schermo E Ink è allo stesso tempo il punto di forza e debolezza di Boox Palma.
Di forza perché garantisce un’estesa durata della batteria, nel mio caso a volte anche più di una settimana, e poi perché anche se decidete leggere un libro poco prima di addormentarvi non andrete incontro agli stessi noiosi problemi di oculari causati da uno smartphone.
Di contro, l’aspetto debole della faccenda di avere uno schermo E Ink, e provare ad utilizzarlo come se fosse uno smartphone qualsiasi, è la frequenza di aggiornamento lentissima il che lo rende praticamente inutilizzabile se ci si aspettano i medesimi tempi di risposta di un iPhone.

Certo, il Palma può tecnicamente scaricare TikTok, Instagram e YouTube etc. Può persino riprodurre video da quelle app. Ma a causa della bassa risoluzione dello schermo e del bianco e nero in generale, l’esperienza risulta abbastanza scadente e non sarete mai tentati di utilizzarle realmente.

E alla fine risulta essere un bene e un punto a favore invece che il contrario. Perché vi ritroverete a fare le cose per cui è stato costruito lo schermo del Palma. Questo aggeggio, seppur mi piacerebbe potesse essere tantissimo un telefono, è prima di tutto un eReader. Da Google Play Store ho scaricato Amazon Kindle dove ho ritrovato immediatamente tutta la mia collezione di ebook e documenti digitali.

Ho già detto che puoi impostare il Palma in modo che giri le pagine quando premi i pulsanti del volume?

E prima che tu dica, amico, perché non hai semplicemente continuato ad utilizzare il tuo Kindle? Semplice, la seconda app che ho scaricato è stata Spotify. Qui negli Stati Uniti, nell’abbonamento Premium, sono inclusi anche gli audiolibri e, deciso a sfruttarli nel miglior modo possibile, mi sono ritrovato a scaricarne un po’ offline e ad alternarli così agli eBook, anche grazie alla rapida connessione con gli AirPods Pro. Non male davvero.

E così, nel corso degli ultimi 2 mesi, sempre più spesso mi sono ritrovato a lasciare il mio iPhone a casa e portare con me per una passeggiata con il cane o nel momento di chill al mare soltanto il Boox Palma.

Boox non ha costruito un gadget perfetto, sia chiaro. Tutt’altro. Il corpo in plastica è un po' fragile, tutto richiede mezzo secondo in più del dovuto, lo schermo - nonostante si possa impostare il tasto a sinistra per fare un refresh manuale - affetto troppo spesso da ghosting. Peggio ancora, il Palma monta Android 11, che è già decisamente obsoleto e smetterà lentamente di funzionare, app dopo app, nel corso dei prossimi due anni. E benché visto da lontano questo possa apparire particolarmente frustrante, tutto ciò che Boox ha fatto, però, è stato mettere insieme il giusto set di ingredienti in grado di soddisfare le mie esigenze di questo periodo.

Quest'anno è stato pieno di aziende che hanno cercato di rivedere il modo in cui utilizziamo i nostri gadget. Humane con Ai Pin, Rabbit e altri hanno introdotto nuovi tipi di dispositivi (tipo Daylight che spero tanto di testare prima o poi), sperando che potessimo trovare cose nuove e diverse da fare con loro. Palma rappresenta un’alternativa molto meno ambiziosa, ma forse molto più probabile: si limita a provare a modificare la formula dello smartphone, lasciando ciò che funziona ma cambiando sottilmente i punti di forza e di debolezza del dispositivo. Non è così brillante, non così veloce, non così privo di attriti. È invece tranquillo, semplice, sano.

E lo adoro per questo.

Dark Matter

Durante la WWDC24, la conferenza sulle novità software dell’anno di Apple, il CEO, Tim Cook, ha introdotto l’appuntamento mostrando questa slide:

Personalmente non amo mai quando, in pieno stile Apple, la comunicazione legata al marketing di prodotto è auto referenziale e auto celebrativa. Ma in questo caso, al netto di “quanto siamo bravi e belli”, l’informazione condivisa è più che veritiera.

Mediamente qualsiasi serie TV prodotta e messa in onda su Apple TV+ risulta qualitativamente superiore rispetto alle piattaforme concorrenti. Qualsiasi show che ho iniziato a vedere lì non mi ha mai deluso. Anzi, il più delle volte mi ha fatto pensare a come è che su tutte le altre c’è solo un 10-20% di salvabile mentre qui è l’opposto?

Non ultima della lista c’è Dark Matter, una serie sul tentare di rendere veritiero il concetto del multi verso attraverso la teoria fisica del gatto di Schrödinger e il principio di sovrapposizione della meccanica quantistica. È l’adattamento dell’omonimo romanzo di science fiction di Blake Crouch del 2016 e penso sia un'operazione riuscita meravigliosamente.

Ho letto che non ripercorre fedelmente il testo, che ora mi ascolterò in audio libro su Spotify, ma fa comunque un lavoro magistrale nel romanzare concetti fisici complessi mantenendo colpi di scena costanti per tutta la durata della serie.

Domani ci sarà l’ultimo episodio. Finale di stagione, ma credo anche finale di serie. Non perdetevela per niente al mondo.

41

Il mestiere di uno scrittore è leggere. Quello di chi scrive di videogiochi, beh è giocare. Ed è quello che ho fatto nell’ultimo mese. Ho letto tanto e giocato ancora di più. Ho trascurato il blog, ma per delle buoni ragioni ecco.

Ho finalmente completato Red Dead Redemption 2, con 6 anni di ritardo e dopo averlo iniziato a giocare praticamente su qualsiasi piattaforma, Stadia inclusa. Quanto mi è piaciuto per la miseria, e anche se gli open-world non sono il mio genere, la trama e i personaggi sono talmente ben scritti da farmi soprassedere sopra quegli interminabili viaggi a cavallo.

Ho deciso di attaccare con aggressività il mio backlog, spendere la maggior parte del mio tempo libero, quando non sono con mia moglie o in spiaggia a leggere un libro, nei videogiochi. Un po’ ho la scusa adesso di doverlo fare per lavoro, un po’ sento di essermi perso tanto durante questi anni, ma come credo per tanti, è davvero complicato trovare il tempo per tutto. E quindi priorità a tutti i videogiochi arretrati.

Oggi, tra l’altro, è il mio compleanno e tra qualche giorno c’è il primo giro di boa dei sei mesi qui negli Stati Uniti. A me non piace fare bilanci, sono più un tipo che vive il momento e ora come ora è sufficientemente buono. Dobbiamo aggiustare ancora qualcosina, ma resto fiducioso che, nonostante tutto, possiamo trovare il nostro angolo di felicità anche quaggiù. Ho tante idee per la testa, la prima delle quali fa il paio con quanto scritto nella prima riga di questo post. Vorrei provare a scrivere qualcosa e non saprei da dove iniziare. Un libro? Un breve racconto? Non lo so ancora, ma vorrei provare a capire se sono in grado di cavarne fuori qualcosa.

Dispacci Americani #3

Qualche aggiornamento dopo due mesi.

⛅️ Qui c’è un detto: May gray, June gloom. Riguarda principalmente le condizioni meteo in California. Non ci volevo credere, ma maggio si appresta a chiudersi come il mese più nuvoloso da quando siamo arrivati. Con temperature a volte più fredde di febbraio. La situazione è la seguente: al mattino ci si sveglia con un cielo plumbeo, a volte con una coltre di finissima pioggia tanto da non aver bisogno dell’ombrello, per poi passare a un cielo terso e con raggi di sole per poche ore dopo le 14.00. Vedremo giugno cosa ci riserverà e soprattutto se il proverbio funzionerà anche questa volta.

🚲 🙋🏼‍♂️ A inizio maggio sono caduto. Niente di preoccupante, ma la spinta dell’elettricità della bici non è andata molto d’accordo con l’asfalto sabbioso della pista ciclabile sul lungo mare di Santa Monica. Per fortuna ero praticamente fermo e ho riportato solo qualche escoriazione alla mano e al ginocchio sinistro. Nel frattempo, pensando si fosse aggravato per questo motivo e dopo due mesi di inutile fisioterapia, ho deciso di prendere appuntamento da un ortopedico per un fastidioso dolore alla spalla sinistra che mi porto dietro da gennaio. Mi hanno fatto una lastra direttamente sul posto. Il responso non è stato dei migliori, la cartilagine tra l’omero e la scapola non crea abbastanza distanza tra le due ossa, provocandomi un dolore abbastanza insistente quando alzo il braccio.
Un palliativo sul breve termine è un’iniezione di steroidi che non risolverebbe il problema, ma allevierebbe il dolore (anche se l’ho già provato in passato prima di essere operato alla spalla destra). La soluzione sarebbe operare. Tra me e l’inevitabile c’è una risonanza magnetica il 10 di giugno. Chissà. Il dolore è abbastanza fastidioso e perennemente presente nel momento in cui il braccio supera una certa altezza. Io sono le per le soluzioni drastiche ma, avendo una palestra a disposizione nel plesso del nostro condominio, mi ha fatto ponderare sul cominciare a rafforzare i muscoli limitrofi giusto per supportare al meglio l’articolazione.

📱 Su consiglio di Kevin, sto utilizzando da un paio di settimane il Boox Palma. Un device dal form factor di un telefono, ma che in realtà si comporta come un eReader equipaggiato con E ink. Monta Android come sistema operativo, il che significa avere a disposizione tutte le app del Play Store e perciò lo stesso catalogo del mio Kindle. Adoro il fatto che sia leggerissimo ed versatile nella sua portabilità. Consuma un po’ troppa batteria nel momento in cui aggancio delle cuffie usb-c, ma nell’uso basico che ho deciso di farci (lettura libri e doom scrolling prima di dormire) direi che è il device perfetto per le mie esigenze.

🌾 Rimanendo nell’ambito dei device basati su E Ink, dovrei ricevere a breve in test Daylight. Per questo sono in trepidante attesa. È a tutti gli effetti un tablet, ma che la società che lo sta commercializzando preferisce chiamare Computer. Un device dedicato a chi non cerca un accesso alla tecnologia dettato dalle novità del mercato, piuttosto per chi sta cercando di decelerare e godersi i contenuti senza distrazioni. Ha una versione custom di Android, ma soprattutto è il primo a montare uno schermo E Ink dall’impressionante refresh rate di 60fps, non dovendo far percepire una differenza di interazione rispetto a un iPad. Ha anche una penna con cui si può interagire a schermo e si può associare anche una tastiera nel caso si voglia usare come computer principale.

⌨️ 🎮 Ho scritto molto meno questo mese. Mi sono dedicato prettamente a videogiocare. Ho portato a termine Banishers 2. Ho scritto la recensione di TopSpin. Ho deciso di prendere il mio backlog, fare pulizia, e seriamente affrontare tutti quei giochi che ho iniziato e mai portato a termine nel corso degli anni. Per cominciare Red Dead Redemption 2. Non può essere però una scusa per non continuare a scrivere e buttare qui dentro il necessario. Iniziando probabilmente dalla prossima settimana, forse la più importante dell’anno per l’industria dei videogiochi e che forse finalmente torno a vedere da vicino. Grazie al mio lavoro sarò fisicamente presente alla Summer Game Fest il 7 e all’evento di Ubisoft Forward il 10 giugno. Spero siano due momenti in cui tornare a respirare l’aria dell’E3 che tanto mi è mancata negli ultimi anni.

Il Web è morto

Per pura necessità lavorativa sono tornato con maggior frequenza a visitare X.com dove mi ero ripromesso da tempo di non spenderci più tempo. E invece, tanto del mondo del gaming è ancora lì dentro e ne traggo ancora oggi valore quando si tratta di aggiornamenti e novità.

Inevitabilmente mi sono ritrovato a consumare anche contenuti di altra natura. Che si trattasse della mia squadra del cuore o di qualsiasi altro argomento, l’ormai ex-twitter mi ha dimostrato ancora una volta quanto sia diventato un luogo in cui la violenza verbale e l’attacco alla persona sono il biglietto da visita di tanti leoni da tastiera che probabilmente vedono in questi spazi il vuoto secchio da riempire con il proprio veleno.

Ma che ci vuoi fare, è l’umanità bellezza. È l’umanità che non ha più filtri. È l’umanità che in fin dei conti si dimostra sempre essere per quella che è, social o non social network che sia.

Ho quindi deciso di dare ascolto a questo vortice di negatività, vedere dove mi portasse anche solo per tastare il polso delle conversazioni online.

Mi sono dato 15 giorni da inizio mese. Il test è terminato con una sostanziale, fin troppo banale, verità: è impossibile o quasi avere una conversazione decente online oggi giorno, a meno che lo si faccia in un luoghi ristretti ed estremamente di nicchia.

Ci sono due fattori importanti che entrano in gioco in questa equazione per produrre il risultato a cui sono arrivato e con i quali bisogna necessariamente fare i conti: l’algoritmo e le persone.
Il primo è totalmente arbitrario, in mano alla piattaforma di turno e incomprensibile nel suo modo di premiare o nascondere i contenuti.
Le seconde sono quelle che sono, grette, ignoranti, cattive, piene di risentimento, deboli e fragili e senza un briciolo di rispetto per il prossimo. Siamo noi, mi ci metto dentro anche io, è la nostra natura e quando ne abbiamo la possibilità, senza essere puniti da nessuno per questo, diamo il peggio di noi screditando un altro utente cercando di far prevaricare la nostra voce.

Non importa il contesto, non importa la piattaforma, è quello che siamo.

E allora adesso che ne esco fuori e che torno a scrivere qui senza badare a nessuno, ho deciso di unire i puntini di tanti link salvati in questi ultimi giorni. Qui, sul blog, dove non so chi mi sta leggendo e da dove. È l’antitesi di ciò che i social media sono. Non c’è spazio per la conversazione se non privatamente, non ho distrazioni procuratemi dagli analytics, non temo nessun giudizio e per questo mi posso essere allo stesso tempo più sicuro e più vulnerabile.

Non ho un nemico, se non me stesso e la mia pigrizia a cui parlare. E questo rende il mio pensiero più sereno e costruttivo. A me non è mai interessato monetizzare questo luogo, non è mai interessato camparci, non ho mai aperto a pubblicità o a una newsletter a pagamento proprio per questo motivo. Pubblico di tanto in tanto link dei miei post sui miei account social anche solo per diffondere ciò che scrivo tra chi mi segue, ma senza mai badare troppo al risultato.

Tuttavia c’è qualcuno (grazie Nicola per il link) che da questa operazione ci campa e probabilmente ha deciso di mollare perché non vede risultati o perché semplicemente, secondo me, i social media gli hanno rovinato la bellezza di condividere i propri contenuti in una maniera differente, senza la paura di dover essere per forza scoperto nell’immediato:

I am afraid the methods of organic discovery of good individual blogs and blog posts are failing us. They worked a decade or so back. They don’t anymore. There are just too many good writers out there. With setting up platforms for blogging becoming a lot simpler, the number will only rise.

The thought makes me wonder why I even write anymore in public. Why do I add to the noise that the web is turning (or has already turned) into now?

Oppure c’è chi dipende da un motore di ricerca come Google e viste le recenti novità presentate a Google I/O teme per il futuro di chi ha da anni alimentato proprio quel motore che li ha aiutati ad emergere:

But to everyone who depended even a little bit on web search to have their business discovered, or their blog post read, or their journalism funded, the arrival of AI search bodes ill for the future. Google will now do the Googling for you, and everyone who benefited from humans doing the Googling will very soon need to come up with a Plan B.

Ci stiamo rendendo conto che le trasformazioni degli ultimi due decenni ci hanno resi più soli e solitari nonostante l’iper connettività e l’iper esposizione. Rubando tempo alle nostre idee, educazione e pensiero critico. Stiamo diventando delle bestie e probabilmente tirare il fiato e riflettere su spazi diversi e non di altri potrebbe aiutarci tutti un pochettino:

The always-on, hyper-connected nature of social media and smartphones is stealing our attention and chipping away at our creativity and critical thinking skills, bit by bit. Our brains are rewiring to crave the dopamine hits of likes, shares and endless bite-sized content.

E se nemmeno uno come Manuel ha un’idea di cosa succederà al futuro del web, figuriamoci io. Forse il titolo di questo post avrebbe dovuto contenere un punto di domanda alla fine. Forse non è morto il web nella sua interezza, ma è morta un'idea di web. Quella dello scambio e crescita di idee e opinioni. Di movimenti e di community. Forse il web è ormai soltanto un luogo dove deridere e apparire, forse c'è bisogno di altro. Io continuerò a scrivere qui, forse senza mai farmi trovare o senza mai farmi leggere da qualcuno, ma da qui non me ne andrò mai.

IndieWeb Carnival: Ambienti Creativi

Per fortuna anche questo mese il topic dell’IndieWeb Carnival è divertente e stimolante: quali sono le vostre ambientazioni preferite dove scatenare la vostra creatività?

Pensandoci, creare significa realizzare qualcosa che prima non esisteva, trasformando materia già esistente o creandone di nuova dal nulla. È il processo di materializzare ciò che prima, semplicemente, non era.

Per me questo si identifica soprattutto con realizzare post qui dentro. Processo strettamente collegato a quello dell’ispirazione. L’idea per scrivere qualcosa di interessante, almeno per me, combacia con il voler riflettere su quanto mi capita nella vita, sul dare forma a dei pensieri talvolta confusi e da lì parte la mia attività creativa.

Ma quali sono gli ambienti in cui questo avviene? Fossi stato ancora in Italia avrei risposto in metropolitana. Complice il lungo tragitto casa-lavoro avevo il tempo necessario per contemplare la miriade di post che popolano il mio feed RSS ogni mattina, e da lì lo spunto per scrivere qualcosa.

Qui spesso mi capita di arrivare in ufficio prima dell’inizio della giornata lavorativa e il rituale è più o meno lo stesso. Feedly, appunti, scrittura, rielaborazione, pubblico.

Altrimenti se si tratta di post personali o semplicemente riguardanti un’esperienza fatta, il più delle volte il mio ambiente creativo è il letto, poco prima di prendere sonno. Spesso lì prendono vita riflessioni che molto spesso non riesco a riproporre in forma testuale perché me ne dimentico o perché troppo stanco per appuntarmi qualcosa.

Altre volte invece sono i post che puoi leggere qui.

Come funziona per voi?

TopSpin 2K25: Recensione

Non ricordo se l’ho mai scritto qui, ma ho giocato per 13 anni a tennis. Prendendo lezioni e giocando sempre partite amatoriali. È stata la sola opzione sportiva, o una delle poche rimaste, a seguito di un incidente fatto attorno agli 8 anni e che per un po’ di tempo non mi consentiva di praticare sport da contatto.

Ho amato e amo ancora il tennis, sicuramente più praticarlo che guardarlo in TV. Mi sono dato al Padel da 5 anni a questa parte attirandomi il disprezzo dei tennisti puristi, ma resta una valida alternativa divertente per tirare dentro un po’ di amici anche con livelli differenti. Mentre con il tennis o giochi con qualcuno al tuo stesso livello oppure ci si annoia o ci si arrabbia, dipende da chi è il più forte.

Casualmente però il numero 13 torna utile nell’ambito tennistico anche per questa recensione. È la medesima quantità di anni trascorsa da Top Spin 4, l’ultimo della serie sviluppato e prodotto da 2K.

Questa volta il publisher si è affidato allo studio di sviluppo Hangar 13 (gli stessi di Mafia III) e ha senza dubbio fatto uscire il miglior gioco di tennis a cui, ad oggi, è possibile giocare.

Mi scuso in anticipo per la qualità degli screenshot ma ho giocato praticamente soltanto dal letto streammando Xbox Series X sulla Steam Deck grazie all'applicazione XBPLAY che consiglio a tutti.

Gameplay

Iniziamo col dire che il gameplay di TopSpin 2K25 non è affatto immediato se non si è avvezzi al tennis o non si è mai giocato ai titoli precedenti. Ma la cosa positiva è che ha una curva di apprendimento e di allenamento fatta decisamente bene anche grazie all’introduzione della modalità Academy di cui parlerò a breve. Una regola aurea su tutte: il tempismo risulta cruciale in ogni momento della partita. Colpire la palla nel momento giusto infatti non solo aumenta la potenza e la precisione, sfruttando al meglio le potenzialità del tennista scelto, ma permette di incidere notevolmente sull’andamento della partita consentendovi di piazzare qualsiasi colpo abbiate in mente.

Niente paura però, se non avete mai giocato a TopSpin prima d’ora l’Academy è il posto giusto da dove iniziare.

Le Lezioni di base nella TopSpin Academy insegnano i fondamentali come posizione e tempismo, mentre le Lezioni avanzate introducono tecniche più complesse come i servizi di potenza e i colpi di pallonetto. Il tutto è accompagnato dalla voce un po’ robotica di John McEnroe, la vostra guida attraverso queste lezioni, aggiungendo un tocco di autenticità ed esperienza. La cosa fondamentale da apprendere velocemente non è tanto il tempismo con cui colpiremo la palla, ma quello in cui saremo in grado di rilasciare uno dei bottoni dedicati ai colpi. È una differenza sottile, ma fondamentale. Infine ci sono le Lezioni sullo Stile di Gioco che mostrano i punti di forza e di debolezza di vari stili che i giocatori possono scegliere per il loro MyPLAYER personalizzato.

Come detto non è un gioco immediato anche e soprattutto perché bisogna ragionare rapidamente per prendere decisioni immediate: scegliere quale sia il colpo migliore in risposta, che direzione dare al colpo, quale forza imprimere e come posizionarsi sul campo. Il tutto in poche frazioni di secondo che, se sbagliate, non solo possono incidere sul tipo di colpo esploso dalla racchetta, ma anche sull’energia del proprio giocatore. La gestione dell'energia come si vedrà è un elemento ricorrente durante tutte le modalità di gioco. C'è un sistema di livellamento che distribuisce punti attributo per plasmare i punti di forza del tuo giocatore, che tu preferisca servire e andare di volée o se sei più un combattente robusto da fondo campo, ti troverai davanti un sistema di avanzamento che ti offre elenchi di obiettivi da spuntare per progredire da sconosciuto a leggenda e sbloccare nuovi tornei o sfide, oltre a classifiche globali dei giocatori, sia complessive che per l'anno in corso.

Una delle novità più interessanti è proprio questo sistema introdotto per evitare scambi interminabili basato sulla fatica. Caricando il movimento e rilasciando il tasto al momento giusto, si va ad intaccare la resistenza degli avversari, forzando errori e aggiungendo tensione ai momenti cruciali del gioco. E la gestione della fatica è un elemento da pianificare con attenzione tenendo conto anche dei mesi di riposo durante la stagione per evitare infortuni che potrebbero metterti fuori gioco per un po’ di tempo. Tuttavia, gli infortuni sembrano verificarsi solo nei menu tra le partite, non durante il gioco vero e proprio.

Il MyPLAYER. All’interno della modalità MyCAREER (approfondimento sulle varie modalità di gioco nel paragrafo successivo) vi è la possibilità di creare un giocatore unico, chiamato MyPLAYER e gestire così la tua carriera come tennista professionista. Attraverso il più classico degli editor puoi regolare ogni dettaglio, dai tratti fisici alle movenze caratteristiche. Da qui scegli uno stile di gioco e i punti di forza specifici fino ai grugniti da associare in base ai colpi effettuati. Oltre all’aspetto fisico vi è la personalizzazione dell'equipaggiamento: qui si assembla una borsa da tennis con i migliori marchi sportivi, come Adidas, FILA, Nike e altri permettendo di personalizzare il proprio look aggiungendo accessori utili a migliorare le abilità del MyPLAYER.

Qui ho storto un po’ il naso perché per accedere a questi oggetti cosmetici, assumere membri di supporto al team di allenamento, nuove animazioni, acquistare nuove abilità o ancor peggio saltare alcuni livelli del Pass Campo Centrale è necessario giocare per guadagnare la cosiddetta Valuta Virtuale (VC). I VC possono essere ottenuti completando partite in qualsiasi modalità di gioco, e quindi sudati effettivamente ad ogni singola partita oppure possono essere acquistati con moneta sonante. Le cosiddette microtransazioni. Tuttavia, è importante notare che questi acquisti sono opzionali e i giocatori possono ancora guadagnare VC attraverso il gameplay normale e non ci sono differenze di accesso agli oggetti. Richiederà solo più tempo per chi non ha voglia di spendere ulteriori danari.

Modalità di gioco

  • Modalità Esibizione: I giocatori possono partecipare a partite singole o doppie, sia offline con un compagno gestito dalla IA sia online con matchmaking casuale basato sul livello di abilità. E qui si utilizzano i giocatori licenziati.
  • Tour 2K: Questa modalità permette di selezionare una delle caratteristiche PRO e di sfidare altri giocatori online, con nuovi PRO e obiettivi giornalieri per guadagnare punti e scalare la classifica.
  • MyCAREER: I giocatori possono creare il proprio MyPLAYER personalizzato e partecipare a tornei di varie dimensioni, inclusi i quattro tornei del Grande Slam, gestendo aspetto fisico, abbigliamento e stile di gioco.
  • Tour Mondiale: Dopo aver sviluppato il proprio MyPLAYER in MyCAREER, i giocatori possono portarlo online per sfidare altri MyPLAYER, guadagnare punti e scalare la classifica mondiale.
  • 2K Tour: In questa modalità, puoi giocare con il tuo giocatore professionista preferito (maschio o femmina, attuale o leggenda) e farlo salire nella classifica.
  • Esibizione: Questa modalità online ti permette di sfidare fino a 3 altri giocatori in partite dopo aver selezionato il tuo giocatore, la sede e le impostazioni della partita.

Grafica e Design

Visivamente, TopSpin 2K25 si presenta accuratamente, con particolare attenzione al design degli stadi e campi. Alcune animazioni dei giocatori possono sembrare un po’ fuori luogo, ma nel complesso, l’aspetto grafico del gioco contribuisce a un’immersione totale nell’esperienza tennistica.

Lui dovrebbe essere Berrettini...
  1. Dettagli dei personaggi: I modelli dei giocatori sono ben realizzati, con texture dettagliate per i loro volti, abbigliamento e attrezzature. Le animazioni dei movimenti sono fluide e realistiche, specialmente durante i colpi e gli scambi di palla. Tuttavia, alcuni dettagli facciali potrebbero essere migliorati per renderli ancora più convincenti.

  2. Stadi e ambientazioni: TopSpin 2K25 offre una varietà di stadi e tornei licenziati del circuito ATP (altri ne arriveranno con i prossimi DLC), ognuno con la sua atmosfera unica. I dettagli degli stadi, come le tribune, le superfici del campo e l'illuminazione, sono ben curati. Tuttavia, alcuni stadi potrebbero sembrare un po' statici durante le partite. Soprattutto per colpa del pubblico legnoso. Nonostante ciò le illuminazioni dinamiche durante il passare delle ore durante una partita, ti fa dimenticare del contorto e concentrare soltanto sulla partita.

Open 1000:

  • BNP Paribas Open a Indian Wells, USA.
  • Cincinnati Open a Cincinnati, USA.
  • Internazionali BNL d’Italia a Roma, Italia.
  • Miami Open a Miami, USA.
  • Mutua Madrid Open a Madrid, Spagna.
  • National Bank Open a Toronto, Canada.

Grand Slam:

  • Australian Open a Melbourne, Australia.
  • Roland Garros a Parigi, Francia.
  • Wimbledon a Londra, Inghilterra.
  • US Open a New York, USA.

Roster e Modalità: Nonostante il roster sia considerato piuttosto povero (solo 25 giocatori reali - ad esempio c’è Alcaraz ma non c’è Sinner, c’è Federer ma non Djokovic), il gioco offre una varietà di leggende del tennis con cui giocare, aggiungendo un tocco nostalgico e autentico. E a quanto pare nuovi giocatori verranno rilasciato nel corso delle future stagioni (la prima delle quali è focalizzata sul Roland Garros).

In conclusione, TopSpin 2K25 rappresenta un ritorno importante per gli appassionati di tennis anche perché di alternative competitive nel corso degli ultimi anni non ce ne sono state. Con una giocabilità coinvolgente, seppur impegnativa, una vasta gamma di modalità e stadi licenziati realistici, il gioco offre un’esperienza autentica e appagante solo con l'andare del tempo. Ho da poco superato le 10 ore di gioco e ancora non mi sono stancato di sbagliare il tempismo sui miei colpi perché continuo a ricevere ampia soddisfazione dal mio lento ma progressivo miglioramento.

Ci vediamo in campo 🎾

Ringrazio Cidiverte.it per la copia Xbox Series X del gioco per questa recensione.

Il treno alta velocità Los Angeles - Las Vegas

Un paio di giorni fa è stato varato in pompa magna a Las Vegas il primo cantiere per la prima linea ferroviaria a lunga percorrenza ad alta velocità negli Stati Uniti.

Collegherà Los Angeles a Las Vegas in tempo per le Olimpiadi del 2028 e promette di dimezzare i tempi di percorrenza da una città all’altra.

Ho appreso la notizia dal TG locale, KCAL News, il quale nel realizzare il servizio ha intervistato anche alcuni cittadini angelini chiedendone il parere. Entrambi si sono detti scettici perché preferiscono la comodità dell’auto e dubitano sia maggiormente conveniente prendere il treno.

Ho iniziato a documentarmi per comprendere meglio questo tipo di risposte. Un treno ad alta velocità dovrebbe risolvere tre ordini di problemi: il tempo di percorrenza, il traffico e l’inquinamento.
Perché ostinarsi a voler andare in auto su un percorso che dalla costa, in orario normale e senza traffico, prevede una tragitto di 4 ore e 40 minuti?

In primis perché il treno ad alta velocità non partirà da Los Angeles bensì da una cittadina che dista a 1 ora e 30 di auto, Rancho Cucamonga. Questo perché al momento esiste già una linea ferroviaria che le collega e impiega 1 ora e 15 minuti. Quindi alle 2 ore e 20 promesse vanno aggiunte un’altra ora e 15 minuti arrivando così a più o meno 3 ore e 30 di viaggio complessivo.

Questa potrebbe essere già una prima risposta, anche perché da quanto capisco arrivare in auto o con qualsiasi altro mezzo alla stazione centrale di Los Angeles da qualsiasi punto della città è un’impresa nell’ora di punta.

La seconda risposta che mi sono dato è la passione per l’esperienza automobilistica che è insita nella cultura americana. All’americano piace stare seduto in auto, è un’estensione della sua casa se non del proprio corpo. In auto si fa tutto e di tutto e non mi ha stupito troppo questo tipo di commento su un’opera che dovrebbe essere una manna per un sistema di trasporto pubblico che chiamare deficitario è fargli un complimento.

Infine, leggendo un po’ di commenti alla notizia su Threads, in tanti hanno risposto che non vi sarà alcuna ragione per pagare un biglietto ferroviario sovraprezzato nel momento in cui posso andare a Las Vegas in 35 minuti con un aereo che costa non più di 80 dollari.

Il ragionamento non fa una piega, ma è profondamente chiuso in una mentalità che ragiona sulla comodità e non è lungimirante. E magari è fatto dalle stesse persone che in casa hanno una Tesla per non inquinare.

Non so se saremo ancora qui tra quattro anni per assistere al compimento dell’opera. Personalmente sono contento che qualcosa si muova in tal senso anche da questa parte del mondo dove la vastità delle distanze domina la narrazione di tante esperienze di business, culturali e sociali. Il fatto che si vogliano abbattere attraverso la tecnologia e un po’ di senso civico mi fanno ben sperare, anche se ci sarà tanto da lavorare su come si ragiona da queste parti.

PlayStation Portal: Una recensione tardiva

Come scrivevo lo scorso agosto quando a pochi mesi dal lancio si ebbero le prime informazioni su PlayStation Portal, questo device parla senza dubbio al tipo di utilizzo che faccio io della console.

Mi piace giocare dal letto una volta che Noemi si è addormentata e negli anni ho provato diverse soluzioni. In Italia avevo provato agganciando iPad Pro alla TV per poi sfruttare le funzionalità remote dell’app PlayStation (e anche Xbox), poi una volta acquistato Steam Deck ho installato il software necessario per giocare da remoto anche da lì, abbandonando però quasi subito l’idea perché la console risultava troppo pesante da tenere in mano.

Ho tenuto d’occhio PlayStation Portal per qualche mese, ero intenzionato ad acquistarla in Italia ma risultava essere sempre out-of-stock e ho abbandonato l’idea di averla. Una volta qui in California ho pensato di guardare se ve ne fossero disponibili e complice il cambio per me favorevole mi è arrivata finalmente settimana scorsa.

Sono piacevolmente sorpreso dal form factor. È leggera da tenera in mano e il fatto che sia costruita attorno al DualSense la rende eccezionalmente ergonomica non perdendo nulla delle sue funzionalità originarie, feedback aptico incluso.

Dubitavo della risoluzione dello schermo e del fatto che potesse risultare troppo piccolo per alcuni menu di gioco (Dragon's Dogma II o Banishers) e invece svolge egregiamente il suo dovere benché sia un LCD in Full HD e non OLED. È touch e questo fa si che possa sostituire la parte centrale del DualSense con il solo tocco dello schermo.

La batteria dura mediamente tra le 7 e le 9 ore di gioco che se ci penso sono 3/4 sere a settimana, per niente male per un oggetto così piccolo e leggero.

Ci sono due domande che mi allarmano già. La prima, cosa succede se uno dei controller iniziasse a soffrire di drifting o si rompesse del tutto? Non penso si possano sostituire a meno di acquistare un Portal nuovo. La seconda riguarda il deterioramento della batteria, idem anche qui non credo sia rimpiazzabile.

Ad oggi l’ho testata soltanto sul mio network casalingo, ho un impianto Orbi che sono riuscito a portarmi dall’Italia attaccato a 1Gbps in down e 50Mbps in up, il che mi ha consentito senza problemi di giocare online ad esempio su eFootball 2024. Mi resta ancora da testarlo fuori la rete domestica durante uno dei prossimi viaggi nella speranza di trovare una connessione decente e che quella casalinga regga in fase di upload.

Ho acquistato un unico accessorio che è questa custodia per riparlo una volta terminato. Per il resto non posso che consigliarvelo, ad oggi senza dubbio il miglior accessorio PlayStation mai avuto.

Sarebbe da 5 stelle se sono consentisse di giocare anche al catalogo dei giochi in streaming, ma immagino quali possano essere le ragioni. Qualcuno di voi l'ha acquistato/provato?

★★★★☆

Civil War

Ieri sera siamo andati al cinema per la prima volta da quando ci siamo trasferiti in California. Abbiamo scelto quello più vicino a casa, AMC Dine-in.
Inizialmente non capivo bene in fase di prenotazione di cosa si trattasse, ma effettivamente è un cinema in cui puoi ordinare in anticipo la cena e ti viene seduta in poltrona mentre stai assistendo al film.
E più che una poltrona è una chaise longue dove è irrimediabilmente complicato non addormentarsi. Ho resistito per fortuna. In primis abbiamo deciso di mangiare a casa prima della proiezione e in secondo luogo Civil War ci ha tenuto svegli per fortuna.

Il film di Garland prosegue su due binari differenti. Sul primo lo scenario della guerra civile negli Stati Uniti dove California e Texas diventano Stati secessionisti volti a rivoltare l’unità attuale del Paese. Sull’altro la storia di due foto giornaliste in cerca dello scatto perfetto per raccontare ciò che sta accadendo. I due binari si intersecano in un viaggio che le condurrà sino all’interno della Casa Bianca per raccogliere l’ultima testimonianza del presidente americano.

Sebbene ci troviamo in medias res senza sapere le reali motivazioni che hanno portato a questo tipo di conflitto, gli echi con la situazione politica attuale statunitense sono forti. Il regista non si schiera, non schiera nessuno dei personaggi del film, ma prova ad estremizzare le opinioni polarizzanti che già quotidianamente qui occupano le news dei telegiornali.

Personalmente mi sono concentrato maggiormente sul secondo aspetto, quello della notizia ad ogni costo, anche, se necessario, voltando le spalle alla morte adiacente pur di documentare la realtà. Probabilmente una volontà di fare giornalismo che sta andando scemando con il passare degli anni.

Merita una seconda visione per cogliere tutte le sfumature intrinseche di alcune battute. Consiglio la visione, magari fammi sapere cosa ne pensi via email.

★★★★☆